"La musicoterapia è una disciplina scientifica che ha come obiettivo quello
di instaurare una relazione terapeutica stabile tra musicoterapista e paziente attraverso
il canale non-verbale e l'uso del canale corporo-sonoro-musicale, con l'obiettivo
di far acquisire al paziente nuove modalità di comunicazione con se stesso, il proprio
nucleo famigliare, il mondo esterno, al fine di migliorare la qualità di vita del
paziente." [1]
Questa è la definizione che si rifà ad uno dei modelli più accreditati, tra quelli
che sono stati riconosciuti a livello mondiale, essa si ispira alle teorie dello
studioso argentino Rolando Benenzon. I campi di applicazione della terapia
possono essere di tipo preventivo (gravidanza, prima infanzia e scuola), riabilitativo
(deficit mentale e/o motorio, plurihandicap) e terapeutico (autismo, psicosi, nevrosi,
pazienti oncologici, terminali, in stato comatoso et cetera).
Il termine musicoterapia è un neologismo che descrive un'esperienza
vecchia come l'umanità. Da sempre l'uomo ha associato fini terapeutici alle pratiche
sonore, anche quando la musica non era ancora stata ordinata in strutture melodico
armoniche precise ed organizzate. Gli stregoni percuotevano e danzavano per allontanare
le malattie, per integrare il gruppo o per collocarsi in stati di coscienza diversi;
la madre culla il suo bambino cantandogli la ninna nanna per farlo passare dallo
stato di veglia allo stato del sonno; la gente cantava nei campi per distrarsi e
rilassarsi; le liturgie per esempio sono spesso associate a melodie ripetute, che
sono una sorta di ipnosi che vuole portare all'introspezione.
Secondo Oscar Schindler, noto studioso europeo, esistono diversi
tipi di musicoterapia. Durante il seminario,[2]
tenuto dal noto ricercatore presso l'università degli Studi di Padova, lo studioso
ha affermato che la musicoterapia può essere impiegata anche come surrogato del
farmaco, sia nel caso in cui si voglia determinare un rilassante e calmante "effetto
camomilla", sia nel caso in cui si desideri un risultato eccitante, che risvegli,
come nel caso delle marce.
Diversi studi sono stati intrapresi per determinare la relazione tra suono
e risposta psico-fisica. Tutt'oggi non è stato possibile determinare se esiste nel
cervello un circuito neuronale adibito alla musica, o se piuttosto la musica viaggia
su sistemi che servono anche ad altro. Certo è che essa attiva sistemi neuronali
di gratificazione e di emozione simili a quelli stimolati dal sesso, dal cibo e
dalle sostanze stupefacenti. Le aree che vengono sollecitate sono: quelle deputate
alle ambiguità linguistiche, la corteccia uditiva, il sistema che risponde alle
sollecitazioni emotive della voce umana che piange, ed il sistema di controllo motore
che immette un ritmo nei nostri muscoli quando camminiamo o balliamo.[3]
Sempre durante il suddetto seminario, Oscar Schindler afferma quali
possono essere gli altri scopi della musicoterapia. Uno di essi è quello di educare
le funzioni uditive con persone che mostrano difficoltà d'apprendimento, ma anche
con persone audiolese. Inoltre si può lavorare per educare la motricità (negli spastici,
in chi ha problemi articolatori anche a livello buccale, respiratorio et cetera.),
oppure si può "coltivare l'intelligenza" in soggetti down, postencefalitici, traumatizzati
cranici, comatosi et cetera.
Spesso l'impiego della musicoterapia prevede la canalizzazione e l'educazione
della socialità dei comportamenti e delle emozioni, nei disadattati sociali e in
psichiatria. Ad esempio gli strumenti musicali, adottati all'interno di un gruppo,
possono essere utilizzati per l'integrazione sociale di tutti i ragazzi nelle scuole,
anche considerando il fatto che oggi le classi sono sempre più multietniche e multirazziali.
Il particolare l'uso del canto può essere sicuramente utile, in quanto esse viene
ad essere un canale comunicativo privilegiato e più immediato di quello verbale.
Persone che non parlano la stessa lingua possono trovarsi a condividere emozioni
e stati d'animo che permettano una maggiore comunicatività.
Esistono oggi cinque diversi modelli di musicoterapia riconosciuti a livello
mondiale. Questi metodi sono accompagnati da un cospicuo numero di pubblicazioni,
vengono tutti applicati da più di vent'anni e si rivolgono ad un ampio spettro di
patologie.
Musicoterapia
attiva
|
Musicoterapia
passiva o recettiva
|
Benenzon
|
Beveral music therapy
|
Nordoff-Robbins
|
G. Y. M.
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Mary Presley
|
|
Una prima importante distinzione esiste tra musicoterapia attiva, che
prevede l'esecuzione e la produzione musicale, e musicoterapia passiva o recettiva,
che si basa sull'ascolto musicale guidato. Alla prima appartengono il modello di
Benenzon, quello di Nordoff-Robbins e quello junghiano di Mary
Presley, mentre i due metodi di terapia recettiva sono il G. Y. M. (Immaginario
Guidato e Misura) e quello comportamentistico nordamericano (Beveral Music Therapy). [4]
La Beveral Music Therapy prevede l'ascolto di brani da parte del
paziente. Il terapista chiede di portare una audiocassetta con i brani prediletti
che vengono ascoltati insieme e al termine della seduta si chiede al soggetto di
esprimersi sulle sue emozioni, sui ricordi o sulle sensazioni provate. Per questa
ragione questo modello è stato accettato e riconosciuto a fatica, si tratta piuttosto
di una sperimentazione, uno studio sul risultato dato dall' ascolto di determinate
musiche e suoni, inoltre si incoraggia l'uso della parola per comunicare e la musica
diventa solo uno strumento, un mezzo.
Per quanto riguarda il metodo Presley, esso è stato considerato
come psicoterapia. La seduta è effettuata in gruppo; anche in questo caso viene
privilegiato il canale verbale, in quanto ad ogni soggetto viene chiesto di esprimere
il suo pensiero e le sue emozioni. Anche in questa situazione la parte sonora della
seduta è distinta dalla parte verbale, vengono consegnati gli strumenti e ci si
esprime liberamente per 40 minuti.
Il metodo Nordoff-Robbins, di marcata matrice educativo-pedagogica,
prevede una seduta di gruppo in cui si imparano diversi ritmi per aiutare i movimenti
del corpo e la coordinazione.
Il
modello Benenzon è uno dei più apprezzati in tutto il mondo e si rifà al
metodo dello studioso sudamericano Rolando Benenzon (in foto). In
questo caso viene privilegiata la comunicazione non verbale e quindi il codice musicale,
quello gestuale, corporale, mimico et cetera. Alla base delle teorie legate a questo
modello c'è il concetto dell'ISO, ossia l'insieme degli archetipi sonori propri
dell'individuo e le esperienze sonore a lui familiari. L'ISO universale poi è quello
che caratterizza tutti gli uomini indipendentemente dal contesto socio-culturale,
linguistico, familiare, storico o psicologico (alcuni esempi sono: il suono e il
ritmo legato alla respirazione, il battito cardiaco o la voce dell'acqua). Esiste
poi l'idea di ISO culturale che accomuna tutti gli individui appartenenti ad una
società o le persone che parlano la stessa lingua, e il concetto di ISO gruppale,
che si riferisce a gruppi di persone con le stesse affinità musicale latenti, sviluppate
in ognuno dei membri. [5]
Importante risulta inoltre la definizione della figura professionale del
musicoterapista e del musicoterapeuta. Quest'ultimo è un dottore laureato in medicina
o psicologia, abilitato ad operare in proprio, che si assume la responsabilità totale
dei trattamenti che esegue sui suoi pazienti. Il musicoterapista, invece, è un operatore
che si è specializzato nella pratica della terapia musicoterapica, ma che necessita
della supervisione di un medico-terapeuta. Le competenze che dovrebbero possedere
gli operatori del settore riguardano il campo medico, psicologico e musicale.
In Italia non esiste ancora un albo di professione, ma ormai da diverso
tempo si sono create diverse scuole di formazione, si tengono master, corsi, stage,
seminari, convegni e incontri di ogni genere al fine di poter creare una classe
di operatori professionali e competenti nel settore. Esiste anche molta confusione
sul significato stesso del termine musicoterapia, troppo spesso collegata ad una
semplice fruizione musicale che porta rilassamento e benessere. In realtà un ascolto
non guidato, anche se piacevole e salutare, può portare all'introversione, può coltivare
il gusto per l'isolamento, fino a far giungere l'individuo ad un forte senso di
asocialità ed antisocialità.
[1] Da Dispensa divulgativa sui concetti base della musicoterapia a cura
di Maria Emerenziana D'Ulisse e Carmen Ferrara, stampata presso l'Associazione Anni
Verdi, Roma.
[2] Il seminario è stato intitolato "Patologia della comunicazione e musicoterapia"
e ed è stato organizzato per il 5 marzo del 2004
a Padova.
[3] Vedere Musicoterapia e danzaterapia. Disabilità ed esperienze di integrazione
scolastica a cura di A. M. Favorini, ed. Franco Angeli.
[4] Vedere sito di riferimento della CONFIAM:
www.mtonline.it/confiam.html
[5] Vedere nella sezione bibliografica per il materiale relativo a al metodo
Benenzon. Il sito di riferimento per l'Italia è
www.centrobenenzon.it.
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Data pubblicazione: 18/06/2005
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