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Joe Pass: Have You Met Miss Jones
di Michele Ariodante
miariod@tin.it

Un saluto a tutti i visitatori della sezione di Chitarra 3

Questa volta, dopo Montgomery e Metheny, vorrei continuare questa "galleria" di grandi soli proponendo un chorus firmato dal Maestro Joe Pass, estratto da una splendida versione dello standard "Have you met Miss Jones" contenuta nel CD "Chops" (Ojccd 786 - Pablo 2310 830). 

Questo disco vede Pass dialogare con uno dei suoi partners preferiti, il contrabbassista N.H.O. Pedersen, forse il più grande virtuoso nel jazz di questo strumento e quindi contraltare ideale per i "chops" di Mr. Joseph Anthony Jacobi Passalaqua (nome anagrafico del chitarrista).

Chi ha seguito finora questa sezione avrà notato che cerco sempre di evidenziare le logiche costruttive con cui vengono impostati i soli, prima ancora che non le scale o gli arpeggi adoperati. E' importante però sottolineare che anche queste logiche sono pressocchè illimitate (non esiste quindi una "formula definitiva" da applicare) e possono basarsi sugli elementi più diversi.

Così, se in Montgomery prevaleva la ricerca di un continuo salire e scendere del climax attraverso la concatenazione logica delle frasi, in Metheny era evidente la costruzione tramite lo sviluppo di cellule melodiche base, continuamente riprese e variate. Con Joe Pass abbiamo ancora un altro tipo di approccio: ciò che dà equilibrio alla struttura è l'estrema logicità delle linee a note singole che delineano l'armonia con un procedimento quasi bachiano. Per fare questo Pass adopera come elemento base il pattern, che qui dobbiamo intendere in senso letterale: un modello melodico riferito ad una scala o un arpeggio. Pass ne aveva centinaia a disposizione (probabile eredità dei suoi anni adolescenziali, in cui il padre lo obbligava ad ore e ore di studio ogni giorno) e la sua arte consisteva nel saperli connettere in maniera sempre nuova, variandoli musicalmente grazie alla sua incredibile capacità melodica. 

Vediamo questo chorus nei dettagli: 


 Ascolta Real Audio

Composto nel 1937 da Rodgers e Hart, "Have you met Miss Jones" è in Fa maggiore e presenta la classica struttura AABA di 32 misure. Ciò che maggiormente caratterizza questo standard è la sezione B che tocca le tonalità di Si bemolle, Sol bemolle e Re presentando così il famoso triangolo di terze maggiori
base degli studi sull'armonia realizzati da Coltrane e resi celebri da composizioni quali "Giant Steps", "Countdown" ecc. (per uno studio completo sull'argomento cfr. "Coltrane: a player's guide to his harmony" - by W.Weiskopf & R. Ricker - Ed. Aebersold).

Batt.1-6
Nella trascrizione ho riportato le due battute conclusive del solo di Pedersen perché Pass ne riprende, con orecchio prontissimo, la cellula discendente re-re bemolle-do ripetuta a distanza d'ottava e la adopera come elemento di lancio del proprio solo (batt.1-2). A batt. 3-4 troviamo un esempio da manuale di scala bebop (cioè una misolidia, in questo caso di Do, discendente con settima maggiore di passaggio) sulla cadenza II-V. A cavallo di batt. 4-5 Pass utilizza una variazione (do-re-do) della cellula iniziale per ricollegarsi all'inizio della frase e svilupparla. Da questo momento però termina ogni riferimento all'idea di partenza. 

Batt.7-14
D
a batt.7 a batt.9 sulla cadenza II-V-I, subito dopo un arpeggio di Sol minore esteso fino all'undicesima, ritroviamo la sonorità della scala bebop (presenza del si naturale seguito poco dopo dal si bemolle). In maniera molto raffinata, Pass invece di terminare banalmente la scala discendente di batt.8 con un do sul battere di batt. 9, ne ritarda l'entrata con una nota di volta inferiore (si naturale) e ribadisce il concetto riproponendo la quartina due volte di seguito. Questo è un esempio semplice ma efficace di come si possa rendere musicalmente "creativo" un pattern. Da notare ancora il fa# di batt. 10 che sottolinea il Re7 di passaggio e la scala discendente per seste che si conclude sul successivo Fmaj7.

Batt.15-24
Il passaggio alla sezione B avviene con una lunga frase costruita sulla cadenza II-V-I di Si bemolle e caratterizzata soprattutto dal cromatismo, a cavallo di batt.15-16, che si conclude sul si naturale (quarta aumentata rispetto al Fa7). Da batt.18 a 24 ogni misura è un pattern vero e proprio (ma questo vale anche per batt.25, 28, 30). Non molte le note estranee all'armonia di base: il sol# di batt. 28 (nota di volta inferiore rispetto al la) e la ripetizione un semitono sotto della quartina a batt.29. Da sottolineare invece ciò che succede a batt.20: Pass continua ad arpeggiare la triade di Sol bemolle mentre il basso segue la struttura e suona Mi minore e La7 (II-V del successivo Re maggiore). Questo crea delle tensioni interessanti: le prime quattro note della quartina (si bemolle, re bemolle, sol bemolle) suonano infatti enarmonicamente come la#, do# e fa# creando quindi la sonorità di nona maggiore, undicesima aumentata e tredicesima rispetto al Mi (le sonorità di un Mi13#11). 

Allo stesso modo la seconda quartina, rispetto alla tonica la, ci fa sentire do# (re bemolle), fa# (sol bemolle) e si bemolle ovvero terza maggiore, tredicesima e nona minore di La7

Qualche considerazione riassuntiva:
  1. La linea solistica aderisce ai cambi armonici in maniera talmente nitida da reggersi anche senza accompagnamento, grazie anche alle continue aperture date dagli arpeggi e dagli intervalli ampi (un altro grande esperto in quest'arte era Jimmy Rainey).
  2. Non ci sono quindi note superflue o semplicemente riempitive.
  3. La logicità delle frasi è tale da riuscire a dare comunque un senso di grande respiro a tutto il chorus, nonostante siano presenti pochissime pause
  4. Molto ristretta anche la scelta ritmica: il chorus si basa quasi tutto su quartine di ottavi.
  5. Sfruttamento di tutta la tessitura dello strumento (la al diciassettesimo tasto).
  6. Senso del tempo assolutamente impeccabile e definizione ritmica pulitissima (cfr. esempio in Real Audio).
Un'obiezione possibile: ma la scarsità di pause, il ricorso al pattern più che allo sviluppo tematico "creativo", non contraddice quanto avevamo visto con Montgomery o Metheny? Qual è allora l'approccio "giusto"?

Non c'è una vera contraddizione: le mentalità possibili nella costruzione di un solo sono molte, a volte antitetiche tra loro e tutte comunque percorribili. Quello di Pass è un approccio stilistico affascinante, caratterizzato da una grande quantità di note e molto virtuosistico, che deve però essere impeccabile sia nella tecnica esecutiva che nella capacità di variare creativamente il pattern. In caso contrario il rischio di noia, meccanicità o scolasticità è molto alto (lo stesso Pass non ne era sempre esente!). 

Che idee possiamo prendere da questa analisi?

1. Dare comunque inizio al solo con un'idea, anche minima, che costituisca uno spunto di partenza ben definito.  

Qui accade con la cellula cromatica di batt.1-2:



Questa idea è ripresa e variata a batt.4-5-6:




Da qui in poi questa cellula non viene più riproposta, ma lo scopo è stato già raggiunto: dare alla prima parte del solo un'identità strutturale, far riconoscere una possibile idea tematica.

2. Partire dai patterns trascritti per costruirne di propri. 

Ad esempio la scala bebop di batt.3 (pensata su Do7) può diventare:




Potremo quindi riutilizzarla, ma a questo punto sarà diventata un nostro pattern: più che memorizzare meccanicamente una frase avremo così esplorato nuove possibilità.

Lo stesso dicasi per qualunque altro frammento. Ad esempio a batt.22 troviamo degli arpeggi discendenti, con il si bemolle raggiunto dal semitono inferiore. Questo potrebbe ad esempio portare a:




Quindi abbiamo creato un pattern originale su cui potremo in seguito ancora intervenire.

3. Estrapolare dal solo degli elementi di pura e semplice tecnica. 

La scala per seste di batt. 11-12, se riportata su tutta la tastiera e con diverse diteggiature, costituisce un eccellente esercizio di scioglimento e di visualizzazione:




Spero che tutto ciò possa fornirvi spunti di lavoro utili. Al prossimo solo.

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Data pubblicazione: 03/12/2000





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