Nel
1947 il Bebop era una
realtà che non
poteva più passare inosservata a
chiunque si occupasse di jazz e anche i musicisti della vecchia guardia erano
ormai coscienti del fatto che con la «nuova musica» bisognava comunque fare i conti. Si cominciò ad
analizzare il nuovo linguaggio per capire cosa realmente lo differenziasse
rispetto al jazz conosciuto fino a quel momento. Molti parlarono di rivoluzione,
altri di "aberrazione", mentre i
jazzisti della vecchia scuola continuarono ad essere molto severi. Louis
Armstrong disse: «Tutto quello che vogliono fare è dell'esibizionismo, e ogni
vecchio trucco è buono purché sia differente da quello che voi avete suonato
fino adesso. Così tirano fuori tutti quegli accordi strampalati che non
significano niente, e in principio la gente prova della curiosità soltanto
perché si tratta di una novità, ma poi si stanca perché non è veramente buona;
non c'è nessuna melodia che si possa ricordare e nessun ritmo regolare su cui si
possa ballare. E così tornano ad essere di nuovo poveri e non c'è lavoro per
nessuno, e questo è quanto vi ha combinato la malizia moderna» [1].
La verità era molto diversa in quanto il Bebop non solo aveva contribuito a far
progredire il jazz dal punto di vista melodico, armonico e ritmico, ma,
soprattutto, aveva portato la musica afro-americana verso una purezza che si era
andata perdendo nell'era dello Swing quando le orchestre più popolari d'America
(costituite per lo più da bianchi) suonavano musica industrializzata e
stereotipata, essenzialmente da ballo.
Già nel 1947
erano chiare le
caratteristiche fondamentali della «nuova musica». I temi dei brani composti dai boppers erano «melodie bizzarre, difficilmente orecchiabili, costruite con frasi
"staccate", zigzaganti, estremamente dinamiche, caratterizzare da intervalli
fino allora inconsueti; frasi che si reggono, collegandosi fra loro, in un
equilibrio instabile, che sulle prime sconcerta. Molto spesso i nuovi temi erano
tanto diversi da quelli sulle cui armonie erano fondati da meritare un nuovo
titolo ed essere esclusivamente attribuiti agli autori della elaborazione, e
cioè i solisti» [2].
Anche i giri armonici più tradizionali nel jazz vennero rinnovati e arricchiti
attraverso l'alterazione di accordi, le sostituzioni e l'uso dei cromatismi, che
portarono, soprattutto con Parker, ai confini della politonalità.
Dal punto di
vista ritmico «una metrica più libera, peraltro inquadrata nei sacramentali 4/4,
una più varia e capricciosa scansione, che dà respiro alle pause e rende
espressivi i silenzi, sono le caratteristiche salienti delle frasi bop, che per
il variare continuo dell'accentazione, prima di allora uniforme, assumono un
andamento disarticolato e dinamico. Il sottofondo ritmico si anima di mille
disegni diversi e fa lievitare gli assoli, che sostiene, sottolinea e commenta
in tanti modi; a ben vedere, anzi, non è nemmeno più il caso di parlare di
sottofondo perché nel Bop la sezione ritmica cessa di avere il ruolo subordinato
che le era stato assegnato in passato, per intervenire con autorità e fantasia
nella creazione del discorso musicale» [3].
Lennie Tristano (Leonard Joseph Tristano: Chicago, 19 mar
1919 - New York, 18 nov 1978), uno dei più rilevanti musicisti bianchi che si siano dedicati
alla «nuova musica» sintetizza: «Lo swing era caldo, pesante, rumoroso. Il Bebop
è fresco, leggero e soffice. Il primo procedeva sferragliando e sbuffando come
una vecchia locomotiva... il secondo ha un beat più sottile, che diventa più
pronunziato per mezzo dell'implicazione. A un così basso livello di volume si
possono introdurre accenti interessanti e complessi... [...] A differenza di una
sezione ritmica che scandisce pesantemente ogni accordo, quattro colpi per
misura, così tre o quattro solisti possono suonare lo stesso accordo... la
sezione ritmica bebop usa un sistema di punteggiatura ad accordi. In questo
modo, il solista è in grado di udire l'accordo senza sentirselo cacciare in
gola. Può pensare, mentre suona...»
[4].
«Gli unisoni fra due (o anche più)
strumenti a fiato, per esporre il tema all'inizio e alla fine dell'esecuzione, i
tempi velocissimi staccati spesso dai boppers, col conseguente virtuosismo di
tutti gli strumentisti (certe volate di semicrome dei trombettisti bop, su tempi
veloci, lasciarono senza fiato gli intenditori, le prime volte che le
sentirono), i bruschi arresti, gli improvvisi "a capo", i salti di un'ottava, il
frequente ricorso al canto scat [5],
divenuto caricaturale, grottesco, la predilezione infine per le armonie
dissonanti e per l'intervallo di quinta diminuita, il quale finì per assumere,
nel bop, l'importanza e il valore caratterizzante che hanno le blue notes nella
melodia del blues, erano altri tratti distintivi del nuovo jazz, ai quali i suoi
praticanti restarono, per qualche tempo, assolutamente fedeli»
[6].
Il
1947
ci restituisce un Charlie Parker in buona salute. Dopo i sei mesi
trascorsi al Camarillo, Bird si sentiva pronto a riprendere la sua attività
musicale. Nel mese di febbraio ricominciò ufficialmente a suonare nel gruppo di
Howard McGhee (Tulsa, OK, 6 mar 1918 - New York, 17
lug 1987)
al
Club Hi De Ho
nella Western Avenue di Los Angeles, dimostrando
di non aver perso lo smalto dei suoi giorni migliori e, dopo aver appreso che a
New York i locali della Cinquantaduesima Strada erano di nuovo aperti e molto
frequentati, decise di tornare, alla fine dell'inverno, sulle coste
dell'Atlantico dove, Dizzy Gillespie era diventato il protagonista assoluto
della «nuova musica». Ross Russell
(Los Angeles, 1920 - 31 gen 2000), comunque, riuscì a strappare a Charlie la
promessa di realizzare un'ultima registrazione per la Dial in terra californiana
e Bird, una volta tanto, fu di parola.
La seduta d'incisione conclusiva per la
Dial fu sdoppiata, grazie ad uno strano concorso di circostanze, in due
giornate. Ross Russell aveva riunito i migliori jazzisti disponibili nella
California del sud in quel periodo: Howard McGhee, tromba; Wardell Gray
(Oklahoma City, 13 feb
1921 - Las Vegas, 25 mag 1955),
l'entusiasmante nuovo sax tenore della Billy Eckstine Orchestra; Dodo Marmarosa,
piano;
Barney Kessel
(Muskogee, OK, 17 ott 1923), chitarra; Red Callender
(George Sylvester Callender: Haynesville, VA, 8 mar 1916
- Saugus, CA, 8 mar 1992), basso e Don Lamond
(18 ago 1920), batteria. Ma
Bird, all'ultimo momento, disse che avrebbe voluto inserire nel gruppo un
cantante conosciuto in un Club della Central Avenue, un certo Earl Coleman
(Port Huron, MI, 12 ago 1925 - New York, 14 lug 1995). La
Dial non era nata con l'intento di produrre successi commerciali da juke-box, e
Ross Russell, che non voleva intromissioni nel complesso che aveva organizzato
per la seduta d'incisione, propose a Parker di registrare con Coleman in un
giorno diverso e con un organico strumentale ridotto. Così il
17 febbraio
Earl
Coleman, Parker, Erroll Garner
(Erroll Louis Garner: Pittsburgh, PA, 15 giu 1921 - Los
Angeles, CA, 7 gen 1977) e la ritmica del suo trio si trovarono negli studi
C.P. MacGregor.
Nelle prime due ore Coleman si sforzò al massimo delle sue
possibilità per riuscire a portare a termine a buon livello solo due brani:
Dark Shadows
() e
This Is Always
(). Dopo l'ultima esecuzione
di Dark Shadows Coleman non era più
in grado di cantare nulla e, nella successiva mezz'ora, senza alcun tipo di
preparazione, Bird inventò due pezzi:
Bird's Nest
(), basato su I Got Rhythm e
Cool Blues
(), riuscendo a effettuare sette
esecuzioni. «Furono due dei suoi dischi migliori in assoluto. La collaborazione
tra Charlie e Erroll riuscì a creare questa pagina unica nella discografia di
Charlie: un tipo di musica dolce, distesa e cantabile. Quando Cool Blues fu lanciato un anno dopo in
Francia, vinse il Grand Prix du Disque. In America fu un successo di stima, ma
vendette piuttosto bene» [7].
La seduta d'addio, quella con il gruppo
ideato da Ross Russell, si svolse una settimana più tardi, sempre negli studi
C.P. MacGregor. Le premesse furono tutt'altro che buone: Charlie, già dalle
prove del giorno precedente, pareva d'umore pessimo e il giorno della
registrazione si presentò con un'ora di ritardo. Dopo varie discussioni tra
Parker e Howard McGhee, la seduta ebbe inizio con circa due ore di ritardo. Il
primo brano eseguito fu
Relaxin' at
Camarillo (), uno splendido blues che Bird aveva composto per l'occasione,
suonato subito perfettamente da Charlie, ma non dai suoi colleghi che ebbero
bisogno di cinque esecuzioni. Si proseguì con tre pezzi di McGhee:
Cheers
(),
Stupendous
(),
Carvin' the Bird ().
Produssero dei
buonissimi assoli dello stesso Howard, di Dodo Marmarosa, di Barney Kessel
e di
Wardell Gray, e si concluse con altre quattro facciate di Parker il quale,
appena terminato di suonare l'ultimo brano disse: «Questo è tutto. Quando
appoggerò di nuovo la testa su un cuscino sarò a New York»
[8].
Qualche giorno dopo Bird partiva in
aereo alla volta di New York e Ross Russell si rese subito conto che, per
effettuare altre incisioni con Charlie protagonista, era necessario spostare gli
uffici della Dial dall'altra parte degli Stati Uniti.
Parker trovò a New York una situazione notevolmente diversa rispetto a
quella che aveva lasciato sedici mesi prima. Il Bebop era una musica più
apprezzata ed era stato adottato dalla generazione dei ghetti urbani sotto i
trent'anni. In quasi tutte le grandi città dell'est erano stati aperti locali
sul modello di quelli della Cinquantaduesima Strada, ma molto più grandi e
comodi: l'Argyle Lounge
di Chicago,
El Sino
di Detroit, altri a Boston, Philadelphia, Washington, Cleveland, St. Louis, Kansas City e Milwaukee. Anche
dal punto di vista economico per i musicisti c'era stato un miglioramento
notevole e diversi strumentisti che per anni avevano vissuto tra mille stenti
(tra questi Lester Young), si ritrovarono a guadagnare somme di un certo
rilievo. Tra i jazzisti della
«nuova musica» il più in vista era Dizzy Gillespie il quale, nel periodo di
assenza di Charlie, aveva visto aumentare a dismisura la sua popolarità.
Il ritorno di Parker a New York,
comunque, interessò subito i proprietari dei locali e immediatamente gli fu
proposto un contratto della durata di quattro settimane (per ottocento dollari a
settimana), con opzione di rinnovo, per un complesso di cinque elementi al
Three
Deuces. Bird scelse subito i suoi uomini: Miles Davis
alla tromba, Max Roach alla batteria (ormai considerato il miglior percussionista in circolazione,
secondo molti superiore anche a Kenny Clarke), Duke Jordan
(Irving Sidney Jordan: New York, 1 apr 1922) al piano e Tommy
Potter
(Charles Thomas Potter: Philadelphia, PA, 21 set 1918) al contrabbasso. Il quintetto debuttò nel mese di aprile, alternandosi
con il pianista Lennie Tristano. Ricorderà Miles: «Ero veramente felice di
suonare ancora con Bird perché suonare con lui mi faceva uscire il meglio che
avessi dentro in qualsiasi momento. Suonava in stili talmente differenti e non
si ripeteva mai su un'idea musicale. La sua creatività e le sue idee erano senza
fine. Faceva dannare la sezione ritmica ogni notte. Mettiamo che si suonasse un
blues. Bird partiva sull'undicesima battuta. Appena la sezione ritmica si
trovava lì dove stava, ecco Bird che si metteva a suonare in un modo che faceva
sentire la ritmica come se battesse sull'1 e il 3 anziché sul 2 e il 4. Nessuno
sarebbe riuscito a stargli dietro in quei giorni, tranne forse Dizzy. Ogni volta
che partiva così, Max urlava a Duke di non cercare di seguire Bird. Voleva che
Duke rimanesse dov'era, perché non sarebbe stato capace di ritornare dove doveva
essere con Bird e avrebbe mandato a monte tutta la sezione ritmica. Duke lo
faceva molte volte, quando non ascoltava Max.
Vedete, quando Bird decollava per
uno di questi suoi incredibili assolo, tutto quello che la sezione ritmica
doveva fare era rimanere dov'era e andare via liscio. A un certo punto Bird
ritornava dov'era rimasta la ritmica, perfettamente a tempo. Era come se lui
avesse studiato tutto nella mente. L'unico guaio è che lui non poteva spiegarlo
a nessuno. Dovevi soltanto lasciarti correre fuori la musica, perché poteva
succedere qualsiasi cosa quando stavi suonando con Bird. Così imparai a suonare
quello che sapevo e ad andare un po' oltre quello che sapevo. Dovevi essere
pronto a tutto.»
[9].
Il Charlie Parker Quintet ottenne subito un successo strepitoso e il Three
Deuces divenne ancora una volta il punto d'incontro dei fanatici del Bebop.
Qualche volta si univa ai cinque Fats Navarro che, secondo molti, avrebbe dovuto
sostituire Miles nel complesso, ma quest'ultimo era preferito da Charlie per il
colore del suono, per la capacità di amalgamarsi a tutto il gruppo e,
probabilmente, perché non rivaleggiava in maniera così esplosiva con il sax,
come avrebbero fatto le trombe di Dizzy o di Fat Girl (ndr. Fats Navarro).
Il quintetto di Charlie Parker effettuò
la sua prima incisione per la Savoy, registrando quattro facciate:
Donna Lee
()
[10],
Chasing the Bird (),
Cheryl
e
Buzzy
(). In questi brani si può apprezzare
la grande qualità del complesso, caratterizzato da una sezione ritmica (con Bud
Powell, nell'occasione, al posto di Duke Jordan) morbida e lieve anche nei tempi
veloci, da un Miles migliorato rispetto alla seduta di
Ornithology
e dal solito, straordinario
Bird. Poco dopo la prima incisione il complesso (con John Lewis e Nelson Boyd
al
posto, rispettivamente, di Duke Jordan e Tommy Potter) ne realizzò una seconda nella quale
vennero registrati
Milestone,
Little Willie Leaps
(),
Half Nelson
() e
Sippin' at Bells
(). Il disco che ne derivò
fu il primo con Miles Davis nelle vesti di leader e si chiamò
Miles Davis All Stars.
Queste due sedute per la Savoy mostrano una compattezza che non si può
riscontrare in quelle effettuate sulla West Coast dove non si era mai trovato un
batterista veramente all'altezza e ci presentano un Parker che, suonando con
ance meno dure rispetto a quelle usate fino a quel momento, riesce ad ottenere
un suono più lirico.
Il quintetto proseguì nel suo lavoro al Three Deuces (l'ingaggio fu
prolungato all'infinito) con grande successo, ma questo non impedì a Parker di
esibirsi, di tanto in tanto, in altri contesti. E' da ricordare il concerto che
si tenne alla Carnegie Hall la notte del 29 settembre
durante il quale i
sentimenti contrastanti che univano Charlie e Dizzy vennero clamorosamente allo
scoperto. L'attrazione principale della serata era la grande orchestra di
Gillespie che continuava a mietere successi ovunque, ma gli organizzatori
invitarono anche Bird per una breve apparizione con la sezione ritmica
dell'orchestra e Diz. Racconta Ross Russell: «Il duo Parker-Gillespie esplose
subito in un duello tromba-sax su un terreno comune: dei classici assoli come
A Night in Tunisia
() e
A Dizzy Atmosphere
(). Immediatamente
sprizzarono scintille. Nell'assieme di "Tunisia" Charlie suonò uno splendido
contrappunto al tema, che avrebbe certamente messo in difficoltà un musicista di
livello inferiore di Gillespie. A velocità impressionante. Charlie si tuffò in
un elettrizzante assolo, mentre Dizzy, non più tanto allegro, si era ritirato
per raccogliere le forze. Dizzy tornò in scena con un assolo della stessa
qualità, luminoso, cesellato, articolato in modo eccellente. Il duello ebbe però
i suoi momenti più caldi con A Dizzy
Athmosphere, presa a un tempo incredibile che lasciò il batterista
Joe
Harris e il pianista John Lewis disperatamente annaspanti. Parker era
l'aggressore, Dizzy quello che parava i colpi. I fanatici urlavano di gioia
perché lo spirito del Minton's si era trasferito alla Carnegie Hall. Il pubblico
normale era sconcertato. A dispetto dell'ostilità serpeggiante, gli assoli di
Parker avevano la continuità e completezza di forma che distinguevano la sua
produzione migliore. Fu una delle sue notti da funambolo, una stupefacente
esplosione di energia musicale. Il concerto fu registrato da uno studio situato
sopra l'auditorium. Dagli acetati furono tratti controtipi "pirati", poi
riversati in una serie di dischi a 78 giri per una etichetta dal nome fantasioso
di Black Deuce. Intitolati A Night at
Carnegie Hall - Bird and Diz in
Concert, i 78 giri della Black Deuce furono venduti sotto banco nei grandi
negozi di dischi. La Black Deuce non aveva indirizzo, né uffici, né una
direzione tangibile. I dischi venivano ceduti ai negozi solo dietro pagamento in
contanti. Alla fine le vendite furono bloccate quando parecchi dei maggiori
negozi di dischi di jazz ricevettero una diffida. Le matrici originali vennero
quindi comperate e "riciclate" legalmente dalla Savoy»
[11].
Ross Russell, intanto, resosi conto che il suo artista in esclusiva
accettava tranquillamente offerte di altre case discografiche, affidò la
questione ad un avvocato. Si scoprì che Charlie aveva firmato un altro contratto
con la Savoy (datato 19 novembre 1945) nel quale concedeva un'opzione per otto
brani da registrare in un termine di tempo non chiarito. La Savoy, a sua volta,
affermò di non sapere niente a proposito del contratto Parker -Dial e l'agenzia
Moe Gale non approvò il fatto che Bird incidesse per entrambe le etichette.
Billy Shaw disse a Charlie che né la Savoy, né la Dial erano in grado di
distribuire i dischi in maniera adeguata al livello del musicista che avevano
sotto contratto e gli promise un accordo con una casa importante. Ma un nuovo
scontro tra la Federazione Americana dei Musicisti e le maggiori case
discografiche suggerì a Shaw di cambiare strategia, nel timore di un blocco che
si protraesse per anni, come era già successo dal 1942. Bird doveva
assolutamente far uscire nuovi dischi per salvaguardare la sua figura nei
riguardi del pubblico e Billy Shaw contattò Ross Russell per ottenere un
contratto con la Dial. L'accordo si realizzò velocemente e Parker si trovò a
dover registrare più facciate possibile prima del 30 dicembre, data di scadenza
dell'accordo con il sindacato. In questo contesto Charlie effettuò le ultime tre
sedute d'incisione per la Dial che, a parere di Ross Russell, furono le migliori
esibizioni di Parker.
La prima si svolse il
25 ottobre
negli
studi WOR, tra la Quarantottesima e la Broadway. Lavorare con il quintetto del
Three Deuces significò evitare molti problemi, in quanto il materiale da
registrare era quello con cui i musicisti si cimentavano giornalmente. Non si
presentarono quindi difficoltà di rilievo anche negli assiemi più difficili. Il
complesso aprì con
Dexterity () per proseguire con
Bongo
Bop () che traeva spunto dai ritmi
afro-cubani e che precedette di diversi anni la moda della bossa-nova.
The Hymn () fu il brano più faticoso della
giornata (metronomo = 310) sulla scia del famoso
Koko, e la seduta si chiuse con due
motivi di grande eleganza:
All the Things
You Are e
Embraceable You ().
La seconda seduta fu fissata per il
4
novembre e vennero incisi
Bird
Feathers
(),
Scrapple From the
Apple
(),
Klactoveesedstene
(),
My Old Flame
(),
Out of Nowhere
() e
Don't Blame Me
(). Il titolo Klactoveesedstene era stato inventato da
Charlie, ma Ross Russell non riusciva a decifrarne significato e origine. Fu
Dean Benedetti a spiegargli che «Klactoveesedstene? Ma, amico mio, non è altro
che un suono!» [12].
In realtà Bird quasi mai dava un
titolo alle sue composizioni e spesso erano i musicisti che suonavano con lui ad
occuparsi di questa "formalità". In questo caso, però, fu proprio Parker ad
attribuire questo strano titolo al pezzo con riferimento al particolare suono
che si produceva pronunciandolo.
Dopo la seduta di Klactoveesedstene il quintetto partì
alla volta di Detroit per due settimane di ingaggio all'El Sino, ma Charlie era
di nuovo in condizioni fisiche precarie e, appena il proprietario del locale lo
vide, il complesso fu tagliato. Scrive Miles in proposito: «Quando Bird lasciò
New York era già in brutti guai. Aveva problemi a trovare eroina. Allora beveva
moltissimo, esattamente come fece quella notte [13],
e non riusciva a suonare. Dopo che ebbe questa discussione con il manager della
sala, e dopo essersene andato, rientrò all'hotel e diede fuori di matto così
tanto da sbattere il sax giù dalla finestra distruggendolo sulla strada. Billy
Shaw gliene comprò un altro, un nuovissimo Selmer»
[14].
Tornato a New York, Parker effettuò
l'ultima incisione per la Dial. Era il
17 dicembre
e per l'occasione fu
scritturato anche il trombonista J.J. Johnson, strumentista dalle eccezionali
capacità tecniche e musicali che ha inventò un nuovo modo di suonare il suo
strumento. Fu una buona seduta. anche se Bird non era in condizioni perfette. Furono
registrati
Drifting on a Reed (),
Charlie's Wig
(),
Bird Feathers (),
Crazeology
(),
Quasimodo
() e
How Deep Is the Ocean ().
Per le ultime tre incisioni
con la Dial Charlie aveva ricevuto in totale duemilasettecento dollari, più i
diritti d'autore: non aveva mai guadagnato come in quel periodo, considerando
anche l'ottimo ingaggio al Three Deuces.
Il quintetto, prima della fine
dell'anno, registrò altri quattro
pezzi negli studi United Sound e Bird Incise due dischi per Norman Granz
con i
venticinque elementi della Neal Hefti Orchestra:
The Bird
() e
Repetition (). Subito dopo Charlie partì
per una nuova tournée con il Jazz at the Philharmonic.
Secondo molti critici le migliori performance discografiche
di Parker si conclusero con il
1947. E' difficile affermare con sicurezza una
cosa del genere. Certo è che nel 1947 il Bebop, come detto all'inizio del
capitolo, era ormai una realtà di cui tutti i jazzisti, a favore o contro,
avevano dovuto prendere atto, una realtà ormai chiara nelle sue caratteristiche,
e nel percorso che ha portato la «nuova musica» a muovere i primi passi
all'inizio degli anni Quaranta fino alla completa definizione del linguaggio, Bird è stato il protagonista assoluto, il musicista che in ogni momento
importante dell'evoluzione del Bop ha dato tutto se stesso, sia dal punto di
vista musicale che dal punto di vista umano, visto che, come già sottolineato, è
impensabile pensare a un Parker che producesse la sua musica senza essere la
persona che è stata, con tutte le sue particolarità.
Si può quindi dire che Bird, probabilmente, esaurisce con il 1947 la sua straordinaria vena creativa,
portando a termine quel "progetto" che dalle prime apparizioni era chiaro:
rinnovare il jazz, ma Charlie, in un contesto nel quale il linguaggio bop era
ormai codificato, continuerà a proporci esecuzioni di altissimo livello anche
negli anni successivi.
Seguire tutte le evoluzioni degli ormai numerosissimi musicisti di Bop
nel 1947 è praticamente impossibile. Bisogna tener conto che la maggioranza dei
personaggi nominati in questa tesi hanno gradualmente intensificato la loro
attività specifica e se in principio una jam-session con Charlie Parker o con
Dizzy Gillespie poteva essere uno spunto per impadronirsi del nuovo linguaggio,
ormai il Bebop era diventata «la
musica» di una folta schiera di musicisti, come se non ci fosse altro
modo in cui poter suonare. Ci limiteremo a parlare dei rappresentanti "storici"
della «nuova musica».
Dizzy Gillespie, come già detto, era
ormai Mister Bebop. Nel mese di gennaio vinse il referendum della rivista Metronome (relativamente ai
trombettisti) e immediatamente gli fu offerto dalla Victor un contratto per una
serie di incisioni con la sua orchestra. Durante il 1947, tra le altre cose, Diz
cominciò a sperimentare la commistione del Bop con i ritmi antillesi, con la
collaborazione dell'arrangiatore Gil Fuller
(Walter Gilbert Fuller: 14 apr 1920) e di Chano Pozo Gonzales
(1915), un
eccezionale suonatore cubano di bongos e di tamburi da conga. Il successo fu
straordinario e la sua big-band inserì nel repertorio brani come
Afro-Cuban drum Suite
(),
Manteca,
Algo bueno,
Tin Tin Deo,
Con Alma
ecc.
Il 1947 è l'anno in cui Bud Powell
finalmente mostra le sue enormi qualità. Oltre alla già citata incisione con
Charlie Parker e Miles Davis, Bud effettua delle registrazioni in trio, con il
contrabbasso e la batteria affidati, il più delle volte, a Curly Russell e
Max Roach, nelle quali emerge tutta la sua creatività. E' in questo periodo che si
comincia a parlare per Powell di "stile sassofono", a sottolineare che la sua
musica rappresenta una traduzione per pianoforte dello stile di Bird.
Thelonious Monk, che per un po' non è
stato nominato in quanto negli anni precedenti suonò essenzialmente al Minton's
e non ebbe contratti discografici di rilievo o rapporti lavorativi costanti nei
locali della Cinquantaduesima Strada, nel 1947 fu finalmente preso in
considerazione dai proprietari della Blue Note i quali si resero conto che non
bisognava ulteriormente ignorare un musicista di tale classe. Gli offrirono un
contratto e le prime incisioni furono effettuate nel mese di ottobre, con un
sestetto e poi con un trio. Ne sarebbero seguite molte altre negli anni
successivi con vari organici, sempre di piccole dimensioni. Le prime
registrazioni furono edite nel 1948 e suscitarono grandi perplessità. Un solo
critico, Paul Bacon, capì integralmente il significato della musica di Monk che
non ebbe un grosso successo dal punto di vista delle vendite. Scrive Arrigo Polillo: «Ci sarebbero voluti anni prima che si capisse che Monk è
essenzialmente un compositore - e un compositore geniale - e che la sua tecnica
pianistica [15]
è
perfettamente coerente col suo stile compositivo, da cui è imprescindibile. Il
guaio è che, nell'attesa del riconoscimento, Monk se la passò molto
male» [16].
Fats Navarro continuava ad
impressionare con i suoi straordinari assoli in puro stile bop. Al 1947
risalgono, tra l'altro, tre stupende sedute d'incisione per la Savoy. Nella prima,
effettuata il
16 gennaio (con Leo Parker, sax baritono;
Tadd Dameron, piano;
Gene Ramey, basso; Denzil Best, batteria), furono registrati
Fat Girl
(),
Ice Freezes Red
(),
Eb Pob
() e
Goin' To Mintons (). Nella seconda, che
risale al
28 ottobre
(con Ernie Henry, sax alto; Tadd Dameron, piano;
Curley
Russell, basso; Kenny Clarke, batteria; Kay Penton, voce), vennero incisi
A Bebop Carol (),
The Tadd Walk (),
Gone With The Wind
e
That Someone Must Be You. Nell'ultima,
datata
5 dicembre
(con Charlie Rouse, sax tenore;
Tadd Dameron, piano; Nelson Boyd, basso; Art Blakey, batteria), fu la volta di
Nostalgia (),
Barry's Bop
(),
Bebop Romp
() e
Fats Blows
(). Si può chiaramente notare
come ci si trovi davanti a tanti nuovi brani, a sottolineare che anche le
composizioni puramente bop andavano aumentando in maniera
consistente.
[1] Citato nell'articolo Bop will kill business unless it kills
itself first in Down Beat, 7 aprile 1948.
[2] Da Jazz di ARRIGO POLILLO, op.
cit.
[3] Da Jazz di ARRIGO POLILLO, op.
cit.
[4] Citato dal mensile di New
York Metronome, giugno
1947.
[5] Tecnica vocale del jazz
consistente nell'imitare uno strumento con la voce pronunciando sillabe e parole
prive di senso.
[6] Da Jazz di ARRIGO POLILLO, op.
cit.
[7] Da Charlie Parker di ROSS RUSSELL, op.
cit.
[8] Citato da Charlie Parker di ROSS RUSSELL, op.
cit.
[9] Da Miles. L'autobiografia di un mito del
jazz di MILES DAVIS e QUINCY TROUPE, op. cit.
[10] Miles, nella sua Autobiografia, afferma di essere
l'autore di Donna Lee, brano da sempre attribuito a Parker.
[11] Da Charlie Parker di ROSS RUSSELL, op.
cit.
[12] Citato da Charlie Parker di ROSS RUSSELL, op.
cit.
[13] La notte del debutto del
quintetto.
[14] Da Miles. L'autobiografia di un mito del jazz di MILES DAVIS e QUINCY TROUPE, op. cit.
[15] La tecnica strumentale
di Monk fu molto criticata all'indomani dell'uscita delle prime incisioni per la
Blue Note.
[16] Da Jazz di ARRIGO POLILLO, op.
cit.
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Data pubblicazione: 13/06/2002
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