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Il "Porgy and Bess" di Gil & Miles:
Gone
di Ambrogio De Palma
jazzistadannato@hotmail.com

Gone è l'unico brano originale di Gil Evans per questo disco anche se, in realtà, si tratta di un divertimento che egli scrive sul tema di Gershwin. Pensiamo che lo spirito ironico di Evans, avendolo portato a triplicare la velocità d'esecuzione rispetto all'omonimo tema della traccia successiva, gli abbia fornito il pretesto per accorciare il titolo ad un terzo. La velocità metronomica di Gone, infatti, è di 208 il quarto mentre del brano che segue è 72; il titolo della sua composizione è Gone e la traccia successiva è Gone, Gone, Gone.

Esempio 1 - Differenziazione metronomica tra le due tracce

Questo lavoro sarà molto importante per la vita musicale di Evans, al punto da diventarne il biglietto da visita; oltre ad averlo registrato più volte lo eseguiva spesso anche nei suoi concerti. Nelle svariate registrazioni che ci è capitato di ascoltare, non è mai capitato di sentirne una perfetta dal punto di vista dell'insieme orchestrale: questa registrazione men che meno. Nella rimasterizzazione edita dalla Sony è possibile ascoltare anche un altro take, di gran lunga peggiore del precedente. In pratica, Gone, è un brano da apprezzare per i suoi contenuti musicali dimenticandosi il livello esecutivo. Specialmente nella seconda esposizione tematica e nella ripresa dopo l'assolo di Miles, potremmo definirla un' esecuzione da foto-finish: dove clarinetto basso e sax baritono fanno a gara a chi arriva per ultimo. Certo è una composizione assai difficile per l'epoca, soprattutto considerando i problemi di cui abbiamo già parlato: troppo difficile per la pratica di lettura sinfonica che avevano i jazzisti dell'epoca ma, altresì, troppo difficile da eseguire con orchestrali professionisti che nulla avevano in comune con il jazz.

In netto contrasto con i due brani che lo precedono e lo seguono, Gone, ha un dinamismo ed una ritmicità molto sentite.

Scritto in tonalità di Sol minore, presenta una scrittura prettamente sinfonica, e le sonorità vengono dosate principalmente utilizzando un numero diverso di esecutori secondo la dinamica del momento. La stessa concezione formale della partitura ricorda la scrittura classica della forma sonata.

La prima parte (batt. 1- 34) () è in forma tripartita.

I
l tema gershwiniano viene esposto tre volte: la prima su un mezzoforte da un corno, due trombe, tre tromboni, sax baritono, clarinetto basso e contrabbasso e diviso in due frasi. La prima dalla tonica alla dominante, la seconda rimane nel tono d'impianto. Questa musica è un momento di gloria per la batteria di Philly Joe Jones. Evans, infatti prevede molti interventi in assolo della batteria (per lo più si tratta di obbligati scritti), uno alla fine di ogni frase con il tema dell'opera. La seconda proposta del tema vede l'intervento di Miles nella prima delle due frasi, supportato da un organico ancora più piccolo (i tre corni, il clarinetto basso, il sax baritono e il contrabbasso), mentre la frase di risposta vede quasi l'organico completo. La terza ripetizione tematica vede un organico ancora diverso, simile alla parte iniziale ma senza i tromboni, e Miles che interviene nella seconda delle due frasi. La parte A termina con un raccordo che potremmo definire quasi un ponte di Philly Joe Jones.

La parte B (battuta 35) () è senza dubbio più scorrevole, e toglie la compagine orchestrale da un palese imbarazzo di lettura ritmica. Viene ben sostenuto dal quattro di Chambers e di Jones, ed è interessante la costruzione accordale del tappeto orchestrale che segue Miles con lo stesso disegno in block chords, ma con dei veri e propri clusters che all'ascolto risultano gradevoli per via dell'incrocio di parti tra corni e tromboni. Le dissonanze vengono equamente distribuite tra le due sezioni, utilizzate prevalentemente a tre parti con una sola dissonanza tra le voci superiori, creando così un timbro molto suggestivo.

Questo effetto assai particolare, seppur con organici differenti, sarà uno dei tanti bagagli che Evans porterà con se fino alle sue ultime produzioni.

Al termine della parte B troviamo la ripresa dell'A (), questa volta presentato con una sola esposizione tematica (la seconda) seguita da una ennesima frase cadenzante che riprende lo spunto tematico (misure 60 - 64).

Prosegue il brano con un solo della batteria () inframezzato da un due accordi del pieno orchestrale e coadiuvato nella parte finale dal La bemolle grave della tuba.

L' episodio centrale (), vede protagonisti solo Miles e la ritmica che egli aveva voluto per queste sessioni di registrazione, anche se si tratta di un insolito trio.

Vedendo analiticamente
Gone come una composizione in forma sonata, in questo punto (ottantaduesima battuta) ci troviamo allo sviluppo. Come sappiamo, lo sviluppo può contenere ed elaborare elementi dell'esposizione, ma può anche essere un episodio a se stante come in questo caso. Ci troviamo di fronte ad una struttura Open basata su un unico accordo, dove Gil lascia a Davis tutto lo spazio che desidera per esprimersi al meglio. Il tutto con una sola sigla: Gm blues.

Arriviamo così alla ripresa, molto più breve e con la sola parte A. Contrassegnata in partitura come da capo al segno poi Coda, interrompe la prima parte dopo la seconda presentazione del tema passando direttamente a quella che era la frase cadenzante, dividendola questa volta in due parti facendo spazio ad una successione accordale ritmicamente diversa dall'esposizione, e terminando dopo l'ennesimo fill di Philly.

Un altro elemento tipico della scrittura orchestrale, frequentemente presente nella produzione evansiana, è l'effetto sorpresa per l'ascoltatore.

Se osserviamo la costruzione fraseologica, noteremo come ogni volta la ritmica venga modificata, in funzione di un linguaggio molto articolato. Vediamo, a titolo di esempio, il periodo A (batt. 1 – 35). La prima coppia di frasi ha la stessa struttura ritmica per entrambe (1 – 10) , la seconda coppia (11 – 22) presenta quelle varianti che creano l'effetto sorpresa: la prima frase viene contratta di mezza battuta e la seconda prevede una piccola differenza rispetto al grupo fraseologico precedente nell'orchestra, ma allunga di due misure il solo della batteria. La terza coppia di frasi riprende la prima frase della prima coppia e la prima frase della seconda.

Il concetto di costruzione di Evans in questo brano, ci ricorda molto la ricerca di una tribalità che lo ha sempre interessato. In Gone, più che ad un principio antifonale di concezione afro-americana, sembra quasi di assistere ad una scena di ritualità pagana.



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Data pubblicazione: 02/12/2001





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