Luz das cordas: Marco Pereira & Hamilton de Holanda
22 novembre 2003 - La fontana (Verona)
di Beppe Montresor
Il finale, un medley tutto dedicato al maestro
Baden Powell, è uno spettacolo pirotecnico dai colori cangianti tra afro-samba, candomblè, e quel classico fuoco d'artificio tutto sole e mare che è " Berimbao".
Nella primavera scorsa Marco Pereira, sopraffino chitarrista compositore e arrangiatore brasiliano, ci aveva impressionato appunto con la sua tecnica strumentale, lasciandoci però la sensazione di una ricercatezza stilistica persino eccessiva a discapito della forza comunicativa della sua musica. L'altra sera alla Fontana, davanti ad un pubblico numeroso ed entusiasta, complice la fondamentale presenza del mandolinista
Hamilton de Holanda, ben
più che un semplice sideman, Pereira ha fugato ogni possibile perplessità,
confermandosi strumentista e compositore di alto livello tecnico e creativo, ma
regalando anche una performance straordinaria per intensità, calore e immediata
godibilità; uno di quei piccoli miracoli in cui brani anche molto complessi per
costruzione e ricchezza di invenzioni, riescono comunque ad avvincere e
conquistare l'attenzione del pubblico, in virtù di accattivanti lineee melodiche
e del piacere evidente che i due stessi musicisti, per primi, hanno mostrato
nell'affrontarli.
Fondamentale, dicevamo, il ruolo svolto dal bravissimo
Hamilton de Holanda, contitolare dell'ultimo lavoro di Pereira, intitolato " Luz das cordas", materiale privilegiato nel concerto alla Fontana. E sin dall'iniziale brano del concerto, sorta di suite dalla spiccata connotazione cinematografica (una robusta composizione originale del chitarrista) che dà titolo all'album, il contrappunto fornito dal mandolino ha sottolineato la spettacolare, fluida, apparentemente facile intesa tra i due musicisti, protagonisti per più di un'ora di un caleidoscopico affresco, lontano da stereotipi da depliant pubblicitario, della più nobile musica brasiliana e sudamericana. Un cocktail, spesso, di sapori antico/popolari (anche con reminiscenze di certo jazz prebellico, qualcosa alla
Django Reinhardt, per esempio nella movimentata "Pra voce", scritta dal pianista dominicano
Michel Camilo per Tania Maria) ed echi classicheggianti, di momenti meditativi/romantici ed accelerazioni improvvise e insistiti quasi…rockettari, come in "Na baixa do sapateiro" di
Ary Barroso, l'autore della celebre "Aquarelo do Brasil".
E se in qualche momento le spinte centrifughe sembrano
destinare a portare troppa dispersività, la sintonia di pensiero tra i due
musicisti, che come per incanto si ritrovano nella linearità del chorus
scongiura regolarmente il rischio, e scatena, altrettanto regolarmente, il
complice applauso. Ancora un concerto da incorniciare.
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Data pubblicazione: 10/01/2004
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