La
presente tesi tratta la nascita e lo sviluppo del Bebop fino al 1948, anno in cui, con la
comparsa del nonetto di Miles Davis e il conseguente avvento del «Cool-jazz»,
l'evoluzione del linguaggio jazzistico imboccò una strada diversa.
I primi due
capitoli, riguardanti la
storia della popolazione di colore in America prima e durante il periodo nel
quale il Bop muove i primi passi e le trasformazioni del jazz dalle origini
all'era dello Swing, sono sembrati indispensabili per meglio chiarire le
motivazioni sociali ed artistiche che hanno guidato i protagonisti della nuova musica verso una vera e propria
rivoluzione.
All'inizio degli anni Quaranta le grandi orchestre di jazz (a parte le
bands del Southwest orientate verso il blues, Ellington e i musicisti fedeli
alla vecchia tradizione di New Orleans) erano state inesorabilmente condizionate
dall'intervento dei bianchi, subendo un inevitabile processo di
commercializzazione. A questo punto la frattura tra i neri che era già andata
delineandosi negli anni precedenti divenne ancor più chiara: da una parte coloro
che vivevano ancora tra privazioni e sottomissione (la gente del blues, definita
da Ralph Ellison
(1914 - 1994) «quelli che non si discostarono dalla loro esperienza popolare
e la accettarono»), dall'altra i neri ormai appartenenti alla borghesia che
avevano perso buona parte delle usanze e della sensibilità artistica tipiche
della loro tradizione.
In un simile contesto si dimostrò che il patrimonio
musicale di origine afro-americana poteva essere conservato ed immesso in una
più ampia tipologia di espressione, che il jazz poteva acquisire una dimensione
prettamente «americana» unita ad una utilità commerciale e, contemporaneamente,
rispecchiare la ampliata prospettiva sociale del negro di città nel periodo
successivo alla grande crisi economica che colpì gli Stati Uniti tra il 1929
e
il 1933.
Avvenne così che il nero borghese, ricordando la schiavitù e i periodi
di grande povertà ed isolamento dal mondo dei bianchi con un senso di vergogna,
finì inesorabilmente per rifiutare il vecchio blues che, in qualche modo, gli
ricordava i tempi passati. A tal proposito è eloquente quanto scriveva Ernest
Ansermet (1882 - 1969) nel 1918 a proposito delle fonti ispiratrici del blues:
«il blues nasce
quando il negro è triste, quando è lontano da casa, lontano dalla madre o
dall'innamorata. Allora pensa a un motivo o a un ritmo preferito e prende il
trombone o il violino o il banjo o il clarino o il tamburo, oppure canta o
semplicemente si mette a ballare. E su quel motivo scandaglia le profondità
della sua immaginazione. Questo gli fa passare la tristezza: è il blues».
Fu
proprio la volontà di mettersi alle spalle la tristezza da parte dei neri
borghesi ad alimentare il continuo infittirsi di comunicazioni con l'America
bianca.
Ma, in quanto espressione di una
America capace di essere celebrata, il jazz più commerciale non poteva
rappresentare gli stati d'animo di una parte della nazione che doveva
giornalmente fare i conti con atti di negazione della dignità umana, avallati
anche dalle leggi oppressive imposte su tutto il Sud degli Stati Uniti. La
musica nera più significativa, coerente con la storia e la cultura di coloro i
quali l'avevano creata, vera espressione popolare di una gente oppressa, viveva
«segreta», nella stessa segregazione cui quella gente era costretta.
Inserisci un commento
©
2001 Jazzitalia.net - Antonio Fraioli - Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 17.834 volte
Data ultima modifica: 26/08/2001
|
|