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Miles Dewey Davis III (26 maggio 1926 - 28 settembre 1991). Compositore jazz statunitense, trombettista e polistrumentista è considerato uno dei più influenti, innovativi ed originali musicisti del XX secolo. Sono pochi i critici che esitano a riconoscere che Davis sia stato un innovatore e genio musicale, dotato di uno stile inconfondibile ed una incomparabile gamma musicale. In termini di importanza nella storia del jazz e della musica popolare del XX secolo in generale, Davis fu, per quasi trent'anni, una figura chiave: dopo aver preso parte alla rivoluzione bebop, egli fu il fondatore di numerosi stili jazz, fra cui il cool jazz, il modal jazz, la jazz-rock fusion e l'acid jazz. Le sue registrazioni, assieme agli spettacoli dal vivo dei numerosi gruppi di cui fu leader, furono fondamentali per lo sviluppo artistico del jazz. Miles Davis è un personaggio divenuto famoso in quanto innovatore spesso criticato, ma anche per il suo sound incofondibilmente languido e melodico, Davis fu,inoltre, un caso abbastanza raro (nel campo del jazz) di un artista in grado di realizzare, anche commercialmente, il proprio potenziale artistico e, forse, l'ultimo jazzista ad avere anche un profilo da star dell'industria musicale. Una conferma della sua poliedrica personalità artistica, fu la sua (tardiva) ammissione, nel marzo 2006, alla Rock and Roll Hall of Fame, un ulteriore riconoscimento di un talento che influenzò tutti i generi di musica popolare della seconda metà del XX secolo.
«Vedete, io ho vissuto per molto tempo nell'oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio… Credo che sia stato con Miles Davis, nel 1955, che ho cominciato a rendermi conto che avrei potuto fare qualcosa di più.» (Da John Coltrane: C'est chez Miles Davis, en 1955, que j'ai commencè à prendre conscience de ce que je pouvais faire d'autre, di Francois Postif, gennaio 1962. Riportato in Jazz – La vicenda e i protagonisti della musica afro-americana, di Arrigo Polillo, Mondatori, 1975))
L'opera di capo orchestra di Davis conta almeno quanto la musica che produsse in prima persona. I musicisti che lavorarono nelle sue formazioni, quando non toccarono l'apice della carriera al fianco di Miles, quasi invariabilmente raggiunsero sotto la sua guida la piena maturità e trovarono l'ispirazione per slanciarsi verso traguardi di valore assoluto.
Di personalità laconica e difficile, spesso scontrosa, Davis era a volte chiamato il principe delle tenebre, immagine che era accentuata anche dalla voce roca e raschiante (Davis se l'era procurata strillando contro un procuratore discografico pochi giorni dopo aver subito un'operazione alla laringe). Chi lo conobbe da vicino gli fa credito di una personalità timida e gentile.
Come strumentista Davis non fu mai un virtuoso - ed è per questo a volte paragonato a Louis Armstrong (New Orleans, 4 ago 1901 – 6 lug 1971) - ma è tuttavia considerato da molti il più grande trombettista jazz, non solo per la sua forza innovatrice nella composizione, ma anche per il sound che riusciva a infondere alla sua tromba, dove in dischi come Kind Of Blue trova forse la sua massima espressione. Al di là dei giudizi individuali,Miles Davis fu indiscutibilmente una delle figure chiave nella storia della tromba jazz, al pari di Buddy Bolden (6 settembre 1877 – 4 novembre 1931), Joe King Oliver (New Orleans, 11 maggio 1885, 10 aprile 1938), Bix Beiderbecke (Davenport, Iowa, 10 ottobre 1903 - 6 agosto 1931), Louis Armstrong (New Orleans, 4 ago 1901 – 6 lug 1971), Roy Eldridge, Dizzy Gillespie, Clifford Brown, Don Cherry e altri ancora.
Miles Davis fu un vero laboratorio vivente che consentì lo sviluppo di generazioni di musicisti e di nuove tendenze musicali e di costume. Lasciandosi a volte guidare dal pubblico, e a volte precedendolo, egli non esitò mai a reinventare il suono e la musica per cui era conosciuto, nemmeno dopo il successo del rock, quando passò ad una sonorità totalmente elettrica, sfidando l'opposizione e talvolta l'ostilità della critica. Il grande carisma dell'uomo, oltre che da una enorme produzione artistica di indiscusso valore, scaturì anche da una attenta costruzione dell'immagine,opportunamente e sapientemente aggiornata nel corso degli anni, sino ad arrivare all'ultimo periodo in cui il vestiario pieno di colore (in gran parte firmato Versace) conferiva una certa sacralita' e ritualita' alle peculiari esibizioni dell'unico musicista del XX secolo che seppe essere allo stesso tempo artista rivoluzionario e profondo e icona della pop culture e dell'industria dello spettacolo e dei megaconcerti.
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Data pubblicazione: 01/06/2002
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