Inizialmente, la
richiesta fatta da Jazzitalia di scrivere qualcosa sulla mia attività nel
quartetto del sassofonista Steve Grossman mi ha lasciato un po'...
stranito: ho pensato che a scrivere "di" musica non dovrebbero essere i
musicisti, ai quali spetta invece di scrivere (e suonare) "la" musica...
D'altro canto, riflettevo, vi sono cose che il giornalista, il critico o
l'ascoltatore non possono recepire dell'intimo, appassionato, contraddittorio e
dinamico mondo della musica suonata, sudata, amata e sofferta, notte dopo notte,
chilometro dopo chilometro da chi, attraverso di essa, in fondo altro non fa che
esprimere la sua intima umanità.
E poi, ho pensato che mettendomi a raccontare qualcosa sull'avventura
musicale con Grossman avrei potuto almeno in parte contribuire un pochino a far
conoscere una persona che alla musica da sempre, costantemente, senza
risparmiarsi, il massimo di se stesso, cosa che (come con altri musicisti, del
resto) a volte non viene tenuta in debita considerazione (anche se l'ascoltatore
"puro", cioè quello che non sa granchè di "semiotica applicata al
linguaggio musicale" o di "sviluppi estetici della creazione estemporanea"
continua imperterrito ad apprezzare, spellandosi le mani, la generosa profusione
di swing che emana dalla campana del suo vecchio Selmer).
Non
credo però di dover ricordare a chi legge che il nome di Steve Grossman occupa
una parte importante nella storia concertistica e discografica del jazz: nei
primi anni '70, quando suonava con Miles e poi con Elvin (assieme
a Liebman), e quando fondò con Gene Perla il trio "Stone
Alliance" - Steve aveva davvero inventato un linguaggio sassofonistico (sia
sul tenore che sul soprano) originale, di grande impatto stilistico ed emotivo,
che se formalmente prendeva le mosse da alcuni grandi modelli di un passato
neanche così lontano ('Trane era morto nel '67 - pero' Steve ha raccontato di
aver più volte sentito il quartetto con McCoy, Jimmy Garrison ed
Elvin........ m'immagino lo shock: aveva 13 - 14 anni!), ne era una
proiezione in avanti, armonicamente e ritmicamente sofisticata e moderna, e allo
stesso tempo radicata nella tradizione; e piena di forza, di una forza quasi
belluina, una forza che ancora oggi abbiamo la fortuna di poter cogliere nel suo
suono, aggressivo e al tempo stesso romantico, e però mai sdolcinato.
Steve gode di grande considerazione da parte dei mille musicisti che ha
conosciuto, anche di quelli con cui non ha avuto contatti professionali. Lessi
una volta che sia Bob Berg che Michael Brecker, intervistati su
chi fosse, secondo loro, il sassofonista che più contava fra quelli della loro
generazione (oggi sono tutti più o meno cinquantenni) rispondevano senza esitare
"Steve Grossman!".
Dagli anni '80, Steve ha girato mezzo mondo, dal Sudamerica - dove ha
vissuto per parecchio tempo - al Giappone, soggiornando molto spesso in Europa
per poi tornare puntualmente alla sua città natale, dove risiedono gli anziani
genitori e i suoi due fratelli: New York - la culla delle arti del '900, la
fonte straordinaria di un'energia creativa unica (consiglio a tutti i musicisti
di soggiornarvi un po0 - io l'ho fatto nel '97 e nel '98, ed è un viaggio
musicale - ma non solo - emozionante, per me difficilmente descrivibile).
Così, girando di tournèe in tournèe per i vari paesi, ha suonato ed
inciso con musicisti di riconosciuta statura artistica (ad esempio: McCoy
Tyner, Chet Baker, Sal Nistico, Tom Harrell, Elvin
Jones, Art Taylor, Barry Harris, Cedar Walton,
recentemente con Michel Petrucciani e con Johnny Griffin), ma
anche con tantissimi altri bravi accompagnatori meno noti, e non di rado con
ritmiche "locali", fatte da giovani musicisti ansiosi di fornirgli il loro
appoggio in cambio di un'esperienza che senz'altro ha dato loro l'opportunità di
crescere, musicalmente ed umanamente. E la cosa bella di Steve è che anche lui
non smette mai di imparare: ti ascolta, ti segue, e impara; Steve vuole suonare
con te e per te, e quando si è sul palco il dialogo comincia, a volte anche in
maniera inaspettata: può capitare di essere improvvisamente sorpresi dalla
rapidità, quasi felina, che Steve ha nel reagire a ciò che sente e
nell'interagire con te. Capisce quando sei teso, quando sei felice, quando sei
rilassato oppure insicuro... e allo stesso modo, ti fa capire senza mezzi
termini i suoi stati d'animo.... già perchè se fai qualcosa di buono Steve te lo
dice sempre, ti dà entusiasmo; e se invece fai una cazzata? Si fa vivo
ugualmente, e - oggi molto bonariamente, ma sempre con carattere - ti annuncia
che ha capito l'errore, un po' ti sfotte e un po' ti stimola a far meglio... in
definitiva, è una persona molto sensibile, cosa questa che rende il suonare con
lui un evento ogni volta particolare e diverso; un evento che spesso trascende
la musica in senso stretto, e si trasforma in un fatto etico.
Da
musicista serio quale è, egli ha un rispetto ed una conoscenza profondi della
tradizione musicale; dal Duca a Count Basie, da Tatum a
Bird, Powell e Monk, da Sonny a Mc Lean e a
Ornette, da Elmo Hope all'ultimo Coltrane, da Joe Henderson
a Woody Shaw..... tutti i grandi musicisti del jazz, quelli che hanno
fatto la storia ufficiale ma anche quelli che non hanno potuto o voluto farla,
sono nella mente e del cuore di Steve: ecco perchè quando suona una ballad, o un
blues, o una qualsiasi altra cosa, chi ascolta sente nel suo suono la presenza
non di vari stili, ma di un unico mondo che tutti li comprende: quello del jazz,
appunto. Ecco, Steve è jazz! Non importa se suoni un blues lento, un veloce
brano modale su tempo latino, un intricato giro armonico del be-bop, una canzone
degli anni Venti. Lui il jazz non lo conosce, lo è.
Ogni tanto scrive musica sua, brani spesso semplici, e belli; suona il
pianoforte, e dicono che sia anche un bravo "drummer" - io non l'ho mai
sentito, ma ci credo: ha un "time" eccellente, e un rapporto sempre
intenso con il batterista (ogni tanto, nel mezzo di un solo, si gira e guarda
Max (ndr. Massimo Chiarella) negli occhi, incrociando le spade con lui per
un energico duello di idee; così io e Stefano (ndr Stefano Senni) - il
contrabbassista del quartetto - capiamo: è il momento di lasciarli soli, hanno
le loro cose da raccontarsi, noi ascoltiamo in silenzio, e quando la discussione
è finita BUM! si riparte...
Da
circa quattro anni Stefano, Massimo ed io abbiamo il privilegio di suonare nel
quartetto "italiano" di Steve (ma andiamo anche all'estero, quando è possibile),
e il rapporto musicale/umano si va consolidando gradualmente; il repertorio si
va affinando, l'intesa cresce; abbiamo appena pubblicato un disco (il mio primo)
con parecchi brani originali e dove suona anche il fantastico trombonista
italo-americano John Mosca, un vecchio compagno di studi di Steve. Per me
è stato bello sentire quest'ultimo suonare a prima vista alcune parti a fianco a
John Mosca, che a differenza di Steve suona in sezione d'orchestra praticamente
tutti i giorni. Recentemente ho ringraziato Steve per averlo fatto, e lui mi ha
risposto laconico "beh, sono un musicista, che altro dovevo fare?".
Verissimo. Però, ascoltando il disco a mente fredda nei giorni scorsi (è uscito
da poco anche se fu registrato nel '99), capisco che lo stesso pathos di
sempre era lì, anche quando per la prima volta leggeva lo spartito di un brano
mai sentito prima. Questo, per me, vuol dire fare musica con il cuore, non solo
con la testa. Di questo, e non della sua professionalità, lo ringrazio.
Chi fa jazz sa che non è facile tenere unito un gruppo, perchè spesso i
musicisti lavorano con diverse formazioni, il che di per se è bello perchè
permette di fare nuovi e stimolanti incontri. Quindi, l'affiatamento è una
conquista lenta ma gratificante: con pochi concerti al mese, magari separati da
giorni e giorni, non è semplice; quando ci capita di avere ingaggi continuativi,
come al Chet Baker di Bologna che ci fa suonare per tre giorni
consecutivi ogni sei settimane, i risultati si sentono.
Sono sicuro che ai molti musicisti che lo hanno incontrato Steve ha
sempre regalato qualcosa di importante: un consiglio, un a-solo, un suono, un
po' di fiducia, una provocazione fatta a bella posta..... tutte cose che formano
sia il carattere personale che la musicalità di chi con lui ha avuto, o avrà, la
bella ventura di poter suonare.
Danilo Memoli
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COMMENTI | Inserito il 5/6/2008 alle 0.54.32 da "kapuzzella" Commento: Praticamente straordinario ho avuto il piacere e l"onore di conoscere Steve personalmente e la sua comunicabilità è praticamente unica ogni sua esibizione è qualcosa di irripetibile | |
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Data pubblicazione: 16/04/2002
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