Un giorno un signore distinto e dal nome famoso va al festival dei buskers
a Ferrara. Sente suonare un didjeridoo e decide che deve imparare a suonare questo
strano tubo di eucalipto. Segue dei corsi (c' è anche una scuola a Torino). Da tempo
è anche interessato alle tecniche dei sopratoni vocali e al canto tibetano, anche
se nella vita fa tutto meno che il musicista.
Incontra un giovane compaesano che si è appena diplomato in tromba. Parlano,
si entusiasmano, decidono di andare in studio. Nasce così questo disco, con uno
strano titolo che riproduce il prefisso telefonico e la sigla automobilistica di
Reggio Emilia. Perché i due sono di Novellara e di Correggio, luoghi forieri di follia
creativa al centro della brumosa bassa reggiana. Area in cui sono nati personaggi
come Antonio Ligabue (Anche Luciano a dire il vero..), Cesare Zavattini,
Piervittorio Tondelli,
Henghel Gualdi.
Tutti talenti inquieti.
Al di là di queste curiosità 0522RE
è un disco fresco e interessante. Nei momenti migliori, più lenti e meditativi,
si respira un aria da disco ECM, che ben si adatta alle malinconie delle plaghe
contigue al grande e stanco fiume. Musicalmente il dialogo fra tromba e Didjeridoo
riporta alla mente le strane lande sonore disegnate da Colin Walcott,
Don Cherry e Nana Vasconcelos nella trilogia di Codona. L' approccio
lirico di Copellini alla tromba risente molto, fra l' altro, dell' influenza
di Marcus Stockhausen con cui Simone ha studiato. In questi passaggi si avverte
davvero "quella certa impenetrabilità del carattere emiliano, …quella bizzarria
o lunaticità malinconica e assorta" che permea, secondo Tondelli, l'anima
della gente di quelle terre
Altrove, quando il "digge" tace (Ninna nanna
sospesa) o è relegato in secondo piano da un elettronica un po' invadente
(Didjumpet) l'interesse cala e i risultati sono
più convenzionali, anche se piacevoli.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 08/07/2007
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