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Il Bebop: Introduzione
di Antonio Fraioli
antonio.fraioli@libero.it

La presente tesi tratta la nascita e lo sviluppo del Bebop fino al 1948, anno in cui, con la comparsa del nonetto di Miles Davis e il conseguente avvento del «Cool-jazz», l'evoluzione del linguaggio jazzistico imboccò una strada diversa.

I primi due capitoli, riguardanti la storia della popolazione di colore in America prima e durante il periodo nel quale il Bop muove i primi passi e le trasformazioni del jazz dalle origini all'era dello Swing, sono sembrati indispensabili per meglio chiarire le motivazioni sociali ed artistiche che hanno guidato i protagonisti della nuova musica verso una vera e propria rivoluzione.

All'inizio degli anni Quaranta le grandi orchestre di jazz (a parte le bands del Southwest orientate verso il blues, Ellington e i musicisti fedeli alla vecchia tradizione di New Orleans) erano state inesorabilmente condizionate dall'intervento dei bianchi, subendo un inevitabile processo di commercializzazione. A questo punto la frattura tra i neri che era già andata delineandosi negli anni precedenti divenne ancor più chiara: da una parte coloro che vivevano ancora tra privazioni e sottomissione (la gente del blues, definita da Ralph Ellison (1914 - 1994) «quelli che non si discostarono dalla loro esperienza popolare e la accettarono»), dall'altra i neri ormai appartenenti alla borghesia che avevano perso buona parte delle usanze e della sensibilità artistica tipiche della loro tradizione. 
In un simile contesto si dimostrò che il patrimonio musicale di origine afro-americana poteva essere conservato ed immesso in una più ampia tipologia di espressione, che il jazz poteva acquisire una dimensione prettamente «americana» unita ad una utilità commerciale e, contemporaneamente, rispecchiare la ampliata prospettiva sociale del negro di città nel periodo successivo alla grande crisi economica che colpì gli Stati Uniti tra il
1929 e il 1933
Avvenne così che il nero borghese, ricordando la schiavitù e i periodi di grande povertà ed isolamento dal mondo dei bianchi con un senso di vergogna, finì inesorabilmente per rifiutare il vecchio blues che, in qualche modo, gli ricordava i tempi passati. A tal proposito è eloquente quanto scriveva Ernest Ansermet (1882 - 1969) nel
1918 a proposito delle fonti ispiratrici del blues: 

«il blues nasce quando il negro è triste, quando è lontano da casa, lontano dalla madre o dall'innamorata. Allora pensa a un motivo o a un ritmo preferito e prende il trombone o il violino o il banjo o il clarino o il tamburo, oppure canta o semplicemente si mette a ballare. E su quel motivo scandaglia le profondità della sua immaginazione. Questo gli fa passare la tristezza: è il blues».

Fu proprio la volontà di mettersi alle spalle la tristezza da parte dei neri borghesi ad alimentare il continuo infittirsi di comunicazioni con l'America bianca.


Ma, in quanto espressione di una America capace di essere celebrata, il jazz più commerciale non poteva rappresentare gli stati d'animo di una parte della nazione che doveva giornalmente fare i conti con atti di negazione della dignità umana, avallati anche dalle leggi oppressive imposte su tutto il Sud degli Stati Uniti. La musica nera più significativa, coerente con la storia e la cultura di coloro i quali l'avevano creata, vera espressione popolare di una gente oppressa, viveva «segreta», nella stessa segregazione cui quella gente era costretta.

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Data ultima modifica: 26/08/2001





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