Nei primi decenni del
XVI secolo, all'indomani della scoperta
dell'America, i sempre più numerosi conquistadores cristiani che
ripercorsero dalla Spagna la via delle caravelle di Colombo, non ebbero grosse
difficoltà ad impossessarsi delle coste americane e dei territori che, fino al
loro arrivo, formavano gli imperi azteco e inca, grazie anche all'arretratezza
tecnica e militare degli indios d'America.
Lo sfruttamento dei fertili terreni e
delle ricche miniere d'oro e d'argento, dopo il depredamento delle ricchezze
monumentali, fu subito praticato su larga scala. L'unico problema che si pose fu
quello della manodopera: gli indios non reggevano alle fatiche del lavoro della
terra così come era organizzato dai conquistatori europei, non riuscivano ad
adeguarsi al lavoro forzato per l'estrazione dei metalli, la loro mortalità era
elevata e le fughe numerose. Fu così che, già nel 1502,
Spagna e Portogallo si
accordarono per una soluzione: gli egemoni neri dell'Africa vennero indotti a
dirottare sulle navi portoghesi dirette in America il secolare traffico di
schiavi che una volta si dirigeva verso il Mediterraneo. I neri,
fisiologicamente più forti, si adattarono al duro lavoro e trovarono in America
un ambiente che, nonostante la durezza del regime schiavistico, ne favorì la
riproduzione. Nell'America colonizzata, quindi, venne a crearsi un vero e
proprio sistema feudale in cui una classe relativamente ristretta di bianchi (i
creoli), entrata in possesso di diritti su terre e persone, dominava una massa
di miseri e arretrati indios semiliberi e di schiavi neri e meticci.
La presenza nera in America divenne sempre più numerosa e il 1619
costituisce un utile punto di partenza storico come data del primo massiccio
trasferimento di uomini di colore nelle terre colonizzate visto che, fino a quel
punto, i neri erano deportati per svolgere lavori occasionali finiti i quali
spesso venivano uccisi. Dopo il 1619 gli africani occidentali costituivano circa
l'85% degli schiavi importati in America, ma non potevano certo considerarsi
degli americani: erano costretti a svolgere i lavori più duri e non avevano, a
livello umano, nessuna possibilità di comunicare con i loro padroni e con tutto
il mondo bianco che li circondava. E' da questa situazione che il nero ha dovuto
ricercare la sua dimensione in America, attraverso una alternanza di conquiste e
delusioni che hanno caratterizzato la sua esistenza nel Nuovo Mondo.
Nel Settecento
il numero degli schiavi
continuò ad aumentare fino a
costituire, alla vigilia della Rivoluzione Americana, più del 30% della
popolazione totale. Dalla Rivoluzione Americana (scoppiata per liberarsi dalla
tirannia inglese) al 1793, anno in cui fu inventata la macchina per separare le
fibre di cotone dai semi, si sviluppò negli Stati dell'estremo Sud e del South
Carolina una notevole opposizione alla schiavitù e al commercio degli schiavi,
tanto che il 24 ottobre 1774
il Congresso Continentale
stabilì che dal 1
dicembre di quell'anno gli schiavi non potessero essere né importati, né
acquistati.
Purtroppo ciò che aveva stabilito il Congresso Continentale fu solo
parzialmente rispettato e la situazione generale non cambiò in maniera
determinante. Nel 1775 si costituisce la prima associazione antischiavista e
durante gli anni successivi gli Stati del Rhode Island, del Connecticut
e della
Pennsylvania approvano leggi tendenti alla progressiva abolizione della
schiavitù.
Dal 1793, con la nascita e il progressivo sviluppo del cosiddetto
Regno del Cotone, gli schiavi neri furono impiegati essenzialmente per i lavori
nei campi e la tendenza all'abolizione della schiavitù negli Stati del Sud subì
una inversione di tendenza vista la crescente necessità di manodopera.
Ai primi
dell'Ottocento la
Nuova Inghilterra poteva ormai competere con i
paesi europei nella produzione e nel commercio di cotone, ma i neri versavano
ancora nelle stesse condizioni e furono anche utilizzati nelle piantagioni di
canna da zucchero nella Louisiana. Ci si trovò, in definitiva, in una situazione
paradossale: spesso venivano approvate in vari Stati leggi contro la schiavitù,
ma raramente erano applicate e nel XIX secolo anche i neri teoricamente liberi
del Nord (circa 225.000 nel 1860) erano sottoposti a notevoli limitazioni.
L'Ottocento, comunque, fu il secolo nel quale i neri cominciarono ad
organizzarsi in maniera più competitiva per combattere l'oppressione, tanto che
le rivolte degli schiavi andarono aumentando notevolmente, causando spesso
perdite economiche e di vite umane tra i bianchi. Un momento importante per gli
schiavi fu la Guerra Civile scoppiata nel 1861
che oppose il Sud agricolo
dove
proliferava la schiavitù al Nord industriale. La vittoria dei nordisti portò
alla emancipazione dei neri del Nord che ebbero una parte considerevole in quel
successo: circa 186.000 soldati di colore presero parte a 198 fra
battaglie e
scaramucce, subendo la perdita di 68.000 unità tra morti e feriti.
Il 1 gennaio
1863, in qualità di comandante in capo dell'Esercito e della Marina,
Lincoln
(1809 - 1865) proclamò ufficialmente l'emancipazione degli schiavi e il 18 dicembre 1865
venne
abolita la schiavitù in ogni parte degli Stati Uniti.
Tra il 1869 e il
1877 due
neri entrarono al Senato degli Stati Uniti e quattordici alla Camera e nel 1875
la Terza Legge sui diritti civili dispose che
ogni persona entro i confini degli
Stati Uniti aveva diritto ad
«usufruire pienamente ed egualmente delle
concessioni, agevolazioni e privilegi di alberghi, trasporti pubblici sia
terrestri che marittimi, teatri ed altri luoghi di divertimento pubblico,
sottoponendosi soltanto alle condizioni ed alle limitazioni stabilite dalla
Legge, ed egualmente applicabili ai cittadini di ogni razza e colore,
indipendentemente da precedente condizione di servitù».
Dopo qualche anno di tregua politica, la questione venne riaperta dal
presidente Benjamin Harrison
(1833 - 1901) il quale, nel primo messaggio al Congresso
(3
dicembre 1889), affermò chiaramente di non nutrire molte speranze che il Sud
avrebbe potuto garantire alle persone di colore i diritti politici e civili.
Fortunatamente i progetti politici di Harrison, grazie a forti opposizioni, non
furono portati a termine e, al contrario, negli ultimi anni del XIX secolo si
sviluppò una maggiore capacità di coesione tra bianchi e neri.
Nonostante tutto, però, la popolazione di
colore continuava in generale ad occupare una posizione marginale nel contesto
sociale americano e per un nero era ancora molto difficile aspirare ad occupare
un posto di rilievo nella società che, in una situazione di crescente
industrializzazione, evitava di inserire i neri nelle fabbriche.
Le precarie condizioni economiche e le intimidazioni, le frodi, le
violenze con le quali si impediva agli uomini di colore di votare, avevano
provocato nel 1879 un esodo di neri dal Sud verso il
Kansas e verso alcuni
altri Stati, seguito da migrazioni negli anni successivi che non servirono,
però, a trovare situazioni incoraggianti.
Ai primi del
Novecento, quindi, la maggior parte dei contadini neri, a
parte il bene prezioso della libertà, non erano nel Sud degli Stati Uniti in
condizioni molto migliori di quelle in cui versavano ai tempi della schiavitù ed
erano spesso sottoposti a veri e propri linciaggi. Dalla fine dell'Ottocento
all'ingresso degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale due forze contrarie
diedero forma alla vita nei neri. Una di queste forze, il consolidamento del
fenomeno della privatizzazione dei diritti elettorali e della segregazione nel
Sud, li spinse più in basso di quanto fossero mai stati; l'altra, la rivolta
degli intellettuali neri appoggiati dai liberali del Nord, li trasse verso
l'uguaglianza politica, culturale, economica e sociale. E' in questo contesto
che si ci avvicina al primo conflitto mondiale nel quale il contributo nero
all'esercito americano fu rilevante e al termine del quale una parte della
popolazione di colore cominciò ad inserirsi con maggiore profitto nelle maglie
della civiltà bianca ed un'altra, che viveva ancora tra mille stenti, iniziò a
ribellarsi in modo sempre più pressante.
Le speranze nere subirono un altro duro colpo con la
grande crisi del
1929 dovuta al crollo della Borsa che fece perdere il lavoro prima degli altri
alla gente di colore la quale dovette tirare avanti grazie a miseri sussidi per
la disoccupazione. Solo nel 1935
cominciarono ad essere di nuovo offerti posti
di lavoro anche ai neri ormai americanizzati, ma nel periodo che porta agli anni
Quaranta i neri del Sud ancora non pronto avevano trovato una dimensione
soddisfacente in terra statunitense ed il Bebop
era ormai a far sentire la
propria voce.
Negli anni
Quaranta l'espressione più attuale della tradizione musicale
afro-americana era quella urbana, sviluppatasi nel contesto della vita dei neri
nelle grandi città industriali. La figura del nero, intanto, era andata via
modificandosi e, se la Prima Guerra Mondiale e la depressione avevano dato vita
al nero moderno, il periodo a cavallo della Seconda Guerra Mondiale provocò un
cambiamento ancor più radicale nella sua psiche. Ad esempio, la partecipazione
delle «Unità Negre» delle forze armate americane alla Seconda Guerra Mondiale fu
molto più cospicua rispetto alla prima e, soprattutto, il loro ruolo fu
decisamente più rilevante, tanto che, in molti casi, furono schierate al fianco
delle unità bianche.
Le cifre ufficiali della NAACP
(National Association for the Advancement of
Colored People), a tal proposito, parlano
chiaro: nella Prima Guerra Mondiale c'erano 404.348 soldati e 1.353 ufficiali
neri, nell'ultima guerra i soldati furono circa 905.000 e gli ufficiali circa
8.000. Si evince da tali cifre che, se il numero dei soldati era poco più che
raddoppiato, quello degli ufficiali era aumentato di quasi sei volte, a
testimonianza della crescente presenza di gente di colore in posti di
particolare responsabilità. I neri stavano sviluppando sempre più il senso di
partecipare alla società, e ciò non riguardò solo la borghesia come dimostrato
dalla quasi canonizzazione di Dorie Miller
(uno dei primi neri morti in guerra
a Pearl Harbor) che coinvolse quasi tutti i neri della nazione.
Il mondo al di fuori dell'America si rivelò al popolo nero grazie al
carattere spiccatamente internazionale che ebbe la Seconda Guerra Mondiale.
Anche la musica non rimase insensibile all'evento e nacquero diversi blues sulla
guerra interpretati da vecchi cantanti.
Tra le comunità negre era molto popolare
la canzone «Are you
ready?» che esaltava l'eroismo dei neri in guerra e che,
proprio nel titolo, contiene una espressione che cominciava ad essere sempre più
usata tra i neri di quei tempi per significare «Sei pronto?» (ad entrare
nell'America bianca), mentre l'espressione «non è pronto» acquisiva un
significato spregiativo ed era adoperata da certe persone di colore
autonominatisi guardiani delle convenzioni sociali bianche nei riguardi dei
neri più volgari. Anche gli stipendi che i neri ottenevano lavorando nelle
varie industrie belliche sparse nella nazione non erano da disprezzare e
l'arsenale di New Jersey, in particolare, era considerato un luogo dove si
poteva fare molto denaro.
Ma la accresciuta conoscenza e consapevolezza da parte dei neri del
contesto sociale in cui vivevano, finì per alimentare un risentimento sempre
meno controllabile nei riguardi delle ingiustizie sociali che continuavano ad
essere imposte. In particolare i giovani tornati dalla guerra, dopo aver messo a
repentaglio la vita per la nazione, dovevano scoprire di essere ancora
considerati appartenenti ad una specie subumana in una America che li tollerava
solo finché rimanevano al loro posto. Erano riusciti a guadagnare di più nelle
attività connesse al tempo di guerra, ma al termine della stessa erano tornati
nei ghetti della grandi città statunitensi.
Il malcontento e la rabbia sfociarono sempre più spesso in episodi di
violenza razziale e, ripetendo un fenomeno già avvenuto durante e dopo la Prima
Guerra Mondiale, rivolte sanguinose scoppiarono in tutti gli Stati Uniti. La più
rilevante fu, probabilmente, la rivolta di Harlem avvenuta nel 1943, durante la
quale i neri ruppero vetrine e finestre delle proprietà bianche della zona e
minacciarono i poliziotti. Altre rivolte, come quella di Cicero (un sobborgo di
Chicago), trassero origine dalla volontà di alcuni neri di acquistare delle
case col loro denaro.
Intanto, come trent'anni prima, si verificarono grandi migrazioni verso
il Nord, provocando analoghe rivolte a Detroit e Newark. Sorsero movimenti
sociali che sfociarono nella formazione di organizzazioni per combattere le
disuguaglianze come ai tempi della Prima Guerra Mondiale. Una delle più efficaci
fu, nel 1941, il movimento
March-on-Washington, i cui componenti minacciarono di
marciare sulla capitale in caso di mancata inclusione nel Programma per la
Difesa, provocando la firma da parte del presidente Franklin D. Roosevelt
(1933-1945) dell'ordine
esecutivo che avrebbe dovuto impedire ai fornitori del governo di praticare la
discriminazione. Lo stesso comitato che aveva dato vita al movimento
March-on-Washington riuscì ad ottenere, successivamente, l'istituzione del Fair
Employment Practices Committee, organo incaricato di garantire eque
assunzioni.
L'aumentato tenore di vita dell'americano nero in quegli anni è
testimoniato anche dalla maggiore percentuale dei neri che terminavano gli
studi nelle scuole superiori e che riuscivano ad accedere al college, anche per
merito delle provvidenze sull'istruzione contemplate dal «G.I.Bill», la legge
per l'esercito.
Nel Sud, per esempio, «nell'anno 1933-34, solo il
19% dei
bambini neri in età da frequentare le scuole superiori le frequentava» [1], mentre solo sei anni
dopo, nel 1940, la percentuale era salita al
35% (sempre nel Sud).
Edward
Franklin Frazier
(1894 - 1962) rileva anche che, sempre nel 1940,
«circa doppio rispetto alle città del Sud era
il numero di neri delle città settentrionali che avevano ricevuto da uno a
quattro anni di istruzione superiore».
In definitiva, negli anni della grande guerra e nel periodo
immediatamente successivo si realizzarono nuovi attacchi all'ingiustizia sociale
ed economica legalizzata. Il periodo di caos economico verificatosi durante la
depressione degli anni Trenta era stato durissimo per i neri i quali, impegnati
nella lotta per la sopravvivenza, avevano momentaneamente smarrito parte del
loro slancio contro le ingiustizie sociali. Ma, attorno al 1945, la rabbia, la
voglia di far valere i propri diritti, rafforzate dalla consapevolezza di essere
diventati comunque determinanti nella vita americana, tornarono a farsi sentire,
denunciando quel senso di oppressione che aveva ormai raggiunto livelli di
irreversibilità.
[1]
Citato da E.FRANKLIN FRAZIER, The Negro Family in the United States (1939).
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Data ultima modifica: 18/11/2006
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