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Teatro Massimo - Stagione estiva 2003
Richar Galliano Septet
Piazzolla forever
Palermo, Teatro di Verdura 12 luglio 2003
di Antonio Terzo

Richard Galliano: fisarmonica e bandoneón
Hervé Sellin: pianoforte
Jean-Marc Phillips Varjabedian:
primo violino
Lionel Schmit:
secondo violino
Jean-Marc Apap:
viola
Henri Dermarquette:
violoncello
Marc Marder:
contrabbasso

Un concerto pulsante e ricco di emozioni permette al pubblico palermitano di conoscere dal vivo l'ultimo lavoro discografico di Richard Galliano, musicista francese non a torto ritenuto continuatore del verbo che fu del compianto Astor Piazzolla. E non a caso il concerto prende titolo dal cd, Astor Piazzolla Forever, presentando del repertorio del compositore argentino i brani a cui Galliano è rimasto più legato, rivisitati con rispettosa, emozionata devozione.

Senza alcun preambolo discorsivo, ad immettere immediatamente nell'atmosfera impetuosa del concerto del virtuoso fisarmonicista è Otoño Porteño, un tango di violenta passionalità che nell'inciso rallenta tanto da riuscire a farsi languido: passione e lirismo, questi i timbri della fisarmonica a bottoni, questi gli umori del Galliano artista. Segue a ruota Inverno Porteño, il cui tema tracciato dalla fisarmonica con pennellate a colori madidi viene ripreso dal piano, più misurato e morbido. Lo sviluppo ascendente della melodia si coniuga in modo complementare alla struttura discendente dell'accompagnamento armonico, diviene giocoso sul tempo binario del chorus centrale, si placa nell'evanescente effetto carillon in chiusura. Molto curata la dinamica del settetto, anche nelle pulsioni ritmiche affidate, in assenza di percussioni, agli archi stessi, che, qui come nel successivo Sur, fungono da sezione percussiva strisciando l'archetto sul ponticello, intrecciano glissati ascendenti e discendenti che arricchiscono il tango di una straordinaria effettistica, tutta acustica. E malgrado queste "distrazioni", il violino del puntuale Varjabedian riesce ad essere intenso e perfettamente compenetrato.

Imbracciato il bandoneón, suono più acido e dispettoso che esalta la velocità e l'umore incisivo del pezzo, nonché il fraseggio rapido e lo spirito dell'esecutore, Galliano esegue Aconcagua, concerto per accompagnamento d'archi e piano articolato in tre movimenti, ciascuno caratterizzato da un proprio feeling: veemente il primo, pesante e triste il secondo, specie nel lento incedere finale con lo strumento a mantice totalmente dispiegato, pungente e nervoso il terzo, trascinante con i suoi guizzi accentuati dal movimento della testa del leader. Sommessamente onnipresenti i musicisti, che danno fondo a tutte le loro risorse per battere sonoramente il tempo con i piedi, animare gli endings con personali accenti, arricchire il brano con la propria preparazione tecnica, facendo confluire le proprie energie tutte a supporto del fisarmonicista. E un meritatissimo applauso rende conto del silenzio quasi religioso riservato dal pubblico fino a questo momento, permettendo al gruppo di affrontare con maggiore carica Milonga del Angel, tra i pezzi più celebri di Piazzolla, suggestivamente interpretato da un controcanto del violino in quinte all'ottava superiore. Colonna portante del gruppo sicuramente il contrabbasso dell'infaticabile Marc Marder, il quale non cessa un attimo di scandire i beats ritmici con la sua voce robusta e propulsiva, riuscendo a trasfondere tutte le emozioni che suscita il cambiamento di umore nelle varie modulazioni e cadenze di questo brano. Quindi chiude la prima parte del concerto Michelangelo 70, brano più nervoso, che trasmette adrenalina, giusto prima della pausa.

Riprendono il concerto Hervé Sellin al piano e Henri Demarquette al violoncello, in duo, in una Milonga sin palabras dalla resa di indubbia poeticità, con ritornello molto caldo e romantico. Quindi cambio di scena con il leader che, imbracciata la fisarmonica, solo, al centro del palcoscenico, ricama con fluide volate l'introduzione di Libertango, per poi coniugare la nota melodia con una serie di coinvolgenti variazioni, un incredibile vibrato, un lessico improvvisativo ed espressivo davvero inusitato: a servizio della propria sensibilità mette in luce solo una parte del suo virtuosismo tecnico e tuttavia sembra siano in tre a suonare.

Rientrati i compagni è la volta di Laura et Astor, unica composizione a firma Galliano nel cd, su un disegno melodico reiterato da tutti gli strumenti, il fisarmonicista fa prendere poco a poco corpo al tema, in un crescendo che in coda lascia senza fiato. Ci si avvia così all'epilogo: Verano Porteño, un tango dagli accenti sincopati e Primavera Porteña, ultimo tema anch'esso tanguero che, ancora sugli accenti dei fondamentali piano e contrabbasso, chiude il quadrittico iniziato in apertura e dunque l'intero concerto. Un concerto molto trascinante, ben equilibrato tra la delicatezza del ricordo – latente ma mai ossessivo – del maestro che fu e l'impeto passionale del tango, sua musica prediletta. A conferma, un richiestissimo bis, con Galliano ancora alla fisarmonica, un pezzo molto accattivante basato su una semplice frase melodica che viene ripetuta dagli altri strumenti per costituire pretesto alle variazioni del leader.






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Data pubblicazione: 25/07/2003

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