Musica jazz
febbraio 1989
di Gian Mario Maletto
Alexander
Splasc(h )H177
Quattro nuovi Leader per il jazz italiano

Quattro "prime volte" di giovani jazzisti italiani, che si presentano come Leader davanti a una platea discografica non più soltanto nazionale quale è quella della Splasc(h), l'etichetta che più sta facendo, attraverso la produzione
dei musicisti stessi, per dare voce a ciascuno di loro. In ordine di catalogo, ma anche, curiosamente, di organico (dal poco al tanto), ecco imbatterci innanzitutto nel trio del pianista e tastierista milanese Massimo Colombo, che già sapevamo elemento assai dotato per il suo lavoro con Attilio Zanchi, incluso il recente disco "Cats". Negli otto suoi brani registrati tra gennaio e febbraio '89 e inclusi in questo "Alexander" lo sentiamo capeggiare con evidente autorità e con impegnative concezioni un trio di solida compattezza, ottimamente completato da Marco Micheli al contrabbasso e da Francesco Sotgiu alla batteria. Colombo è pianista elegante e completo, e alcuni saggi di musica elettronica, pur se a volte un po' pesanti, fanno pensare che egli debba essere tenuto d'occhio anche su questa via.



L'informatore
giugno 1989
di Enzo Fresia
Alexander
Splasc(h) H177

Alexander è una "prima" nel senso che è il primo, notevole, album del trio di Massimo Colombo, un musicista che invece, non è alla sua prima esperienza discografica. Milanese, Colombo ha studiato organo dall'età di nove anni, si è diplomato in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, ha avuto esperienza di musica da camera, ha studiato composizione e si è anche interessato al jazz, approfondendone il linguaggio da autodidatta. Ha collaborato con Attilio Zanchi e poi ha suonato con altri noti jazzisti come Gianni Bedori, Tony Scott, Bruno De Filippi, Tino Tracanna ed ha inciso dischi con Zanchi e Bedori. Con Massimo, Colombo, nel trio, troviamo il lucchese Marco Micheli al contrabbasso. Diplomato al Conservatorio di Lucca, Micheli è tra i più affermati bassisti in Italia ed ha suonato con musicisti di fama internazionale come Chet Baker, Lee Konitz, Kenny Wheeler ed altri.Completa il trio il cagliaritano Francesco Sotgiu, batterista, che ha già collaborato con vari jazzisti italiani come Guido Manusardi, Paolo Fresu, Gaslini ed altri. Con queste promesse Alexander non poteva non essere, come è, un album riuscito: i temi sono tutti di Massimo Colombo, che dimostra una notevole originalità e molta immaginazione, oltre che una apprezzabile padronanza strumentale, sia al pianoforte (in brani come Il veleno di Lucrezia, Il primo sogno di Camilla e Marcia di un cammello stanco), che alle tastiere (Adagio con calma, Danza delle sfere), mentre gli altri due componenti hanno ampi spazi solistici.il bassista Micheli in Lucrezia ed Alexander ad esempio, mentre il batterista Sotgiu è sempre discretamente presente, fornendo una componente ritmica di notevole essenzialità.Completano l'album, oltre ai brani sopra citati, Andante a passo d'uomo e lo stranissimo concitato ed elettronico Hop Frog finale. In totale, una bella esperienza, un disco riuscito che pone le premesse per ulteriori ottime prestazioni da parte di questi giovani musicisti (età media 26 anni).



La Nazione
giugno 1989
di Enzo Boddi
Alexander
Splasc(h) H177
Jazz ed elettronica

La ricerca di un equilibrio tra l'aggiornamento di elementi jazzistici convenzionali e la definizione di una dimensione espressiva mutuata dal proprio retroterra tradizionale caratterizza ormai da tempo gli sforzi compiuti da molti jazzisti italiani della nuova generazione. Il pianista Massimo Colombo, milanese ma ormai di casa da tempo a Firenze, per le sue collaborazioni con il gruppo "Giochi proibiti" e la cantante Tiziana Simona, sembra inoltre avere recepito l'esigenza di perseguire l'obbiettivo anche con l'ausilio di nuove possibilità sonore.In possesso di una formazione classica, nonchè di una solida padronanza del lessico jazzistico, ama applicare a questa sua composita cifra stilistica le opzioni timbriche offerte dai sintetizzatori. In Alexander, opera prima documentata dall'etichetta Splasch, il pianista scandaglia le risorse di una formula collaudata e rischosa quale quella del trio. E per questo si avvale appunto di un duplice criterio operativo, accostando un sobrio uso dell'elettronica a soluzioni acustiche, a cui è comunque riservato un congruo spazio. I sintetizzatori sono quindi utilizzati con funzione polivalente. Per creare avvolgenti fasce sonore e variegate coloriture timbriche, come in "Adagio con calma" e "Andante a passo d'uomo" (intelligente l'ironia dei titoli), due frammenti che riecheggiano il retaggio della musica colta. Oppure, per integrare l'ottimo lavoro della ritmica (Marco Micheli al basso e Francesco Sotgiu alla batteria), con accordi di sostegno alle brillanti evoluzioni pianistiche o sonorità eteree tese ad instaurare un clima. Ma l'apporto più decisivo scaturisce dall'impiego della tastiera elettronica in chiave solistica, in alternativa al piano, e non in sua sostituzione.Esemplare in questo senso risulta lo sviluppo di "Hop frog", con echi rarefatti abbinati a sottili giochi ritmici su piatti e tamburi e alle sottolineature del basso suonato con l'arco sui registri acuti. Questa introduzione confluisce in una swingante fase ritmica, condotta su tempi sostenuti, sulla quale si innestano i sinuosi fraseggi del sintetizzatore, privi di qualsiasi effettismo. Timbro, modulazione e struttura riconducono alla mente la geniale opera di sperimentazione di Josef Zawinul di cui Colombo sembra aver colto e fatto propri insegnamenti ed intuizioni. l'uso funzionale dello strumento, la determinazione di trasformarlo in veicolo di un linguaggio jazzistico, la concezione ora orchestrale (negli insieme e nell' accompagnamento), ora "fiatistica" (nel modo di elaborare le frasi e legare le note negli assoli), sono calati efficaciemente in una raffinata poetica musicale. Questa si riflette anche in uno stile pianistico ricercato ed elegante, scevro da orpelli, frutto di un'abile sintesi sintattica. Su ambo i versanti, il trio opera con ammirevole compattezza e senza ruoli prestabiliti, sulla scorta di analoghe esperienze del passato più o meno recente. Il che è reso possibile da un delicato gioco di alternanze ed equilibri collettivi, dalla versatilità di Sotgiu e dal sostanzioso contributo di Micheli, in grado di proporsi come interlocutore attivo anche sotto il profilo solistico.



Musica Jazz
Maggio 1993
di Gian Mario Maletto
Games
Modern Times 3011

L'impegno di "cercare" (e soprattutto cercare di non copiare modelli più grandi) è uno degli aspetti positivi offerti dai musicisti italiani di queste ultime generazioni. Merita dunque rilievo questo compact che non segue certo radicate consuetudini né nella ricerca dell'organico né nella concezione dei brani e che naturalmente si distingue anche con la peraltro nota personalità degli esecutori. Cuore del disco è la Suite che apre e dà il titolo al tutto: sette brani che Massimo Colombo aveva composto pensando a un duo piano-sax,
e che proprio in tale forma erano stati eseguiti in pubblico. Soltanto in vista della registrazione era balenata l'idea di inserire in quell'atmosfera cameristica un percussionista, e la scelta non poteva cadere che su un creatore di rumori-suoni come Naco Bonaccorso, bravo e del resto affiatatissimo ( il trio potrebbe essere considerato un nucleo estratto dalla più larga formazione che tre anni fà realizzo l'eccellente "292" di Tracanna).Ogni Game parte da un'idea tematica, a volte semplice, a volte viceversa complessa, che costruisce le sempre diverse situazioni su cui si può liberamente levare l'ispirazione di questi squisiti improvvisatori, i cui percorsi comunque si intrecciano, le cui voci ri rispondono pressochè di continuo. Certo "Games" è un testo importante, ma non meno attraenti sono i cinque brani che formano l'altra metà deldisco, fino a una singolare, un po' rarefatta, suggestiva rilettura ellingtoniana. Anche qui Massimo Colombo si conferma pianista completo, capace di dare spessore e intensità alla musica. Dal canto suo Tracanna, che nella suite è particolarmente delizioso al soprano, sorprende piacevolmente anche per gli effetti che sa trarre dal tenore (in Antiphona addirittura estraendo suoni armonici dalla colonna d'aria). Adeguatamente misurato è Naco che comunque emerge (come in Game IV e in Game V) ed è sempre efficacissimo nel sottile gioco dell'insolito trio.



Musica jazz
Giugno 1995
di Angelo Leonardi
Relazioni e rapporti
Modern Times 30123

Il pianista e compositore milanese Massimo Colombo torna alla ribalta in qualità di Leader con un disco del 1994, vario nelle situazioni (solo, duo, trio e sestetto) e sicuramente interessante. Strumentista di ottima tecnica, elegante e sempre musicale, sostenuto da una sensibilità impressionistica (Sentimenti artificiali, Puccini) Colombo ha il gusto dei chiaroscuri (Incontri inconsueti), anche se non disdegna arpeggi ariosi (Choro) e atmosfere rilassate, spesso solari (La terza ragione); il controllo del materiale ritmicamente più mosso e strutturalmente più complesso (Vodu) è ottimo. Lo affiancano efficaciemente Marco Micheli al basso e Francesco Sotgiu alla batteria, cui si aggiungono in alcuni brani la tromba e il flicorno di Paolo Fresu, il tenore di Emanuele Cisi e il soprano di Tino Tracanna, che conferiscono ai pezzi una gamma più ampia di colori. Da segnalare, infine, due brani, i più avventurosi della raccolta (Relazioni e rapporti e Sospensioni), nei quali il piano di Colombo incontra quello di Franco D'Andrea in un vis-à-vis suggestivo e ricco di reciproche intuizioni.



Viceversa
maggio 1996
di Giordano Selini
Composizioni
Tirreno 018

Con composizioni enucleate di spirito improvvisativo, partendo dalla musica classica e lambendo il jazz, ecco la proposta di Massimo Colombo. Dei 21 studi per pianoforte 0p. 66 segnalo il N. 7 per la meditata e profonda descrittività pronta ad intensificarsi o a placarsi: non di meno il laconico ed adamantino risuonare del pianismo di Colombo in "12" si trasforma in inebriante discorsività che si espande e si abbandona con inventiva e si accende con determisazione. Lirico e intenso spazia, sottolinea, riflette e cambia rotta Colombo, sotto l'impulso di un costante afflato creativo. Il soffuso e fino soffio del flauto di Galante si incrocia con respiro armoniosamente descrittivo e momenti di fervore e slancio espressivo con le punteggiature inquietamente leggiadre e vagheggianti di Colombo in Il castello di vetro. Umbratile e potente sentenzia il pianismo di Colombo nella Fantasia 1 per pianoforte e procede con un fraseggio teso con eleganza ed incisivo, che si amplia amabilmente frastagliato e mormora con implosiva decisione in sviluppi rapidi e sguscianti che sgorgano e tracimano imprevedibili e inarrestabili.



World Music
giugno 1996
di Luca Perini
Composizioni
Tirreno 018

Il pianista Massimo Colombo, ben noto in ambienti jazz, concilia nel suo stile e nelle sue composizioni l'ispirazione geografica e culturale extraeuropea, l'excursus improvvisativo e la radice etnomusicale del Novecento europeo, come ben risulta dall'ascolto del suo disco solista Composizioni. Qui sono raccolte composizioni pensate e costruite nell'arco di 15 anni, come i 21 studi per pianoforte, le due Fantasie per pianoforte o Il castello di vetro (per flauto e pianoforte).



Musica jazz
Marzo 1997
di Libero Farnè
Conserto
Modern Times 30138

Per introdurre questo cd è indispensabile premettere un paio di precisazioni.Innanzitutto il trentacinquenne Massimo Colombo, pianista e compositore milanese, che collabora dalla fine degli anni '80 con alcuni dei più importanti jazzisti italiani, è solo parzialmente responsabile di questa musica.Non compare infatti negli ultimi quattro brani, dei quali non è l'autore, mentre nella Swahili Suite (che comprende i primi nove temi), di sua composizione, interviene come pianista con molta parsimonia, per l'esattezza solo in tre brani. In secondo luogo il Saxmobile, quartetto di sassofoni originato dall?Ensemble Mobile per iniziativa di Tino Tracanna, si presenta al completo, offrendo quindi la complessità timbrica e armonica caratteristica di questo tipo di formazione, solo in pochi momenti del disco: per esempio in Richiami, nel finale di Insetti, in il 7 nel 224, a firma di Roger Rota.La musica, prevalentemente scritta e attentamente arrangiata, presenta una certa varietà di formazioni e di soluzioni strutturali. A Swahili Suite, che alterna cinque movimenti "base", quelli dispari, nei quali vengono esposti e sviluppati i temi principali, a quattro movimenti di collegamento più brevi, quelli pari, eseguiti in duo o in trio, che contengono riferimenti melodici o ritmici ai brani che precedono o seguono. All'interno di questa articolazione si collocano gli spunti solistici del leader, di sensibilità neoromantica, e quelli dei sassofonisti: il soprano di Tracanna e il tenore di Rota, inscindibilmente intrecciati, in Terra rossa; il sorprendente e mobile tenore di Moraschini in Elefanti snob; ancora il tenore dell'ormai maturo Nacci in Insetti. E' comunque il "maestro" Tracanna, al soprano, che emerge con maggior frequenza, per esempio in Richiami. Un doveroso accenno infine va fatto al contributo fondamentale di Pierre Favre. A parte il suo ammirevole ruolo solistico in Richiami ed Insetti, il percussionista svizzero conferisce un sapore particolare ai collettivi con le sue austere strutture poliritmiche e con la sua sonorità concreta e primordiale, di grande fascino.


Percussioni
Maggio 1997
di Mario Riggio
Conserto
Modern Times 30138

Giochi di società. Massimo Colombo (già tastierista di Linea C) dà respiro internazionale al percorso musicale che lo aveva portato ad incidere l'album "Games" con Tino Tracanna e con lo sfortunato amico Naco. Ispirato dalle nuove avventure geografiche del navigatore Colombo, appassionato viaggiatore, Conserto veleggia per il Mediterraneo e scopre l'Europa. Un' Europa centrale, un po' svizzera e un po' scandinava. L'intreccio degli strumenti è certamente originale, un pianoforte (Colombo), quattro sax (Tino Tracanna, Alberto Nacci, Roger Rota e Maurizio Moraschini) e un percussionista, o meglio quell'incredibile ricercatore di suoni che risponde al nome di Pierre Favre. Composto principalmente da un'unica opera "Swahili suite" (Op. 205), Conserto approfondisce le combinazioni armoniche, ritmiche e timbriche del sestetto. L'intreccio che esce fuori è progressivo ed intrigante, a volte i ruoli si invertono: i sax creano ragnatele ritmiche e le percussioni giocano con la melodia, sfoggiando suoni curiosi e sempre al posto giusto. Per quanto Massimo Colombo dichisri di essersi ispirato al Nordafrica, la musica di Conserto è un'espressione tipica della cultura europea, tesa oltre il jazz ed al di là delle tentazioni etniche. L'opera è coraggiosa, dedicata ad un pubblico attento, ma diverte. Le poliritmie approfittano delle straordinarie capacità timbriche di Pierre Favre, un musicista unico nel suo genere. Colombo naviga per scoprire terre lontane, ma rimane ancorato alle sue radici europee: visti i risultati è meglio così. Fino al prossimo viaggio.



Giornale della Musica
Maggio 1998
di Pietro Mazzone
Il suono elegante
Symphonia Sim 02
I dialoghi profondi e attenti di Colombo

Disco splendido, questo nuovissimo di Massimo Colombo: una musica concentrata, ripiegata su se stessa istante dopo istante, quasi a voler restituire all'ascoltatore la cronaca minuziosa di sfumature, guizzi, profondità e malinconie dell'anima colte al volo, nella loro immediatezza. Nei 19 Preludi Apolidi, il pianista e compositore milanese intreccia altrettanti duetti con strumenti tutti diversi. Il primo "dialogo" è con se stesso: poi via via col flauto di Riccardo Luppi, coll'oboe di Mario Arcari, con Attilio Zanchi al basso elettrico, col rullante di Christian Meyer: un'idea che permette ai suoi ritornelli melodici di fluire con grazia e nitore. Sorretti da un senso ritmico costante e leggero, pervaso dalla nostalgia ora del tango ora della milonga, ora del samba: toccati come da una brezza da un sapiente gioco improvvisativo restano in perfetto equilibrio fra jazz e musica scritta.



Ritmo
Maggio 1998
di Dario Beretta
Il suono elegante
Symphonia Sim 02

I Preludi Apolidi (op.277) riguardano 19 accenti musicali che il pianista milanese esegue accompagnandosi, in ognuno di essi, ad un amico musicista. Sono accenti poichè molto brevi, linee melodiche pregnanti che nascono da culture europee, extraeuropee, in particolare da quelle brasiliane. Massimo Colombo è sostanzialmente un pianista di musica classica prestato al jazz ed al funk e nelle sue composizioni queste radici emergono nei duetti dei "Preludi", uno per tutti quello con il violinista Stefano Montaldo. In ognuno dei quali Colombo sfodera una consistente eleganza stilistica che si manifesta nelle esposizioni auliche dai molti riferimenti, sostenuto di volta in volta dall'accostamento di fiati (Riccardo Luppi, Mario Arcari, Tino tracanna, Emanuele Cisi, Emilio Galante), corde (Attilio Zanchi, Stefano Cerri) o percussioni (Luigi Bonafede, Walter Calloni ecc.) che il musicista di turno adopera al compimento di questo progetto tanto gustoso quanto originale. Che, tuttavia, non si esaurisce e prosegue con 7 Pezzi per la mano sinistra (Op.269), dove il virtuosismo solistico del pianista emerge nelle composizioni tutte giocate sulle note gravi della tastiera per concludere fantasiosi percorsi musicali. Nella terza e ultima sezione abbiamo 25 Pezzi facili (Op. 231), che in realta sono 10 e che Colombo ricava da ritmi e da armonie jazzistiche o dal song europeo ed americano. In tutti la spiritualità dell?autore è copiosa e questo ultimo lavoro rappresenta un compendio di dotte meditazioni che animano un musicista di talento, a cui unpoco di presunzione non farebbe mai difetto.



Musica Jazz
Giugno 1998
di Gian Mario Maletto
Il suono elegante
Symphonia Sim 02
Creazioni ai margini del jazz (e dei riflettori)

Istruttivo e piacevole come una passeggiata in un paesaggio relativamente nuovo: ecco come può rivelarsi un momento d'attenzione ad alcune realtà fra le meno esposte del jazz italiano, marginali vuoi per collocazione geografica, vuoi per una certa distanza dai canoni usuali. Certo non si può considerare una "scoperta" un pianista come il milanese Massimo Colombo: è sulla scena jazzistica da dieci anni buoni, ma spesso impegnato, in una sua rucerca accademica. Anche il Suono elegante vi si lega, ma in quei diciannove Preludi Apolidi op. 277 si affiancano alla tastiera del Leader, in rapidi duetti, ben noti jazzisti quali Luppi, Arcari (sempre piacevole oboista), Zanchi, Cerri junior, la cantante Barbara Casini, tracanna, Cisi, Luigi Bonafede e diversi altri, ognuno con il suo mezzo espressivo: sono bozzetti brevi, d'una delicatezza postromantica.Poi Colombo è solo, e prosegue con 7 Pezzi per la mano sinistra e 25 pezzi facili, in cui brucia in continuazione una quantità
poderosa di virtuosismi compositivi, insomma idee. Di jazz o no.



World Music
Dicembre 1998
di Guido Festinese
Il suono elegante
Symphonia Sim 02

Chi ha apprezzato le eleganti digressioni elettriche ed elettroniche di Linea C, forse il miglior gruppo italiano a muoversi sulla scia di Zawinul e della fusion senza rambismi, avrà senz'altro notato la scioltezza e comunicativa di tocco del pianista e tastierista Massimo Colombo. Questo lavoro, diviso in trentasei brevi tracce, raccoglie in tre blocchi i Preludi Apolidi, i 7 Pezzi per la mano sinistra e i 25 pezzi facili: composizioni per solo pianoforte, o in duo con alcuni dei più bei nomi del jazz italiano. In difficile equilibrio fra ricordi neoromantici, e infinite, composite affluenze del ceppo delle musiche afroamericane, il lavoro coglie in epitome le ragioni di un dialogo sempre più necessario fra le musiche. E il senso di sorgiva freschezza dell'impianto melodico del tutto garantisce parecchi momenti memorabili.



Ritmo
Aprile 1999
di Dario Beretta
The Great Naco Orchestra
Symphonia SIM 03

Il disco è stato registrato live nel corso della prima edizione del festival jazz estivo di Laigueglia e riporta il concerto della serata finale, inteso a commemorare la figura artistica di un musicista scomparso prematuramente che, nonostante la breve carriera, era stimato da tanti colleghi con i quali aveva diviso la gioia di suonare il jazz: Giuseppe Naco Bonaccorso, conosciuto semplicemente come Naco, sfortunato percussionista molto ricercato per la sua fantasia e per la sua poliedricità ritmica, che concluse la propria esistenza su un nastro d'asfalto tra le lamiere della sua auto nel 1996. A Massimo Colombo, arrangiatore dei 17 brani contenuti nel CD, Naco era legato da uno spirito artistico e umano intensi e così si spiega la realizzazione del presente disco, a celebrare un avvenimento musicale tanto denso di situazioni e personaggi. Laigueglia Jazz Festival e Percfest (concorso internazionale per percussionisti) sono stati il luogo d'incontro di tantissimi musicisti italiani e stranieri accorsi per ricordare il collega. La kermesse sonora fa riferimento in prevalenza a echi musicali latini. I brani presentati sono dello stesso Naco, di Massimo Colombo, di Luigi Bonafede e altri: tra gli interpreti (ci spiace non poterli citare tutti) ricordiamo Attilio Zanchi, Riccardo Luppi, Tino Tracanna, Emanuele Cisi, Stefano Cerri, Walter Calloni, Michael Rosen, Bebo Ferra, Dado Moroni, Marco Micheli, Barbara Casini, Elio (quello delle storie tese) e molti ancora a dare vita alla spettacolare grande Orchestra (con vari componenti a seconda dei temi e comunque tutti all'altezza della propria fama), anch'essa soggetta a momenti di riflessione per lasciare spazio al Moroni classico nel meditato solo di Piece No. 1 oppure ai temi sentimentali scritti dall'arrangiatore e deus ex machina della manifestazione. Infatti il lavoro di Massimo Colombo, orchestratore e coordinatore dell'orchestra, ha dato ottimi risultati, le sequenze musicali si susseguono piacevolmente, gli intensi ritmi sudamericani e latini rievocano la specializzazione di Naco. Preghiera, nel finale, stende di velata tristezza il ricordo del ragazzo dal cranio rasato intento a ripercuotere i tamburi, bongo, congas....




Il sole 24 ore
Ritmi nel tempo
Novembre 1999
di Gian Mario Maletto
The great Naco Orchestra
Naco è vivo con gli amici jazzisti

Chi, anche da lontano, segue le vicende del jazz si sarà ben reso conto del valore che gli americani attribuiscono al suo passato, come per tenere in vita quanto ciascuno (non soltanto i grandi maestri) ha lasciato.E' un culto che porta anche a creare vere e durature istituzioni, come la magnifica Mingus big band di cui si è parlato di recente, o come quest'intero anno del centenario di Duke Ellington. Ma non è soltanto il grande jazz di fama mondiale, insomma non soltanto gli americani, a onorare le nobili ombre che hanno fatto la storia di questa musica.Alla memoria basta anche molto meno per sopravvivere: manifestazioni spicciole di affetto sorgono anche da noi, rispettando questo impegno di non dimenticare. Bisogna così segnalare, tanto è stata bella, un'iniziativa rivolta a un musicista italiano del quale è giusto che resti il ricordo: quel magnifico percussionista che si faceva chiamare Naco (suo vero nome era Giuseppe Bonaccorso), perito in un incidente stradale, a trentacinque anni, nell'estate di tre anni fa. Naco era il più "brasiliano" dei jazzisti italiani, tanto aveva assorbito le magie che sanno suscitare i percussionisti di laggiù, soprattutto traendo ispirazione dal celebre Nana Vasconcelos. Siciliano di nascita, abitava ora in Liguria e per questo ogni estate a Laigueglia si celebra
Naco con un buon festival; con l'ottima idea di chiamare a raccolta in quella occasione ottimi musicisti per formare una Great Naco Orchestra, un omaggio in più a quel talento che ha davvero lasciato un vuoto. Ma c'è di più. Quest'anno chi è andato al festival si è trovato anche la bella sorpresa di un disco.L'arrangiatore e compositore è il pianista Massimo Colombo, tra i nostri jazzisti é uno dei più dotati e preparati in fatto di composizione. Ai musicisti ospiti (nel disco se ne alterna una quarantina) ha imposto arrangiamenti originali sia di musiche di Naco, sia di cose proprie e altrui che riecheggiassero quello spirito latinoamericano, ora sfrenatamente allegro, ora dolentemente nostalgico. Da notare che tra i solisti non sono soltanto jazzisti di qualità come Dado Moroni (in un bel pezzo di pianoforte solo), come Tracanna, Cisi, Luppi, Bonafede, Cerri junior, Calloni o il fratello di Naco Rosario Bonaccorso; ci sono personaggi anche della musica pop. In primo luogo Elio e altri delle sue impertinenti Storie Tese, e del resto Naco fu chiamato spesso a collaborare fuori dell'ambito jazzistico, per esempio con Jovanotti. E naturalmente in questo gradevole The great Naco Orchestra, disco ricco di sapori musicale e di significati umani (se parliamo di un disco così lontano da intenti commerciali, è perchè ha toccato il suo bersaglio), abbondano i percussionisti, impegnatissimi a ricordare un giovane amico jazzista che dimenticare, davvero, non si può.




Musica Jazz
Febbraio 2000
di Claudio Donà
The Great Naco Orchestra
Symphonia SIM 03

Il ricordo di Giuseppe "Naco" Bonaccorso, eccellente percussionista (siciliano
di origine e ligure di adozione) scomparso prematuramente nel 1996, si rinnova ogni anno nel borgo marinaro di Laigueglia, vicino ad Alassio, con il Percfest, importante concorso internazionale per percussionisti a lui dedicato.
Nel 1998, al termine della manifestazione si è riunita per un concerto una big band formata da ottimi musicisti italiani, che a Naco in qualche modo erano legati. A dirigerla è stato chiamato il pianista e compositore Massimo Colombo. I risultati sono stati a tal punto positivi che l'orchestra si è presto ritrovata in studio d'incisione, dove nell'arco di un mese ha registrato questo disco, riuscito e piacevole. Dal solo pianoforte alla big band, i diciassette brani offrono una gamma davvero variegata di situazioni musicali ma l'album non appare per questo diseguale o frammentario. La melodia larga e cantabile di Habanero e l'ipnotica marcia di El sueno de Naquito portano la firma di Naco e sono entrambe intrise di aromi latinoamericani, grazie anche alla nutrita presenza di strumenti a percussione. Sembra ispirarsi a un'atmosfera analoga anche Mattbon, una bella composizione del contrabbassista Rosario Bonaccorso, fratello di Naco. Lo stesso può dirsi dei sei brani di Colombo, che obbediscono però a una più rigorosa costruzione jazzistica. Fra queste sono da ricordare almeno il dolcissimo Sentimiento e un contagioso Pablito, molto diversi ma egualmente riusciti. E molto belli i soliloqui pianistici di Moroni e Buonafede, quest'ultimo davvero in gran forma, ma anche il duetto finale fra le tastiere di Colombo e Spinosa, principali responsabili (il primo per la parte musicale, il secondo per quella tecnica) dell'operazione.



Tempo Economico
Febbraio 2000
di Rosa Tessa
Mondo, Massimo Colombo World Ensemble
Symphonia SGR 04
Giro del Mondo in 50 minuti

E' un vero cosmopolita quello che giunge dalle note di "Mondo" ultima fatica del pianista Massimo Colombo, tra i jazzisti italiani, uno dei più dotati in fatto di composizione. Quattordici brani che compongono un viaggio musicale costruito attraverso sonorità lontane, dal Medio oriente al Tibet, dal Sud Africa a Rio de Janeiro, interpretate da un timbro jazzistico che riconduce lo spirito dei pezzi ad un universo musicale che va ogni oltre ristretto confine della musica etnica. E della sua peculiare abilità virtuosistica, Massimo Colombo, ne dà prova nell'ultimo brano del disco "sonata libera per pianoforte". Prodotto da Symphonia sgr di Milano. Questa non è la prima volta di Simphonia che già da quattro anni porta avanti quest' iniziativa musicale, promossa da Giampaolo Abbondio, uno dei soci fondatori. Sono sempre di Massimo Colombo i due dischi precedenti: "Il suono elegante" e "the great Naco orchestra".
>