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Il Bebop: L'inizio della rivoluzione: 1940-1941 (cap. III)
di Antonio Fraioli
antonio.fraioli@libero.it

Il Bebop, che appare nei locali della 52a Strada di New York nel 1944, ovviamente non si materializzò d'un tratto, ma ebbe dei precursori in alcuni solisti affermatisi alla fine degli anni Trenta e un'iniziale gestazione in qualche localino di Harlem dove i bianchi mettevano piede molto raramente. Tra questi locali un'importanza particolare ne ebbe uno ricavato in una sala dell'Hotel Cecil nella 118a Strada Ovest di New York, chiamato Minton's Playhouse dal nome del proprietario Henry Minton, un ex sassofonista; era piuttosto squallido, ma rinacque dal punto di vista artistico dopo che Teddy Hill (Birmingham, AL, 7 dicembre 1909 - Cleveland, 19 maggio 1978), un ex caporchestra, ne assunse la direzione nel 1940.

Teddy Hill, che aveva suonato i vari sax in band condotte da King Oliver e Louis Armstrong ed era autore di varie canzoni e arrangiamenti, non era mai riuscito a brillare in maniera particolare nella sua carriera, ma conosceva tanti musicisti e aveva idee originali. Suggerì ad Henry Minton di mettere su un gruppo fisso per dar via libera alle jam-session e fissò un giorno a settimana (il lunedì, giornata di libertà nel mondo dello spettacolo) nella quale invitare a suonare tutti gli artisti che volevano cimentarsi della notte. «Le notti delle celebrità» al Minton's Playhouse divennero in breve tempo famose in tutti gli Stati Uniti anche per i pranzi che Teddy Hill offriva in queste occasioni e, già nel
1941
, il locale otteneva un buonissimo successo diventando il posto dove si andava il lunedì nei primi anni Quaranta e, soprattutto, il luogo della rivoluzione che avrebbe trasformato il jazz.

H
ill prese spunto dallo stile dei locali di Kansas City, città che, come già detto, negli anni Trenta era balzata alla ribalta musicale grazie alla amministrazione corrotta di Tom Pendergast, presentando un solo fiato accanto alla sezione ritmica, con il preciso intento di lasciar posto a chiunque volesse unirsi alla jam-session. Hill aveva intuito che il vecchio jazz stava per finire il suo corso e voleva convogliare al Minton's tutti quei giovani musicisti che tentavano di suonare i loro strumenti in modo innovativo, alternandoli o affiancandoli a nomi già noti. A condurre il gruppo fisso del Minton's Teddy Hill chiamò il batterista Kenny «Klook» Clarke
(Kenneth Spearman; Pittsburgh, 9 gennaio 1914 - Montreuil-sous-Bois, Paris, 26 gennaio 1985) che rimase per primo sorpreso dell'invito, visto che non più di un anno prima aveva fatto crollare l'ultima compagine di Hill dopo aver avuto grandi discussioni col suo caporchestra sul modo di usare la batteria nella musica che la gente chiedeva di poter ballare: Klarke era già alla ricerca di nuove soluzioni. Tuttavia, pensando alle improvvisazioni esplosive di «Klook», Teddy Hill decise di offrirgli una scrittura fissa spiegandogli quale era la finalità di tutta l'operazione al Minton's e quale avrebbe dovuto essere il suo ruolo. Più tardi Klarke disse:

«Dapprima rimasi sorpreso. Dopo aver parlato un po' con lui capii che cosa voleva. Nel 1937 io mi ero già stufato di suonare come Joe Jones. Era ora di cambiare. Spostai allora il ritmo di base dalla percussione del tamburo basso a quello del piatto alto. Scoprii che così potevo ottenere variazioni di tono e di timbro graduando il colpo di bacchetta sul piatto. E oltretutto ero libero di usare il tamburo e i timpani per marcare gli accenti. Stavo tentando di costruire nuovi modelli ritmici sovrapponibili a quelli normali. Gli assoli tendevano ad allungarsi. E i solisti avevano bisogno di un aiuto maggiore dal batterista»
[1].

Lo stesso Kenny Clarke suggerì a Teddy Hill di includere nel complesso Thelonious "Sphere" Monk
(Rocky Mount, North Carolina 10 ottobre 1917 - Weehawken, New Jersey, 17 febbraio 1982), pianista che aveva iniziato la carriera come pianista di un gruppo gospel e che aveva suonato per qualche tempo nelle chiese negre del Sud e del Middle West. In questa fase, caratterizzata da viaggi senza fine nel cuore dell'America più schiavista, Monk teneva viva la sua creatività musicale suonando in qualche jam-session dove poteva. Monk era già afflitto da problemi di eroina come tanti colleghi jazzisti ed aveva già composto brani molto innovativi, caratterizzati da strane (per l'epoca) escursioni in tonalità diverse. Tra questi si segnalamo Blue Monk e 'Round About Midnight. Suonava con uno stile molto personale, con le dita larghe e piatte sui tasti, arrivando a suonare anche dodici suoni contemporaneamente quando usava il pollice per prendere due tasti. Il suo più grande desiderio era quello di uscire dal giro dei gospel, di suonare il jazz che lui sentiva e l'occasione di lavorare al Minton's fu per lui determinante.

A Kenny Clarke e Thelonious Monk (che rappresentano da subito una novità assoluta nel mondo del jazz), furono affiancati il trombettista Joe Guy
(Joseph Luke, Birmingham, 20 settembre 1920 - Birmingham, 1962) e il bassista Nick Fenton per completare il quartetto base al quale poteva unirsi chiunque ne avesse avuto voglia.

Le jam-session del lunedì nel locale newyorkese si configurarono subito come un campo di battaglia per scontri tra jazzisti di varie tendenze dai quali uscivano spesso demolite reputazioni consolidate per lasciare il passo ai giovani «rivoluzionari». Nelle prime session della primavera del 1941 la vecchia guardia deteneva ancora il potere, potendo contare su una formidabile schiera di improvvisatori, solisti di grandi orchestre: i sassofonisti Coleman Hawkins, Ben Webster, Chu Berry, Johnny Hodges, Benny Carter, Willie Smith e Don Byas; i trombettisti Lips Page, Cootie Williams, Charlie Shavers e Harry James; i pianisti Fats Waller, Teddy Wilson, Jess Stacy e Mary Lou Williams. Anche grandi leader come Duke Ellington, Andy Kirk, Count Basie, Artie Shaw, Lionel Hampton e Benny Goodman fecero la loro apparizione al Minton's. Tra gli ospiti del locale, comunque, vanno segnalati per l'impulso dato al rinnovamento del linguaggio jazzistico alcuni musicisti che, a parte i già rivoluzionari Clarke e Monk, possono essere considerati i veri precursori del Bebop: il chitarrista Charlie Christian, il tenorsassofonista Lester Young, il trombettista Roy Eldridge, il pianista Art Tatum ed il bassista Jimmy Blanton.

Swing To Bop (MP3 1.2MB)
Live at "Minton's Playhouse" NY, MAY 12, 1941
CHARLIE CHRISTIAN (Guitar)
JOE GUY (trumpet)
KENNY KERSEY (piano)
NICK FENTON (bass)
KENNY CLARKE (drums)

Charlie Christian (Bonham, Texas, 29 luglio 1916 - New York, 2 marzo 1942) faceva parte del gruppo di Benny Goodman (Chicago, 30 maggio 1909 - New York, 13 giugno 1986) e, finito il lavoro con il re dello swing, arrivava tutte le sere al Minton's per partecipare alle session. Suonava la chitarra elettrica, uno strumento praticato ancora da pochi, ed era ammirato incondizionatamente dai colleghi per la sua inesauribile fantasia nelle improvvisazioni dove si succedevano riffs su riffs in una escalation di emozioni senza precedenti. Il suo stile era particolarissimo, caratterizzato da lunghe frasi monodiche (solitamente a crome) la cui struttura e il cui suono erano molto vicini alla sintassi tipica dei sassofonisti. Rispetto ai pionieri della chitarra jazz come Lonnie Johnson (New Orleans, 8 febbraio 1889 - Toronto, 16 giugno1970) e Eddie Lang (Philadelphia, Pennsylvania, 25 ottobre 1902 - 26 marzo 1933) che suonavano frasi molto più spezzettate, Charlie Christian portò la tecnica del suo strumento a livelli altissimi.

Lester Young (Woodville, Mississippi, 27 agosto 1909 - New York, 15 marzo 1959), già attivo nella formazione di King Oliver e nei Blue Devils, capitò nel bel mezzo del mondo del jazz di Kansas City nell'era di Pendergast (1872 - 1945). Non volle imitare lo stile di Coleman Hawkins (St. Joseph, MO, 21 novembre 1904 - New York, 19 maggio 1969) (che sconfisse in una memorabile jam-session svoltasi al Cherry Blossom di Kansas City dando credito e lustro a tutti i musicisti della città che già negli anni Trenta stavano suonando in uno stile sempre più diverso da quello dei colleghi newyorkesi) e spiegò come i modelli che imitava in gioventù fossero alla base del suo suono anche negli anni della maturità. Raccontò in proposito anni dopo:

«Frankie Trumbauer
(Carbondale, Illinois 30 marzo 1901 - Kansas City, MO 11 luglio 1956) e Jimmy Dorsey erano i due grandi rivali dell'epoca e, alla fine, io mi resi conto che mi piaceva Frankie Trumbauer. Trumbauer era il mio idolo. Quando avevo cominciato a suonare comperavo tutti i suoi dischi. Credo di essere ancora capace di suonare i suoi assoli che avevo imparato da quei dischi. Suonava il C Melody sax. Io cercai di ottenere sul sassofono tenore il suono di un C Melody sax. Questa è la ragione per cui il mio suono è diverso da quello degli altri. Trumbauer sapeva sempre raccontare una piccola storia. E mi piaceva il modo in cui sfiorava le note. Anzitutto esponeva la melodia, e poi suonava attorno alla melodia»[2].

Le scelte artistiche di Lester Young si dimostrarono indovinate, tanto che le frasi dei suoi assoli diventeranno un esempio da imitare per tutti i ribelli del Bebop.

Roy Eldridge (Pittsburgh, Pennsylvania 30 gennaio 1911 - Valley Stream, NY 26 febbraio 1989), dopo aver iniziato la carriera suonando in complessi di non grande rilevanza, formò la sua personalità artistica tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta ispirandosi ai trombettisti Red Nichols (Ogden, Utah 8 maggio 1905 - 28 luglio 1963) e Rex Stewart (William, Philadelphia, 22 febbraio 1907 - Los Angeles, 7 settembre 1967), ma soprattutto ai sassofonisti Coleman Hawkins e Benny Carter (Bennett Lester, New York, 8 agosto 1907) dei quali cercò di riprodurre sulla tromba il veloce e articolato fraseggio. Determinante per la sua crescita artistica fu anche l'ascolto di Louis Armstrong che colpì Eldridge per la sua capacità di suonare con grande tensione senza usare molte note. Fu proprio la capacità di combinare le peculiarità dei musicisti sopra citati, si alternare velocità di esecuzione e sviluppo melodico a dare una fisionomia personale e nuova agli assoli di Roy Eldridge. Suonò con le orchestre di Teddy Hill e Fletcher Henderson e alla fine degli anni Trenta si affermò definitivamente con i dischi Heckler's hop, Wabash stomp e After you've gone. Don Ferrara, quando passò in rassegna i migliori trombettisti di jazz per la rivista "Metronome", scrisse di lui:

«Così completa era la padronanza del volume che era capace di sussurrare con una meravigliosa calda intimità e di urlare con magnificenza. Ed egli definì e diede vita a ciascun grado dinamico intermedio tra quel sussurro e l'urlo. La sua sonorità era così ampia che costringeva il pubblico ad ascoltare. Tutti smettevano di chiacchierare quando Roy suonava. Anche quando suonava piano, la sua voce strumentale era voluminosa... Erano i sentimenti di Roy ad abbassare i pistoni della sua tromba, non le dita...
La sua musica era così concreta e disinibita che veniva fatto di pensare che egli avesse una linea diretta coi suoi sentimenti... La sua musica era piena di fuoco e di vitalità» [3]

Art Tatum (Toledo, Ohio 13 ottobre 1909 - Los Angeles, California 5 novembre 1956) si fece notare a New York già nel 1932 come accompagnatore della cantante Adelaide Hall (New York, 20 ottobre 1904 - London, 7 novembre 1993), lasciando tutti di stucco. L'anno successivo furono pubblicati i suoi primi dischi per la Brunswick che lo portarono ancor più alla ribalta e lavorò all'Onyx Club di New York, nella 52a Strada. Venerato come un santone, esempio per tutti i musicisti che lo ascoltarono, tornò a New York dopo un paio d'anni (1935-1936) trascorsi a Chicago dove si esibì regolarmente al Three Deuces. Caratteristiche del suo modo di suonare erano la grande velocità della mano destra, la grazia e la sensibilità armonica che anticiparono la complessità del Bebop, l'assoluta imprevedibilità delle sue improvvisazioni che metteva spesso in difficoltà i suoi partner. A tal proposito ricorda il chitarrista Everett Barksdale (Detroit, 28 aprile 1910 - Inglewood, CA, 29 gennaio 1986) che suonò a lungo con Tatum:

«Diceva sempre che non "udiva" in anticipo ciò che si accingeva a suonare, ma che si limitava a "sentirlo" e, poiché gran parte di ciò che facevamo era improvvisato, qualche volta se ne usciva con delle trovate che mi lasciavano disorientato»
[4]

La creatività e la tecnica straordinaria di Art Tatum lasciarono un segno indelebile tra i musicisti che si esibirono al Minton's in quegli anni.

Jimmy Blanton (Chattanooga, TN, ottobre 1918 - Los Angeles, 30 luglio 1942), fu scoperto a St.Louis a diciannove anni da Duke Ellington che immediatamente lo invitò a far parte della sua orchestra. Secondo molti critici la compagine di Ellington proprio all'inizio degli anni Quaranta espresse il meglio di se grazie anche al contributo di Blanton che conferì alla band quella compattezza ritmico-armonica che spesso era venuta a mancare in precedenza nonostante l'eccezionale abilità dei fiati e la ricchezza di sfumature. Blanton ha letteralmente rivoluzionato la tecnica del contrabbasso ampliandone le possibilità tecniche ed espressive: usava lo strumento come fosse un fiato, con una straordinaria capacità di articolazione ritmica, anticipando la funzione che avrebbe avuto nel Bop. Queste caratteristiche si percepiscono in maniera inequivocabile nelle incisioni realizzate tra il 1939 e il 1940 in duo con Duke Ellington, aprendo ai bassisti anche la strada del solismo. Morì giovanissimo, per una polmonite nel 1942, proprio nel momento in cui la rivoluzione del Bebop stava giungendo a compimento.

Jimmy Blanton & Duke Ellington
1940 - Klf Music
Acquistabile da Vitaminic
In a Mellow Tone
(Real Audio) (5 settembre 1940)
Body and Soul
(Real Audio)
(1 ottobre 1940)

Al Minton's era presente un numero così alto di musicisti da non far mai mancare la grande musica e gli scontri tra i solisti di varie generazioni portarono ad una inesorabile evoluzione del linguaggio che nel giro di quattro anni (dal 1941 al 1944) dissolse lo swing tramutandolo in Bebop.

Nel maggio 1941 un tecnico dilettante, appassionato di jazz e studente della Columbia University, Jerry Newman, realizzò delle registrazioni al Minton's ed al Clark Monroe's Uptown House (198 West 134th Street, NYC), altro locale dove si cominciava ad ascoltare musica nuova. Queste registrazioni, imperfette dal punto di vista tecnico, sono una testimonianza preziosa di quelle notti. Si percepisce chiaramente la partecipazione e l'esaltazione del pubblico e si riconoscono gli stili dei vari musicisti presenti.

Al Minton's il solista principale è Charlie Christian ancora in forma smagliante (morirà di tubercolosi nel 1942) e già si può ascoltare un Kenny Clarke rivoluzionario. Secondo Ross Russell (Los Angeles 18 marzo 1909 - Palm Springs, 31 gennaio 2000):

«Clarke fu veramente il fondatore del nuovo stile delle percussioni. Si sente un beat pieno di forza, un delizioso impasto poliritmico e un'insolita consapevolezza delle esigenze del solista»
[5]

Gli interventi di Thelonious Monk, all'epoca considerati molto strani, apriranno al piano-jazz nuovi orizzonti espressivi condizionando anche lo stile improvvisativo di altri musicisti che svilupparono dalle armonie di Monk idee moderne. Nelle registrazioni del
1941 al Minton's si può ascoltare anche l'allora ventitreenne John Birks "Dizzy" Gillespie (Cheraw, SC, 21 ottobre 1917 - Englewood, NJ, 6 gennaio 1993) in un breve inciso nel quale risulta ancora acerbo lo stile del trombettista del South-Carolina che solo successivamente troverà la sua strada. Tuttavia, nonostante le chiare innovazioni apportate alla musica da Clarke e Monk, si percepisce nelle registrazioni di Newman la mancanza di uno strumentista a fiato in grado di esprimere assoli all'altezza dei due colleghi e di trascinarli a suonare in modo ancor più rivoluzionario. In realtà un sassofonista con queste caratteristiche era già presente a New York, ma era attivo al Monroe's Uptown House, un cabaret tra la Centotrentatreesima Strada e la Settima Avenue dove, dopo l'ultimo show, cominciava a suonare il complesso del trombettista Vic Coulsen che accoglieva chiunque avesse voluto partecipare alla session. Era uno strumentista fantastico, capace di suonare a velocità sbalorditive e con una forza inaudita: era Charlie Parker (Kansas City, 29 agosto 1920 - NY, 12 marzo 1955), colui che più di tutti contribuirà alla nascita ed allo sviluppo del Bebop.

Charlie Parker nasce a Kansas City nel 1920 e riceve la sua educazione nel ghetto nero della grande città del Missouri. La madre, una donna delle pulizie presto abbandonata dal marito, lavorava nelle ore notturne e Charlie, che frequentò per qualche anno senza particolari entusiasmi la Lincoln High School, proprio di notte si intrufolava nei cabaret del quartiere nero con il preciso intento di ascoltare le orchestre di jazz. All'età di quindici anni era già sposato con la diciannovenne Rebecca Ruffin, aveva già fatto le prime esperienze con la droga e, dopo aver abbandonato la scuola, poteva considerarsi un musicista professionista. I suoi modelli, in gioventù, furono i grandi sassofonisti di Kansas City, in particolare Lester Young, del quale riproduceva gli assoli con il suo sax contralto, e Henry "Buster" Smith (Alfdorf, TX, 24 agosto 1904 - Dallas, 10 agosto 1991), detto il Professore, che aveva suonato con i Blue Devils e con le orchestre di Bennie Moten (Kansas City, MO, 13 novembre 1894 - Kansas City, 2 aprile 1935) e Count Basie (Red Bank, NJ, 21 agosto 1904; - Hollywood, 26 aprile 1984). In quel periodo a Kansas City le opportunità per suonare erano innumerevoli: il potente Tom Pendergast gestiva tutti gli affari, i traffici e gli intrighi, e la musica era un ingrediente essenziale di certi traffici e si ascoltava dappertutto. In questo contesto anche compagini di livello mediocre riuscivano ad avere una spazio e proprio in una orchestrina dilettantistica, quella diretta dal pianista Lawrence Keyes, Charlie cominciò ad esibirsi nel 1934 a soli quattordici anni. In quel periodo di apprendistato suonò anche con la band di Tommy Douglas (Eskridge, KS, 9 novembre 1906 - Sioux Falls, SD, 9 marzo1965).

La scuola delle jam-session al
Reno Club
(12th Street, between Cherry Street and Locust Street, Kansas City, MO) ed al Sunset Club (12th and Highland, Kansas City, MO), locali nei quali il giovane Parker si recava con maggiore interesse, insieme ai suoi sforzi per personalizzare la sua musica, lo portarono ad essere un musicista di primo piano già nel 1937, anno in cui ebbe scritture in due delle migliori orchestre della zona, quelle di Buster Smith e di Jay McShann (James Columbus; Hootie, Muskogee, OK, 12 gennaio 1916) ed in quella di George Ewing Lee (Booneville, MO, 28 aprile 1896 - San Diego, 2 ottobre 1958). Il contrabbassista Gene Ramey (Austin, TX, 4 aprile 1913 - Austin, 8 dicembre 1984), che suonò spesso con Parker in quegli anni, ricorda:

«Dal tipo risibile che era, Charlie si era trasformato in un sassofonista degno di essere ascoltato. Ora non aveva più quella sonorità dolciastra. Ne aveva una sua personale: nitida e senza molto vibrato. Le sue idee erano ancora bizzarre, roba come i raddoppi del tempo e certe strambe modulazioni fuori dalla tonalità, ma ora avevano un senso. Conosceva a memoria tutti gli assoli di Lester Young, un  Lester che suonasse l'Alto, ma si avvertiva già qualcosa di suo. E questo qualcosa faceva molta differenza»
[6]

Il suo caporchestra Jay McShann, parlando delle partecipazioni di Parker a certe jam-session ha detto:

«Quello che soprattutto contava nelle jam-session erano le idee musicali. Charlie era in grado di reggere il confronto coi colleghi più anziani, alcuni dei quali avevano già anni di esperienza nelle grandi orchestre. Era uno strano ragazzo, molto aggressivo e informato su tutto ciò che accadeva» [7]

A diciotto anni diventa padre, ma questo non fu sufficiente a farlo rimanere a casa. Si trasferisce a Chicago dove suona con l'orchestra di Billy Eckstine (William Clarence, Pittsburgh, 8 luglio 1914 - Pittsburgh, 8 marzo 1993) e arriva, successivamente, a New York dove raggiunge il suo vecchio maestro e caporchestra Buster Smith che raccontò più tardi:

«Aveva un aspetto veramente spaventoso quando venne da me. Aveva tenuto la scarpe ai piedi per tanto tempo che le sue gambe si erano gonfiate. Ha abitato in casa mia per un bel po'... Durante il giorno mia moglie lavorava e io me ne andavo in giro a darmi da fare e lo lasciavo a casa a dormire nel mio letto. Poi usciva, suonava tutta la notte da qualche parte e quindi tornava e andava a dormire nel mio letto. Lo facevo uscire nel pomeriggio prima che mia moglie rientrasse. A lei non piaceva che dormisse nel nostro letto perché non si spogliava prima di coricarsi. Lui se ne andava al Monroe's e suonava tutta la notte. I ragazzi cominciavano ad ascoltarlo attentamente»
[8]

Oltre al Clark Monroe's, Parker lavorò anche al
Jimmy's Chicken Shack (un elegante locale di Harlem) come sguattero per nove dollari a settimana: era interessato ad ascoltare Art Tatum che si esibiva lì e che colpì in modo particolare Charlie per la freschezza delle frasi nei suoi assoli e per l'impareggiabile capacità tecnica. Quando il pianista se ne andò, scritturato in un locale di Hollywood, si licenziò anche Parker. Successivamente lavorò al Parisien Ballroom, una sala da ballo vicino a Times Square e, dopo essere tornato a Kansas City per il funerale del padre, si diresse nuovamente verso New York dove dal 1939 al 1942 farà di nuovo parte della compagine di Jay McShann. In questo periodo il sassofonista di Kansas City mise a punto il suo stile e realizzò le prime incisioni.
L
a prima avvenne a Wichita: il
9 agosto 1940, di venerdì, al Trocadero Ballroom con una formazione dell'orchestra di McShann che registrò Jumpin' At the Woodside e I Got Rhythm con il seguente organico:

Buddy Anderson e Orville Minor, trombe
Bud Gould,
trombone
John Jackson,
sax alto
Charlie Parker,
sax alto
Bob Mabane, sax tenore
Jay McShann,
piano
Gene Ramey,
basso
Gus Johnson,
batteria

Ne seguì una seconda il 30 novembre 1940, di sabato, sempre a Wichita, in una trasmissione radio KFBI, in cui registrarono i brani I Found a New Baby () e Body and Soul (MP3 1.4MB ) con la seguente formazione:

Buddy Anderson e Orville Minor, trombe
Bud Gould,
trombone e violino
William Scott,
sax tenore
Charlie Parker,
sax contralto
Jay McShann,
piano
Gene Ramey,
basso
Gus Johnson,
batteria

Il lunedì successivo, il 2 dicembre, la stessa formazione, con la sola eccezione di William J. Scott che venne sostituito al sax tenore da Bob Mabane, per la stessa trasmissione radio registrò Honeysuckle Rose (), Lady Be Good (), Coquette (), Moten Swing () e Wichita Blues ().

In queste due sedute Parker già spicca sugli altri in maniera inequivocabile: in
Honeysuckle Rose () il tempo è vicino a 300 di metronomo, quasi impossibile per gli altri fiati, ma non per Bird (il nome con il quale Charlie era sempre più spesso chiamato) che entra dopo l'incerto assolo di tromba in maniera impetuosa, suonando frasi condite di seconde e settime maggiori e di accordi diminuiti, usando quel raddoppio di tempo che diventerà caratteristico del Bebop. In Lady Be Good () si percepisce chiaramente la perfetta conoscenza che Parker ha di Lester Young, riuscendo a suonare come il suo maestro tenorista, ma ad un tempo più veloce: alternanza di suoni lunghi e corti, contrasti di suono ottenuti con diteggiature diverse, linea melodica che rapidamente sale e scende sono tutte caratteristiche che Bird ha ereditato da Lester Young.

L'altra incisione da ricordare, in questa fase, è quella di Dallas effettuata per la Decca il 30 aprile 1941.
L
'orchestra di McShann al completo registrò
Swingmatism (), un brano inedito, Hootie Blues (), arrangiato da Charlie e Dexter Blues (); McShann eseguì da solo due blues veloci al piano e Walter Brown cantò Confessin' the Blues () con l'accompagnamento della sezione ritmica (McShann, Ramey, Gus Johnson). Quest'ultimo brano fu il più gradito dal pubblico e il relativo disco balzò in testa alla hit-parade del rhythm and blues. Sul retro di Confessin' the Blues venne inserito Hootie Blues, brano apparentemente meno riuscito, ma che conteneva, tra l'introduzione orchestrale e la parte cantata da Walter Brown, dodici battute di sax contralto della durata di circa trenta secondi (metronomo=100) che rivelarono una concezione jazzistica completamente nuova. Ci sono ben sette cadenze, una serie di salite e discese vertiginose, ed anche gli intervalli più comuni (terza, quinta e tonica) eseguiti in maniera diversa. "Hootie" rappresenta una pietra miliare nel jazz, nonostante la breve durata del solo del sax alto e molti musicisti rimasero folgorati da questa esecuzione.
Racconta Sonny Criss
(Memphis, 23 ottobre 1927 - Los Angeles, 19 novembre 1977), una futura stella del jazz che studiava l'alto a Los Angeles dove comperò il disco:

«Non c'era il nome del sassofonista né sull'etichetta né su nessuna rivista musicale. Sapevo solo che un musicista che forse non avrei mai conosciuto o risentito aveva scoperto una strada nuova nel blues. Quell'assolo di
Hootie Blues mi aprì un orizzonte del tutto nuovo»
[9].

Charlie Parker, quindi, alla fine del 1941 (a soli 21 anni!) era già un personaggio di primo piano nel mondo del jazz e stava apportando quelle modifiche al linguaggio che porteranno dirette alla rivoluzione del Bebop.

Sfortunatamente non ci sono pervenute registrazioni di Parker che suona al Monroe's nel 1941 in quanto Newman non amava le esecuzioni di Bird, preferendo i sassofonisti più «ortodossi» come Benny Carter e Herbie Fields (Elizabeth, NJ, 24 maggio 1919 - Miami, 17 settembre 1958). Solo un anno più tardi comparirà un altro tecnico dilettante, Dean Benedetti, che, al contrario, avrebbe spento il suo registratore su chiunque, ma non su Charlie del quale aveva capito il genio musicale.    

Le voci sulle performance di Parker nell'autunno del 1941 circolavano sempre più fitte nell'ambiente e al Minton's si cominciò a parlare di questo sassofonista che suonava l'alto come Lester Young, ma due volte più veloce. Kenny Clarke e Thelonious Monk erano scettici nei riguardi di queste notizie, considerando Lester Young imbattibile al sax e avendo come massimo esempio di suonatore di alto Johnny Hodges (Cambridge, Massachussets 25 luglio 1907 - New York, 11 maggio 1970) che già da un decennio si esibiva ad altissimi livelli nell'orchestra di Duke Ellington, ma con un linguaggio assai diverso da quello che stava prendendo corpo al Minton's. Una sera, però, Clarke e Monk decisero di andare al Monroe's a controllare di persona cosa succedeva e trovarono un uomo più giovane di loro, occhiali scuri sportivi, abiti non stirati che suonava chorus su chorus come se la musica fosse l'unica ragione di vita.
Ricorderà anni dopo Clarke:

«Bird suonava roba che non avevamo mai sentito. Faceva col sax quello che credevo di aver inventato io con la batteria. Era due volte più veloce di Lester Young e con accordi che Lester non aveva mai toccato. Bird correva nella nostra stessa direzione, ma era molto più avanti di noi. Forse non aveva compreso fino in fondo cosa aveva creato... Bird non parlò molto. Fu calmo e riservato, mite. Dopo avergli dato un paio di dollari, gli proponemmo di trasferirsi dal Monroe's al Minton's. Teddy Hill si rifiutò di pagare un altro uomo, così decidemmo di fare una colletta e dargli qualcosa. Lo invitati a stare nell'appartamento che dividevo con Doc West, altro batterista e buon cuoco. Cominciammo a farlo mangiare. Era magro e affamato. Fin allora aveva cercato di sopravvivere con il "piatto" del Monroe's. Ben presto il Minton's divenne un posto poco gradevole per la vecchia guardia. Dizzy cominciò a venire regolarmente e così gli strumenti furono quattro: tromba, sax alto, piano e batteria. Era questa la formazione che doveva sfondare, con l'aggiunta di un buon bassista. Una notte, dopo settimane di tentativi, Dizzy riuscì a battere Roy Eldridge. Una sola notte tra tante, ma per noi fu il via. Roy era in cattedra da anni. Questo ci diede una gran forza. A rendere le cose ancor più ostiche per gli estranei, inventavamo riff sempre più difficili. Gli uomini dello swing che volevano suonare con noi si trovavano malissimo. E poi per forza smettevano di suonare. Quando il Minton's chiudeva, andavamo a mangiare e suonare fino a mattina al Monroe's. Non sapevamo dove saremmo andati a finire con quella musica. Però ci divertivamo e ci sfogavamo»
[10].

Le jam-session del Minton's nel 1941, in definitiva, servirono soprattutto a far nascere legami di amicizia fra i futuri esponenti del jazz moderno e a far in modo che le ricerche dei singoli musicisti cominciassero a convergere per arricchire un linguaggio che stava acquisendo una forma sempre più chiara.



[1] Citato da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, Milano Libri Edizioni , Milano 1978, p.82
[2] Citato da NAT HENTOFF nell'articolo "Pres" in "Down Beat", 7 marzo 1956.
[3] Da Metronome, giugno 1956.
[4] Riportato da ORRIN KEEPNEWS nel capitolo "Art Tatum" in "The jazz makers".
[5] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit., p.84.
[6] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit.
[7] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit.
[8] Da Buster and Bird. Conversation with Buster Smith, in THE JAZZ REVIEW, febbraio 1960.
[9] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit.
[10] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit.
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Data pubblicazione: 14/11/2001





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