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Lezione 1: Introduzione alla musicoterapia
che cos'è la musicoterapia, quali sono i modelli riconosciuti, differenza tra musicoterapista e musicoterapeuta
di Alessandra Pascali
pascaj@hotmail.com

"La musicoterapia è una disciplina scientifica che ha come obiettivo quello di instaurare una relazione terapeutica stabile tra musicoterapista e paziente attraverso il canale non-verbale e l'uso del canale corporo-sonoro-musicale, con l'obiettivo di far acquisire al paziente nuove modalità di comunicazione con se stesso, il proprio nucleo famigliare, il mondo esterno, al fine di migliorare la qualità di vita del paziente." [1] Questa è la definizione che si rifà ad uno dei modelli più accreditati, tra quelli che sono stati riconosciuti a livello mondiale, essa si ispira alle teorie dello studioso argentino Rolando Benenzon. I campi di applicazione della terapia possono essere di tipo preventivo (gravidanza, prima infanzia e scuola), riabilitativo (deficit mentale e/o motorio, plurihandicap) e terapeutico (autismo, psicosi, nevrosi, pazienti oncologici, terminali, in stato comatoso et cetera).



Il termine musicoterapia è un neologismo che descrive un'esperienza vecchia come l'umanità. Da sempre l'uomo ha associato fini terapeutici alle pratiche sonore, anche quando la musica non era ancora stata ordinata in strutture melodico armoniche precise ed organizzate. Gli stregoni percuotevano e danzavano per allontanare le malattie, per integrare il gruppo o per collocarsi in stati di coscienza diversi; la madre culla il suo bambino cantandogli la ninna nanna per farlo passare dallo stato di veglia allo stato del sonno; la gente cantava nei campi per distrarsi e rilassarsi; le liturgie per esempio sono spesso associate a melodie ripetute, che sono una sorta di ipnosi che vuole portare all'introspezione.

Secondo Oscar Schindler, noto studioso europeo, esistono diversi tipi di musicoterapia. Durante il seminario,[2] tenuto dal noto ricercatore presso l'università degli Studi di Padova, lo studioso ha affermato che la musicoterapia può essere impiegata anche come surrogato del farmaco, sia nel caso in cui si voglia determinare un rilassante e calmante "effetto camomilla", sia nel caso in cui si desideri un risultato eccitante, che risvegli, come nel caso delle marce.

Diversi studi sono stati intrapresi per determinare la relazione tra suono e risposta psico-fisica. Tutt'oggi non è stato possibile determinare se esiste nel cervello un circuito neuronale adibito alla musica, o se piuttosto la musica viaggia su sistemi che servono anche ad altro. Certo è che essa attiva sistemi neuronali di gratificazione e di emozione simili a quelli stimolati dal sesso, dal cibo e dalle sostanze stupefacenti. Le aree che vengono sollecitate sono: quelle deputate alle ambiguità linguistiche, la corteccia uditiva, il sistema che risponde alle sollecitazioni emotive della voce umana che piange, ed il sistema di controllo motore che immette un ritmo nei nostri muscoli quando camminiamo o balliamo.[3]

Sempre durante il suddetto seminario, Oscar Schindler afferma quali possono essere gli altri scopi della musicoterapia. Uno di essi è quello di educare le funzioni uditive con persone che mostrano difficoltà d'apprendimento, ma anche con persone audiolese. Inoltre si può lavorare per educare la motricità (negli spastici, in chi ha problemi articolatori anche a livello buccale, respiratorio et cetera.), oppure si può "coltivare l'intelligenza" in soggetti down, postencefalitici, traumatizzati cranici, comatosi et cetera.

Spesso l'impiego della musicoterapia prevede la canalizzazione e l'educazione della socialità dei comportamenti e delle emozioni, nei disadattati sociali e in psichiatria. Ad esempio gli strumenti musicali, adottati all'interno di un gruppo, possono essere utilizzati per l'integrazione sociale di tutti i ragazzi nelle scuole, anche considerando il fatto che oggi le classi sono sempre più multietniche e multirazziali. Il particolare l'uso del canto può essere sicuramente utile, in quanto esse viene ad essere un canale comunicativo privilegiato e più immediato di quello verbale. Persone che non parlano la stessa lingua possono trovarsi a condividere emozioni e stati d'animo che permettano una maggiore comunicatività.

Esistono oggi cinque diversi modelli di musicoterapia riconosciuti a livello mondiale. Questi metodi sono accompagnati da un cospicuo numero di pubblicazioni, vengono tutti applicati da più di vent'anni e si rivolgono ad un ampio spettro di patologie.


Musicoterapia attiva

Musicoterapia passiva o recettiva

Benenzon

Beveral music therapy

Nordoff-Robbins

G. Y. M.

Mary Presley

 

Una prima importante distinzione esiste tra musicoterapia attiva, che prevede l'esecuzione e la produzione musicale, e musicoterapia passiva o recettiva, che si basa sull'ascolto musicale guidato. Alla prima appartengono il modello di Benenzon, quello di Nordoff-Robbins e quello junghiano di Mary Presley, mentre i due metodi di terapia recettiva sono il G. Y. M. (Immaginario Guidato e Misura) e quello comportamentistico nordamericano (Beveral Music Therapy).[4]

La Beveral Music Therapy prevede l'ascolto di brani da parte del paziente. Il terapista chiede di portare una audiocassetta con i brani prediletti che vengono ascoltati insieme e al termine della seduta si chiede al soggetto di esprimersi sulle sue emozioni, sui ricordi o sulle sensazioni provate. Per questa ragione questo modello è stato accettato e riconosciuto a fatica, si tratta piuttosto di una sperimentazione, uno studio sul risultato dato dall' ascolto di determinate musiche e suoni, inoltre si incoraggia l'uso della parola per comunicare e la musica diventa solo uno strumento, un mezzo.

Per quanto riguarda il metodo Presley, esso è stato considerato come psicoterapia. La seduta è effettuata in gruppo; anche in questo caso viene privilegiato il canale verbale, in quanto ad ogni soggetto viene chiesto di esprimere il suo pensiero e le sue emozioni. Anche in questa situazione la parte sonora della seduta è distinta dalla parte verbale, vengono consegnati gli strumenti e ci si esprime liberamente per 40 minuti.

Il metodo Nordoff-Robbins, di marcata matrice educativo-pedagogica, prevede una seduta di gruppo in cui si imparano diversi ritmi per aiutare i movimenti del corpo e la coordinazione.

Il modello Benenzon è uno dei più apprezzati in tutto il mondo e si rifà al metodo dello studioso sudamericano Rolando Benenzon (in foto). In questo caso viene privilegiata la comunicazione non verbale e quindi il codice musicale, quello gestuale, corporale, mimico et cetera. Alla base delle teorie legate a questo modello c'è il concetto dell'ISO, ossia l'insieme degli archetipi sonori propri dell'individuo e le esperienze sonore a lui familiari. L'ISO universale poi è quello che caratterizza tutti gli uomini indipendentemente dal contesto socio-culturale, linguistico, familiare, storico o psicologico (alcuni esempi sono: il suono e il ritmo legato alla respirazione, il battito cardiaco o la voce dell'acqua). Esiste poi l'idea di ISO culturale che accomuna tutti gli individui appartenenti ad una società o le persone che parlano la stessa lingua, e il concetto di ISO gruppale, che si riferisce a gruppi di persone con le stesse affinità musicale latenti, sviluppate in ognuno dei membri.[5]

Importante risulta inoltre la definizione della figura professionale del musicoterapista e del musicoterapeuta. Quest'ultimo è un dottore laureato in medicina o psicologia, abilitato ad operare in proprio, che si assume la responsabilità totale dei trattamenti che esegue sui suoi pazienti. Il musicoterapista, invece, è un operatore che si è specializzato nella pratica della terapia musicoterapica, ma che necessita della supervisione di un medico-terapeuta. Le competenze che dovrebbero possedere gli operatori del settore riguardano il campo medico, psicologico e musicale.

In Italia non esiste ancora un albo di professione, ma ormai da diverso tempo si sono create diverse scuole di formazione, si tengono master, corsi, stage, seminari, convegni e incontri di ogni genere al fine di poter creare una classe di operatori professionali e competenti nel settore. Esiste anche molta confusione sul significato stesso del termine musicoterapia, troppo spesso collegata ad una semplice fruizione musicale che porta rilassamento e benessere. In realtà un ascolto non guidato, anche se piacevole e salutare, può portare all'introversione, può coltivare il gusto per l'isolamento, fino a far giungere l'individuo ad un forte senso di asocialità ed antisocialità.


[1] Da Dispensa divulgativa sui concetti base della musicoterapia a cura di Maria Emerenziana D'Ulisse e Carmen Ferrara, stampata presso l'Associazione Anni Verdi, Roma.

[2] Il seminario è stato intitolato "Patologia della comunicazione e musicoterapia" e ed è stato organizzato per il 5 marzo del 2004 a Padova.

[3] Vedere Musicoterapia e danzaterapia. Disabilità ed esperienze di integrazione scolastica a cura di A. M. Favorini, ed. Franco Angeli.

[4] Vedere sito di riferimento della CONFIAM: www.mtonline.it/confiam.html

[5] Vedere nella sezione bibliografica per il materiale relativo a al metodo Benenzon. Il sito di riferimento per l'Italia è www.centrobenenzon.it.














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Data pubblicazione: 18/06/2005

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