Il
Bebop, che appare nei
locali della 52a Strada
di New York nel 1944, ovviamente non si materializzò d'un tratto, ma ebbe dei
precursori in alcuni solisti affermatisi alla fine degli anni Trenta e
un'iniziale gestazione in qualche localino di Harlem dove i bianchi mettevano
piede molto raramente. Tra questi locali un'importanza particolare ne ebbe uno
ricavato in una sala dell'Hotel Cecil nella
118a Strada Ovest di New
York, chiamato
Minton's
Playhouse dal nome del proprietario Henry
Minton, un ex sassofonista; era piuttosto squallido, ma rinacque dal punto
di vista artistico dopo che Teddy Hill
(Birmingham, AL, 7 dicembre 1909 - Cleveland, 19 maggio
1978), un ex caporchestra, ne assunse la
direzione nel
1940.
Teddy Hill, che aveva suonato i vari sax in band condotte da
King Oliver e Louis Armstrong ed era autore di varie canzoni e arrangiamenti,
non era mai riuscito a brillare in maniera particolare nella sua carriera, ma
conosceva tanti musicisti e aveva idee originali. Suggerì ad Henry Minton di
mettere su un gruppo fisso per dar via libera alle jam-session e fissò un giorno
a settimana (il lunedì, giornata di libertà nel mondo dello spettacolo) nella
quale invitare a suonare tutti gli artisti che volevano cimentarsi della notte.
«Le notti delle celebrità» al Minton's Playhouse divennero in breve tempo famose
in tutti gli Stati Uniti anche per i pranzi che Teddy Hill offriva in queste
occasioni e, già nel 1941, il locale otteneva un buonissimo successo diventando
il posto dove si andava il lunedì nei primi anni Quaranta e, soprattutto, il
luogo della rivoluzione che avrebbe trasformato il jazz.
Hill prese spunto dallo
stile dei locali di Kansas City, città che, come già detto, negli anni Trenta
era balzata alla ribalta musicale grazie alla amministrazione corrotta di Tom
Pendergast, presentando un solo fiato accanto alla sezione ritmica, con il
preciso intento di lasciar posto a chiunque volesse unirsi alla jam-session.
Hill aveva intuito che il vecchio jazz stava per finire il suo corso e voleva
convogliare al Minton's tutti quei giovani musicisti che tentavano di suonare i
loro strumenti in modo innovativo, alternandoli o affiancandoli a nomi già noti.
A condurre il gruppo fisso del Minton's Teddy Hill chiamò il batterista Kenny
«Klook» Clarke
(Kenneth Spearman; Pittsburgh, 9 gennaio 1914 -
Montreuil-sous-Bois, Paris, 26 gennaio 1985) che rimase per primo sorpreso dell'invito, visto che non più di
un anno prima aveva fatto crollare l'ultima compagine di Hill dopo aver avuto
grandi discussioni col suo caporchestra sul modo di usare la batteria nella
musica che la gente chiedeva di poter ballare: Klarke era già alla ricerca di
nuove soluzioni. Tuttavia, pensando alle improvvisazioni esplosive di «Klook»,
Teddy Hill decise di offrirgli una scrittura fissa spiegandogli quale era la
finalità di tutta l'operazione al Minton's e quale avrebbe dovuto essere il suo
ruolo. Più tardi Klarke disse:
«Dapprima rimasi sorpreso. Dopo aver parlato un
po' con lui capii che cosa voleva. Nel 1937 io mi ero già stufato di suonare
come Joe Jones. Era ora di cambiare. Spostai allora il ritmo di base dalla
percussione del tamburo basso a quello del piatto alto. Scoprii che così potevo
ottenere variazioni di tono e di timbro graduando il colpo di bacchetta sul
piatto. E oltretutto ero libero di usare il tamburo e i timpani per marcare gli
accenti. Stavo tentando di costruire nuovi modelli ritmici sovrapponibili a
quelli normali. Gli assoli tendevano ad allungarsi. E i solisti avevano bisogno
di un aiuto maggiore dal batterista» [1].
Lo stesso
Kenny Clarke suggerì a Teddy Hill di includere nel complesso Thelonious
"Sphere" Monk
(Rocky Mount, North Carolina 10
ottobre 1917 - Weehawken, New Jersey, 17 febbraio 1982), pianista
che aveva iniziato la carriera come pianista di un gruppo gospel e che aveva
suonato per qualche tempo nelle chiese negre del Sud e del Middle West. In
questa fase, caratterizzata da viaggi senza fine nel cuore dell'America più
schiavista, Monk teneva viva la sua creatività musicale suonando in qualche
jam-session dove poteva. Monk era già afflitto da problemi di eroina come tanti
colleghi jazzisti ed aveva già composto brani molto innovativi, caratterizzati
da strane (per l'epoca) escursioni in tonalità diverse. Tra questi si segnalamo
Blue Monk
e
'Round About Midnight. Suonava con uno
stile molto personale, con le dita larghe e piatte sui tasti, arrivando a
suonare anche dodici suoni contemporaneamente quando usava il pollice per
prendere due tasti. Il suo più grande desiderio era quello di uscire dal giro
dei gospel, di suonare il jazz che lui sentiva e l'occasione di lavorare al
Minton's fu per lui determinante.
A Kenny Clarke e Thelonious Monk (che
rappresentano da subito una novità assoluta nel mondo del jazz), furono
affiancati il trombettista Joe Guy
(Joseph Luke, Birmingham, 20
settembre 1920 - Birmingham, 1962) e il bassista
Nick Fenton per completare il
quartetto base al quale poteva unirsi chiunque ne avesse avuto voglia.
Le
jam-session del lunedì nel locale newyorkese si configurarono subito come
un campo di battaglia per scontri tra jazzisti di varie tendenze dai
quali uscivano spesso demolite reputazioni consolidate per lasciare il passo ai
giovani «rivoluzionari». Nelle prime session della primavera del
1941
la vecchia guardia
deteneva ancora il potere, potendo contare su una formidabile schiera di
improvvisatori, solisti di grandi orchestre: i sassofonisti Coleman Hawkins,
Ben Webster, Chu Berry, Johnny Hodges, Benny Carter,
Willie Smith e Don Byas; i trombettisti Lips Page,
Cootie Williams, Charlie Shavers e Harry James; i pianisti
Fats Waller, Teddy Wilson, Jess Stacy e Mary Lou Williams.
Anche grandi leader come Duke Ellington, Andy Kirk, Count Basie,
Artie Shaw, Lionel Hampton e Benny Goodman fecero la loro
apparizione al Minton's. Tra gli ospiti del locale, comunque, vanno segnalati
per l'impulso dato al rinnovamento del linguaggio jazzistico alcuni musicisti
che, a parte i già rivoluzionari Clarke e Monk, possono essere considerati i
veri precursori del Bebop: il chitarrista Charlie Christian, il
tenorsassofonista
Lester Young, il trombettista Roy Eldridge, il pianista
Art Tatum ed il bassista Jimmy Blanton.
Swing To Bop
(MP3
1.2MB)
Live at "Minton's Playhouse" NY, MAY 12, 1941
CHARLIE CHRISTIAN (Guitar)
JOE GUY (trumpet)
KENNY KERSEY (piano)
NICK FENTON (bass)
KENNY CLARKE (drums)
Charlie Christian
(Bonham, Texas, 29 luglio 1916 -
New York, 2 marzo 1942) faceva parte
del gruppo di Benny Goodman
(Chicago, 30
maggio 1909 - New York, 13 giugno 1986) e, finito il lavoro con il re dello
swing, arrivava tutte le sere al Minton's per partecipare alle session.
Suonava la chitarra elettrica, uno
strumento praticato ancora da pochi, ed era ammirato incondizionatamente dai
colleghi per la sua inesauribile fantasia nelle improvvisazioni dove si
succedevano riffs su riffs in una escalation di emozioni senza precedenti. Il suo stile era particolarissimo, caratterizzato da lunghe
frasi monodiche (solitamente a crome) la cui struttura e il cui suono erano
molto vicini alla sintassi tipica dei sassofonisti. Rispetto ai pionieri della
chitarra jazz come Lonnie Johnson
(New
Orleans, 8 febbraio 1889 - Toronto, 16 giugno1970) e Eddie Lang (Philadelphia,
Pennsylvania, 25 ottobre 1902 - 26 marzo 1933) che suonavano frasi molto più
spezzettate, Charlie Christian portò la tecnica del suo strumento a livelli
altissimi.
Lester Young (Woodville, Mississippi, 27 agosto
1909 - New York, 15 marzo 1959), già attivo nella formazione di
King Oliver e nei Blue
Devils, capitò nel bel mezzo del mondo del jazz di Kansas City nell'era di
Pendergast (1872 -
1945). Non volle imitare lo stile di Coleman Hawkins
(St. Joseph, MO, 21 novembre 1904 - New York, 19 maggio 1969) (che sconfisse in una
memorabile jam-session svoltasi al Cherry Blossom
di Kansas City dando credito e
lustro a tutti i musicisti della città che già negli anni Trenta stavano
suonando in uno stile sempre più diverso da quello dei colleghi newyorkesi) e
spiegò come i modelli che imitava in gioventù fossero alla base del suo suono
anche negli anni della maturità. Raccontò in proposito anni dopo:
«Frankie
Trumbauer
(Carbondale, Illinois 30 marzo 1901 -
Kansas City, MO 11 luglio 1956)
e Jimmy Dorsey erano i due grandi rivali dell'epoca e, alla fine, io
mi resi conto che mi piaceva Frankie Trumbauer.
Trumbauer era il mio idolo.
Quando avevo cominciato a suonare comperavo tutti i suoi dischi. Credo di essere
ancora capace di suonare i suoi assoli che avevo imparato da quei dischi.
Suonava il C Melody sax. Io cercai di ottenere sul sassofono tenore il suono di
un C Melody sax. Questa è la ragione per cui il mio suono è diverso da quello
degli altri. Trumbauer sapeva sempre raccontare una piccola storia. E mi piaceva
il modo in cui sfiorava le note. Anzitutto esponeva la melodia, e poi suonava
attorno alla melodia»[2].
Le scelte artistiche di
Lester Young si dimostrarono indovinate, tanto che le frasi dei suoi assoli
diventeranno un esempio da imitare per tutti i ribelli del Bebop.
Roy Eldridge
(Pittsburgh, Pennsylvania 30
gennaio 1911 - Valley Stream, NY 26 febbraio 1989), dopo aver iniziato la carriera suonando in complessi di non
grande rilevanza, formò la sua personalità artistica tra la fine degli anni
Venti e i primi anni Trenta ispirandosi ai trombettisti Red Nichols
(Ogden,
Utah 8 maggio 1905 - 28 luglio 1963) e Rex
Stewart
(William,
Philadelphia, 22 febbraio 1907 - Los Angeles, 7 settembre 1967), ma soprattutto ai sassofonisti Coleman Hawkins
e Benny Carter
(Bennett Lester, New York, 8 agosto
1907)
dei quali
cercò di riprodurre sulla tromba il veloce e articolato fraseggio. Determinante
per la sua crescita artistica fu anche l'ascolto di Louis Armstrong che colpì
Eldridge per la sua capacità di suonare con grande tensione senza usare molte
note. Fu proprio la capacità di combinare le peculiarità dei musicisti sopra
citati, si alternare velocità di esecuzione e sviluppo melodico a dare una
fisionomia personale e nuova agli assoli di Roy Eldridge. Suonò con le orchestre
di Teddy Hill e Fletcher Henderson e alla fine degli anni Trenta si affermò
definitivamente con i dischi
Heckler's
hop,
Wabash stomp
e
After you've gone. Don Ferrara, quando
passò in rassegna i migliori trombettisti di jazz per la rivista "Metronome",
scrisse di lui:
«Così completa era la padronanza del volume che era capace di sussurrare con una
meravigliosa calda intimità e di urlare con magnificenza. Ed egli definì e diede
vita a ciascun grado dinamico intermedio tra quel sussurro e l'urlo. La sua
sonorità era così ampia che costringeva il pubblico ad ascoltare. Tutti
smettevano di chiacchierare quando Roy suonava. Anche quando suonava piano, la
sua voce strumentale era voluminosa... Erano i sentimenti di Roy ad abbassare i
pistoni della sua tromba, non le dita...
La sua musica era così concreta e
disinibita che veniva fatto di pensare che egli avesse una linea diretta coi
suoi sentimenti... La sua musica era piena di fuoco e di vitalità» [3]
Art Tatum
(Toledo,
Ohio 13 ottobre 1909 - Los Angeles, California 5 novembre 1956) si fece notare a New York già nel 1932 come accompagnatore
della cantante Adelaide Hall
(New York,
20 ottobre 1904 - London, 7 novembre 1993), lasciando tutti di stucco. L'anno successivo
furono pubblicati i suoi primi dischi per la Brunswick che lo portarono ancor
più alla ribalta e lavorò all'Onyx Club
di New York, nella 52a Strada.
Venerato come un santone, esempio per tutti i musicisti che lo ascoltarono,
tornò a New York dopo un paio d'anni (1935-1936) trascorsi a Chicago dove si
esibì regolarmente al Three Deuces.
Caratteristiche del suo modo di suonare erano la grande velocità della mano
destra, la grazia e la sensibilità armonica che anticiparono la complessità del
Bebop, l'assoluta imprevedibilità delle sue improvvisazioni che metteva spesso
in difficoltà i suoi partner. A tal proposito ricorda il chitarrista Everett
Barksdale
(Detroit, 28 aprile 1910 - Inglewood, CA, 29 gennaio 1986)
che suonò a lungo con Tatum:
«Diceva sempre che non "udiva" in anticipo ciò che si accingeva a suonare, ma
che si limitava a "sentirlo" e, poiché gran parte di ciò che facevamo era
improvvisato, qualche volta se ne usciva con delle trovate che mi lasciavano
disorientato»
[4]
La creatività e la
tecnica straordinaria di Art Tatum lasciarono un segno indelebile tra i
musicisti che si esibirono al Minton's in quegli anni.
Jimmy Blanton
(Chattanooga, TN, ottobre 1918 -
Los Angeles, 30 luglio 1942), fu scoperto a St.Louis a diciannove
anni da Duke Ellington che immediatamente lo invitò a far parte della sua
orchestra. Secondo molti critici la compagine di Ellington proprio all'inizio
degli anni Quaranta espresse il meglio di se grazie anche al contributo di
Blanton che conferì alla band quella compattezza ritmico-armonica che spesso era
venuta a mancare in precedenza nonostante l'eccezionale abilità dei fiati e la
ricchezza di sfumature. Blanton ha letteralmente rivoluzionato la tecnica del
contrabbasso ampliandone le possibilità tecniche ed espressive: usava lo
strumento come fosse un fiato, con una straordinaria capacità di articolazione
ritmica, anticipando la funzione che avrebbe avuto nel Bop. Queste
caratteristiche si percepiscono in maniera inequivocabile nelle incisioni
realizzate tra il 1939 e il
1940 in duo con Duke Ellington, aprendo ai
bassisti anche la strada del solismo. Morì giovanissimo, per una polmonite nel
1942, proprio nel momento in cui la rivoluzione del Bebop stava giungendo a
compimento.
Jimmy
Blanton & Duke Ellington
1940
-
Klf Music
Acquistabile da
Vitaminic
In a Mellow Tone
(Real Audio)
(5
settembre 1940)
Body and Soul
(Real Audio)
(1 ottobre 1940)
Al Minton's era presente un numero così
alto di musicisti da non far mai mancare la grande musica e gli scontri tra i
solisti di varie generazioni portarono ad una inesorabile evoluzione del
linguaggio che nel giro di quattro anni (dal
1941
al
1944) dissolse lo swing
tramutandolo in
Bebop.
Nel maggio
1941
un tecnico dilettante, appassionato di jazz e studente della Columbia
University, Jerry Newman, realizzò delle registrazioni al
Minton's
ed al Clark Monroe's
Uptown House
(198 West 134th Street, NYC),
altro locale dove si cominciava ad ascoltare musica nuova. Queste registrazioni,
imperfette dal punto di vista tecnico, sono una testimonianza preziosa di quelle
notti.
Si percepisce chiaramente la partecipazione e l'esaltazione del pubblico
e si riconoscono gli stili dei vari musicisti presenti.
Al Minton's il solista principale è
Charlie Christian ancora in forma smagliante (morirà di tubercolosi nel
1942) e
già si può ascoltare un Kenny Clarke rivoluzionario. Secondo Ross Russell
(Los Angeles 18 marzo 1909 - Palm
Springs, 31 gennaio 2000):
«Clarke fu veramente il fondatore del nuovo stile delle percussioni. Si sente un
beat pieno di forza, un delizioso impasto poliritmico e un'insolita
consapevolezza delle esigenze del solista»
[5]
Gli interventi di
Thelonious Monk, all'epoca considerati molto strani, apriranno al piano-jazz
nuovi orizzonti espressivi condizionando anche lo stile improvvisativo di altri
musicisti che svilupparono dalle armonie di Monk idee moderne. Nelle
registrazioni del 1941
al Minton's si può ascoltare anche l'allora ventitreenne
John Birks "Dizzy" Gillespie
(Cheraw, SC, 21 ottobre 1917 -
Englewood, NJ, 6 gennaio 1993) in un breve inciso nel quale risulta ancora acerbo lo stile
del trombettista del South-Carolina che solo successivamente troverà la sua
strada. Tuttavia, nonostante le chiare innovazioni apportate alla musica da
Clarke e Monk, si percepisce nelle registrazioni di Newman la mancanza di uno
strumentista a fiato in grado di esprimere assoli all'altezza dei due colleghi e
di trascinarli a suonare in modo ancor più rivoluzionario. In realtà un
sassofonista con queste caratteristiche era già presente a New York, ma era
attivo al Monroe's Uptown House, un cabaret tra la Centotrentatreesima Strada e
la Settima Avenue dove, dopo l'ultimo show, cominciava a suonare il complesso del
trombettista
Vic Coulsen che accoglieva chiunque avesse voluto partecipare alla session. Era
uno strumentista fantastico, capace di suonare a velocità sbalorditive e con una
forza inaudita: era Charlie Parker
(Kansas
City, 29 agosto 1920 - NY, 12 marzo 1955), colui che più di tutti contribuirà alla
nascita ed allo sviluppo del Bebop.
Charlie Parker nasce a Kansas City nel
1920 e riceve la sua educazione
nel ghetto nero della grande città del Missouri. La madre, una donna delle
pulizie presto abbandonata dal marito, lavorava nelle ore notturne e Charlie,
che frequentò per qualche anno senza particolari entusiasmi la Lincoln High
School, proprio di notte si intrufolava nei cabaret del quartiere nero con il
preciso intento di ascoltare le orchestre di jazz. All'età di quindici anni era
già sposato con la diciannovenne Rebecca Ruffin, aveva già fatto le prime
esperienze con la droga e, dopo aver abbandonato la scuola, poteva considerarsi
un musicista professionista. I suoi modelli, in gioventù, furono i grandi
sassofonisti di Kansas City, in particolare Lester Young, del quale riproduceva
gli assoli con il suo sax contralto, e Henry "Buster" Smith
(Alfdorf,
TX, 24 agosto 1904 - Dallas, 10 agosto 1991), detto il Professore, che
aveva suonato con i Blue Devils e con le orchestre di
Bennie Moten
(Kansas City, MO, 13 novembre 1894
- Kansas City, 2 aprile 1935)
e Count
Basie
(Red Bank, NJ, 21 agosto 1904; - Hollywood, 26
aprile 1984). In quel periodo a Kansas City le opportunità per suonare erano
innumerevoli: il potente Tom Pendergast gestiva tutti gli affari, i traffici e
gli intrighi, e la musica era un ingrediente essenziale di certi traffici e si
ascoltava dappertutto. In questo contesto anche compagini di livello mediocre
riuscivano ad avere una spazio e proprio in una orchestrina dilettantistica,
quella diretta dal pianista Lawrence Keyes, Charlie cominciò ad esibirsi nel
1934 a soli quattordici anni. In quel periodo di apprendistato suonò anche con
la band di Tommy Douglas
(Eskridge, KS, 9
novembre 1906 - Sioux Falls, SD, 9 marzo1965).
La scuola delle jam-session al Reno Club
(12th Street, between Cherry Street and Locust Street, Kansas City, MO)
ed al Sunset
Club (12th and
Highland,
Kansas City, MO), locali nei quali il giovane Parker si recava con maggiore interesse,
insieme ai suoi sforzi per personalizzare la sua musica, lo portarono ad essere
un musicista di primo piano già nel
1937, anno in cui ebbe scritture in due
delle migliori orchestre della zona, quelle di Buster Smith e di Jay McShann
(James Columbus;
Hootie,
Muskogee, OK, 12 gennaio 1916)
ed
in quella di George Ewing Lee
(Booneville, MO, 28 aprile 1896 -
San Diego, 2 ottobre 1958). Il contrabbassista Gene Ramey
(Austin,
TX, 4 aprile 1913 - Austin, 8 dicembre 1984), che suonò spesso con
Parker in quegli anni, ricorda:
«Dal tipo risibile che era, Charlie si era
trasformato in un sassofonista degno di essere ascoltato. Ora non aveva più
quella sonorità dolciastra. Ne aveva una sua personale: nitida e senza molto
vibrato. Le sue idee erano ancora bizzarre, roba come i raddoppi del tempo e
certe strambe modulazioni fuori dalla tonalità, ma ora avevano un senso.
Conosceva a memoria tutti gli assoli di Lester Young, un Lester che suonasse l'Alto, ma si
avvertiva già qualcosa di suo. E questo qualcosa faceva molta differenza» [6]
Il suo caporchestra Jay
McShann, parlando delle partecipazioni di Parker a certe jam-session ha detto:
«Quello che soprattutto contava nelle jam-session erano le idee musicali.
Charlie era in grado di reggere il confronto coi colleghi più anziani, alcuni
dei quali avevano già anni di esperienza nelle grandi orchestre.
Era uno strano ragazzo, molto
aggressivo e informato su tutto ciò che accadeva»
[7]
A diciotto anni diventa
padre, ma questo non fu sufficiente a farlo rimanere a casa. Si trasferisce a
Chicago dove suona con l'orchestra di Billy Eckstine
(William Clarence, Pittsburgh, 8 luglio 1914 -
Pittsburgh, 8 marzo 1993)
e arriva, successivamente,
a New York dove raggiunge il suo vecchio maestro e caporchestra Buster Smith
che
raccontò più tardi:
«Aveva un aspetto veramente spaventoso quando venne da me.
Aveva tenuto la scarpe ai piedi per tanto tempo che le sue gambe si erano
gonfiate. Ha abitato in casa mia per un bel po'... Durante il giorno mia moglie
lavorava e io me ne andavo in giro a darmi da fare e lo lasciavo a casa a
dormire nel mio letto. Poi usciva, suonava tutta la notte da qualche parte e
quindi tornava e andava a dormire nel mio letto. Lo facevo uscire nel pomeriggio
prima che mia moglie rientrasse. A lei non piaceva che dormisse nel nostro letto
perché non si spogliava prima di coricarsi. Lui se ne andava al Monroe's e
suonava tutta la notte. I ragazzi cominciavano ad ascoltarlo attentamente»
[8]
Oltre al Clark Monroe's,
Parker lavorò anche al Jimmy's Chicken Shack
(un elegante locale di Harlem) come
sguattero per nove dollari a settimana: era interessato ad ascoltare Art Tatum
che si esibiva lì e che colpì in modo particolare Charlie per la freschezza
delle frasi nei suoi assoli e per l'impareggiabile capacità tecnica. Quando il
pianista se ne andò, scritturato in un locale di Hollywood, si licenziò anche
Parker. Successivamente lavorò al
Parisien Ballroom, una sala da ballo vicino a
Times Square e, dopo essere tornato a Kansas City per il funerale del padre, si
diresse nuovamente verso New York dove dal
1939
al
1942
farà di nuovo parte
della compagine di Jay McShann. In questo periodo il sassofonista di Kansas City
mise a punto il suo stile e realizzò le prime incisioni.
La prima avvenne a
Wichita: il 9 agosto 1940, di venerdì, al Trocadero Ballroom
con una formazione dell'orchestra di
McShann che registrò Jumpin' At the Woodside
e
I Got Rhythm
con il seguente
organico:
Buddy
Anderson e Orville Minor,
trombe
Bud Gould, trombone
John Jackson, sax
alto
Charlie Parker, sax
alto
Bob Mabane,
sax
tenore
Jay McShann, piano
Gene Ramey, basso
Gus Johnson,
batteria
Ne seguì una
seconda il 30 novembre
1940, di sabato, sempre
a Wichita, in una trasmissione radio KFBI, in cui registrarono i brani
I Found a New Baby
()
e Body and Soul
(MP3 1.4MB ) con la seguente formazione:
Buddy
Anderson e Orville Minor,
trombe
Bud Gould, trombone e
violino
William Scott, sax tenore
Charlie Parker, sax
contralto
Jay McShann, piano
Gene Ramey, basso
Gus Johnson,
batteria
Il lunedì successivo, il
2
dicembre, la stessa formazione, con la sola eccezione di William
J. Scott che venne
sostituito al sax tenore da Bob Mabane, per la stessa trasmissione radio
registrò
Honeysuckle Rose
(),
Lady Be Good
(),
Coquette
(),
Moten Swing
()
e
Wichita Blues
().
In queste due sedute Parker già spicca
sugli altri in maniera inequivocabile: in
Honeysuckle Rose
() il tempo è vicino a 300 di metronomo, quasi impossibile
per gli altri fiati, ma non per Bird (il nome con il quale Charlie era sempre
più spesso chiamato) che entra dopo l'incerto assolo di tromba in maniera
impetuosa, suonando frasi condite di seconde e settime maggiori e di accordi
diminuiti, usando quel raddoppio di tempo che diventerà caratteristico del
Bebop. In
Lady Be Good
() si percepisce
chiaramente la perfetta conoscenza che Parker ha di Lester Young, riuscendo a
suonare come il suo maestro tenorista, ma ad un tempo più veloce: alternanza di
suoni lunghi e corti, contrasti di suono ottenuti con diteggiature diverse,
linea melodica che rapidamente sale e scende sono tutte caratteristiche che Bird
ha ereditato da Lester Young.
L'altra incisione da ricordare, in
questa fase, è quella di Dallas effettuata per la Decca il
30 aprile 1941.
L'orchestra di McShann al completo registrò
Swingmatism (), un brano inedito,
Hootie Blues
(), arrangiato da Charlie e
Dexter Blues (); McShann eseguì da solo due
blues veloci al piano e Walter Brown cantò
Confessin' the Blues () con
l'accompagnamento della sezione ritmica (McShann, Ramey, Gus Johnson).
Quest'ultimo brano fu il più gradito dal pubblico e il relativo disco balzò in
testa alla hit-parade del rhythm and blues. Sul retro di
Confessin' the Blues venne inserito
Hootie Blues, brano apparentemente meno riuscito, ma che conteneva, tra
l'introduzione orchestrale e la parte cantata da Walter Brown, dodici battute di
sax contralto della durata di circa trenta secondi (metronomo=100) che
rivelarono una concezione jazzistica completamente nuova. Ci sono ben sette
cadenze, una serie di salite e discese vertiginose, ed anche gli intervalli più
comuni (terza, quinta e tonica) eseguiti in maniera diversa.
"Hootie" rappresenta
una pietra miliare nel jazz, nonostante la breve durata del solo del sax alto e
molti musicisti rimasero folgorati da questa esecuzione.
Racconta Sonny Criss
(Memphis,
23 ottobre 1927 - Los Angeles, 19 novembre 1977),
una futura stella del jazz che studiava l'alto a Los Angeles dove comperò il
disco:
«Non c'era il nome del sassofonista né sull'etichetta né su nessuna
rivista musicale. Sapevo solo che un musicista che forse non avrei mai
conosciuto o risentito aveva scoperto una strada nuova nel blues. Quell'assolo
di Hootie Blues mi aprì un orizzonte
del tutto nuovo»
[9].
Charlie Parker,
quindi, alla fine del
1941 (a soli 21 anni!)
era già un personaggio di primo piano nel mondo del jazz e stava apportando
quelle modifiche al linguaggio che porteranno dirette alla rivoluzione del
Bebop.
Sfortunatamente non ci sono
pervenute registrazioni di Parker che suona al Monroe's nel 1941 in quanto
Newman non amava le esecuzioni di Bird, preferendo i sassofonisti più
«ortodossi» come Benny Carter e Herbie Fields
(Elizabeth, NJ, 24 maggio 1919 - Miami, 17 settembre 1958). Solo un anno più tardi comparirà un
altro tecnico dilettante, Dean Benedetti, che, al contrario, avrebbe
spento il suo registratore su chiunque, ma non su Charlie del quale aveva capito
il genio musicale.
Le voci sulle performance di Parker nell'autunno del 1941 circolavano
sempre più fitte nell'ambiente e al Minton's si cominciò a parlare di questo
sassofonista che suonava l'alto come Lester Young, ma due volte più veloce.
Kenny Clarke e Thelonious Monk erano scettici nei riguardi di queste notizie,
considerando Lester Young imbattibile al sax e avendo come massimo esempio di
suonatore di alto Johnny Hodges
(Cambridge, Massachussets 25 luglio 1907 - New York, 11
maggio 1970)
che già da un decennio si esibiva ad altissimi
livelli nell'orchestra di Duke Ellington, ma con un linguaggio assai diverso da
quello che stava prendendo corpo al Minton's. Una sera, però, Clarke e Monk
decisero di andare al Monroe's a controllare di persona cosa succedeva e
trovarono un uomo più giovane di loro, occhiali scuri sportivi, abiti non
stirati che suonava chorus su chorus come se la musica fosse l'unica ragione di
vita.
Ricorderà anni dopo Clarke:
«Bird suonava roba che non avevamo mai
sentito. Faceva col sax quello che credevo di aver inventato io con la batteria.
Era due volte più veloce di Lester Young e con accordi che Lester non aveva mai
toccato. Bird correva nella nostra stessa direzione, ma era molto più avanti di
noi. Forse non aveva compreso fino in fondo cosa aveva creato... Bird non parlò
molto. Fu calmo e riservato, mite. Dopo avergli dato un paio di dollari, gli
proponemmo di trasferirsi dal Monroe's al Minton's. Teddy Hill si rifiutò di
pagare un altro uomo, così decidemmo di fare una colletta e dargli qualcosa. Lo
invitati a stare nell'appartamento che dividevo con Doc West, altro batterista e
buon cuoco. Cominciammo a farlo mangiare. Era magro e affamato. Fin allora aveva
cercato di sopravvivere con il "piatto" del Monroe's. Ben presto il Minton's
divenne un posto poco gradevole per la vecchia guardia. Dizzy cominciò a venire
regolarmente e così gli strumenti furono quattro: tromba, sax alto, piano e
batteria. Era questa la formazione che doveva sfondare, con l'aggiunta di un
buon bassista. Una notte, dopo settimane di tentativi, Dizzy riuscì a battere
Roy Eldridge. Una sola notte tra tante, ma per noi fu il via. Roy era in
cattedra da anni. Questo ci diede una gran forza. A rendere le cose ancor più
ostiche per gli estranei, inventavamo riff sempre più difficili. Gli uomini
dello swing che volevano suonare con noi si trovavano malissimo. E poi per forza
smettevano di suonare. Quando il Minton's chiudeva, andavamo a mangiare e
suonare fino a mattina al Monroe's. Non sapevamo dove saremmo andati a finire
con quella musica. Però ci divertivamo e ci sfogavamo»[10].
Le jam-session del
Minton's nel 1941, in definitiva, servirono soprattutto a far nascere legami di
amicizia fra i futuri esponenti del jazz moderno e a far in modo che le ricerche
dei singoli musicisti cominciassero a convergere per arricchire un linguaggio
che stava acquisendo una forma sempre più chiara.
[1]
Citato da "Birds Live!" di
ROSS RUSSELL, Milano Libri Edizioni , Milano 1978, p.82
[2] Citato da NAT HENTOFF nell'articolo "Pres" in "Down Beat", 7 marzo 1956.
[3] Da Metronome, giugno 1956.
[4] Riportato da ORRIN KEEPNEWS nel capitolo "Art Tatum" in "The jazz makers".
[5] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit., p.84.
[6] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit.
[7] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit.
[8] Da Buster and Bird. Conversation with Buster Smith, in THE JAZZ REVIEW,
febbraio 1960.
[9] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit.
[10] Da "Birds Live!" di ROSS RUSSELL, op. cit.
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Data pubblicazione: 14/11/2001
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