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PIERO BASSINI.
La tradizione e il tormento della musica afroamericana, la ricerca formale e l'introspezione di quella europea, vissute sulla tastiera

di Daniele Cecchini
courtesy of Audiophile Sound

Nascita di uno stile
I
l jazz è fatto di ‘scuole'. Parlando di un musicista, sia esso Tizio Trombettista o Caio Batterista, per prima cosa se ne inquadra la filiazione stilistica e tecnica. A pochissimi jazzmen è dato di passare dalla parte dei discepoli a quella di creatori del verbo jazzistico. Di fatti, i modelli di riferimento sono pochi e duraturi.

Avvicinamento a JAZZ a Domodossola 2001 - 29/03/02 - Teatro comunale "G.G.GALLETTI"Anche Piero Bassini, pianista nato nel 1953 nel lodigiano, ha dovuto fare i conti con la tradizione, col linguaggio pianistico del jazz così come lo hanno plasmato i musicisti che lo hanno preceduto. Prima di Bassini, ma anche ‘dentro' Bassini, ci sono Oscar Peterson, la cui influenza è evidente soprattutto nella condotta melodica del pianista lombardo, Bill Evans e Bud Powell, che invece lo hanno guidato nell'arte della musica d'assieme. I rimandi a Powell ed Evans sono in effetti imprescindibili, per un musicista che, come Bassini, ha trovato la sua dimensione ideale nel trio con basso e batteria, oltre che nella performance in solitudine. Ma se si prova a ridurre il pianismo di Bassini a questi modelli si manca clamorosamente il centro della questione, perché in Bassini si trova più di un qualcosa che è irriducibile ai grandi del jazz, siano quelli già citati (e tra l'altro indicati dallo stesso pianista) siano i McCoy Tyner o i Paul Bley più volte tirati in ballo dalla critica, anche quella statunitense, per esemplificare ora la portata innovativa di Bassini, ora il suo lirismo. Dunque, Bassini è un pianista sul quale gli stimoli di chi lo ha preceduto nella storia del jazz hanno funzionato come elementi formativi ma non limitanti né definitivi. Oltre il confine billevansiano e budpowelliano, Bassini ha saputo definire una propria poetica, sostenuta dalle proprie composizioni originali e da un lavoro di sintesi e amalgama degli stili e le forme del jazz, in parte rispettati in parte elusi dal pianista. Citando un autore che mi rimane ignoto, non avendo trovato la firma in fondo al suo scritto, «si potrebbe dire che Bassini compone le cose che avrebbe voluto scrivere Bill Evans e che Keith Jarrett non riuscirà mai ad esprimere».

La classicità, in Bassini, va ben oltre quella della tradizione della musica afroamericana, riallacciandosi, come avveniva in Bill Evans, a un modo ‘colto' di pensare al ruolo del pianoforte jazzistico. In questo risalta l'anima ‘bianca' del pianista, nella cui raffinatezza formale, l'acuta introspezione timbrica e la ricercatezza armonica non possono non sentirsi echi della tradizione colta europea. Le idee armoniche sfoggiate in Suite with a Latin Tinge (nel CD Intensity) non sarebbero comprensibili senza il retroterra della musica colta contemporanea. Ma non vanno sottovalutate la fluvialità dell'improvvisazione tematica, la dirompente carica ritmica e il tormento che traspare dal solismo di Bassini, e che ne costituiscono il lato più oscuro, una blackness propriamente jazzistica.

Esordi e Open Form Trio
Ma riprendiamo in mano la storia di Bassini. Dopo gli esordi rockettari, il pianista trova la via del jazz all'Università Statale di Milano. Lì, nella prima metà degli anni Settanta, oltre a Bassini, si aggira Sergio Veschi, allora noto come animatore del Movimento Studentesco e organizzatore delle sue attività musicali, oggi soprattutto per aver legato il suo nome a parecchie decine di produzioni discografiche del miglior jazz nostrano e internazionale. Bassini si esibisce in solitudine sul palco che, all'interno della Statale, ospita il Festival delle Nuove Tendenze: è il momento della definitiva svolta jazzistica. Qualche anno dopo arriverà anche, sempre con la complicità di Veschi, l'esordio discografico, con l'album Tonalità. Bassini attira subito pubblico e critica dalla sua parte, incomincia a farsi strada nel circuito concertistico e rinsalda il sodalizio con Veschi incidendo un nuovo disco in piano solo per la sua Red Records: Open Form Contrast. Nella musica per piano solo di Bassini si trovavano già allora molte influenze boppistiche, echi di blues e gospel, strutture asimmetriche e forme aperte e dilatate. Il senso del ritmo è assai marcato, il fraseggio e la condotta melodica sono rapsodici e circolari, lo sviluppo tematico fatto di spunti abbandonati e poi ripresi. In queste opere giovanili si riscontrano certo anche alcune ingenuità, ma il valore poetico e il pathos delle improvvisazioni di Bassini rimangono innegabili.

La musica di Bassini trova allora il suo ideale prolungamento ispetto alla formula del piano solo in quella del trio con pianoforte, con la costituzione dell'Open Form Trio, con Attilio Zanchi al contrabbasso e Giampiero Prina alla batteria. All'inizio degli anni Ottanta il trio accompagna dal vivo Bobby Watson, sassofonista fresco dell'esperienza nei Jazz Messengers di Art Blakey. Delle serate al club milanese Le Scimmie rimane anche un documento discografico pubblicato dalla Red Records: Perpetual Groove. Prima di esso, l'Open Form Trio aveva però già esordito su disco, sempre per l'etichetta rossa di Milano, con l'album Old Memories, del 1980. In questo disco, che inizialmente si intitolava Bapriza, dal nome dei tre musicisti, e che oggi è fuori catalogo, l'Open Form Trio mostrava una personale declinazione delle più significative esperienze in trio di Chick Corea (quello di Now He Sings Now He Sobs) e McCoy Tyner (i trii Impulse). Avvicinamento a JAZZ a Domodossola 2001 - 29/03/02 - Teatro comunale "G.G.GALLETTI"Il gruppo ebbe un notevole impatto sulla scena jazzistica italiana dell'epoca, trovando grandi consensi ma anche molti avversari. Al centro della querelle era la novità del linguaggio, che risultava troppo tradizionalista per i seguaci dell'avanguardia. Ma un tale giudizio non coglieva in verità nel segno, visto che per i sostenitori del jazz classico il trio risultava invece decisamente innovativo.

Qualche anno dopo Perpetual Groove, Bobby Watson, che nel frattempo ha ulteriormente sviluppato il proprio stile e la tecnica, torna in Italia per dei nuovi concerti milanesi. È ancora l'Open Form Trio ad accompagnarlo. La qualità del supporto ritmico è tale che Watson decide di usare questa formazione per una registrazione discografica in studio dalla quale escono ben due album: Appointment in Milano e Round Trip. È il 1985.

L'Open Form Trio con Bobby Watson
Un riff di contrabbasso nel registro più acuto dello strumento, poi il ritmo segnato dallo schioccare di dita e gli accordi pianistici indicano a Watson la via d'accesso, che il sassofonista imbocca con una scala discendente piovuta dal cielo e dalla quale si origina il tema di Appointment in Milano, con il legato e il timbro inconfondibili del sassofonista di Kansas City. Questa l'apertura del disco, che nel 1986 è scelto dal Sunday Times come miglior album di jazz dell'anno e che ancora oggi è un momento imprescindibile delle carriere discografiche sia di Watson che di Bassini. In Appointment in Milano confluiscono sei dei brani registrati nella seduta del 6 febbraio 1985 da cui nasce anche Round Trip. In questo caso, le composizioni sono tutte originali: quattro di Watson, una di Bassini e un'altra di Zanchi.

Watson improvvisa per frasi velocissime e lunghissime, dimostrando una tenuta di fiato impressionante e un turbinio di idee che danno al materiale tematico e armonico di partenza la forma di una spirale, nella title track. Bassini, nei suoi interventi solistici, segue il percorso già indicato da Watson, potendo con lui competere nella capacità di accelerare il discorso melodico. Sempre nella title track, c'è spazio per un assolo di contrabbasso. Anche Zanchi, che suona il contrabbasso con l'archetto, quasi imitando una voce sassofonistica, adotta una velocità proibitiva per il suo strumento. Nella successiva Ballando è il ritmo della batteria di Prina a dominare, dando a Watson l'input per una nuova esibizione improvvisata di tipo centometristico e con salti all'acuto da togliere il fiato. If Bird Could See Me Now è un'unica arcata in legato di 3 minuti e mezzo che Watson affronta da solo, in respirazione circolare: un momento memorabile. (I'm) Always Missing You è l'unica ballad del disco, per il resto dominato dai tempi veloci. In essa si mostrano, oltre alla maestria di Watson nell'ideare splendidi temi, quelle capacità melodiche che il sassofonista ha approfondito in dischi più recenti. La composizione di Zanchi, Funcalypso, raggiunge le vette dell'hard bop in un duetto tra sax e batteria in cui Watson e Prina si rimpallano accenti su accenti con una unitarietà di intenti e ritmo sorprendenti per una improvvisazione di coppia. Il brano ideato da Bassini, Watson's Blues, sconfina a tratti nel free, oltre a permettere a Watson di mostrare la sua ascendenza parkeriana e di lanciare frasi come fossero siluri, schegge di bop in cui l'abilità tecnica non limita minimamente la musicalità. Anche Bassini non è da meno nella speditezza delle linee improvvisate: da quello che ascolteremo nei suoi successivi dischi dobbiamo ritenerle indicative del suo stile personale, non un modo di seguire la rotta di Watson.

Nonostante la comune origine e la medesima caratura interpretativa, Round Trip si distingue da Appointment in Milano per il repertorio proposto: in questo album sono infatti confluiti quattro standard, oltre a una composizione originale di Bassini, Sweet Dreams, e un'altra di Watson, All the Thing of Jo Maka. Gli altri pezzi sono Ceora, di Lee Morgan, con il tema esposto da Watson in punta di dita prima che il tempo acceleri e prenda le fattezze di un calypso; Blue in Green, che Bassini porta a conclusione con un assolo che è, per penetrazione timbrica nel senso della composizione evans-davisiana, un momento privilegiato per apprezzare la profondità dello sguardo di Bassini su questa musica; There Is No Greater Love e Round Trip, con un assolo di Bassini di incredibile modernità, inizialmente tutto giocato sulla scomposizione armonica, al limite della tenuta tonale. Questa pagina di Ornette Coleman stimola nell'Open Form Trio le asimmetrie ritmiche e la frammentazione tematica, mentre per quel che riguarda Watson, che conserva il proprio modo di fraseggiare e respirare, l'influenza colemaniana può intendersi nell'andamento dinamico e, in parte, l'impostazione timbrica più aspra del solito.

In questi due dischi con l'Open Form Trio, Watson si produce in esecuzioni tra le più significative della sua carriera. Tra lui e Bassini si crea una competizione in brillantezza e inventiva che finisce col funzionare da stimolo reciproco per i due musicisti.

Nuovi Trii e altre formazioni
M
entre nell'incontro con Watson Bassini sperimenta sì la formazione quartettistica, ma dalla posizione privilegiata datagli dall'essere ancora alla testa del suo Open Form Trio, la registrazione di In the Shadows, sempre per la Red Records, avvia il pianista ad organici più diversificati. In questo caso ci sono Michele Bozza al sax, Gianni Grechi al contrabbasso e Giampiero Prina alla batteria, mentre la presenza del percussionista Luis Agudo trasforma la formazione in un quintetto. Avvicinamento a JAZZ a Domodossola 2001 - 29/03/02 - Teatro comunale "G.G.GALLETTI"In questo album, oltre al solista, si apprezza soprattutto il Bassini compositore di linee melodiche di rara profondità e bellezza. I suoi temi non sono dei pretesti, magari anche felici, per l'improvvisazione, ma catturano piuttosto degli stati d'animo nei quali è facile identificarsi, per la loro capacità di riflettere, nella musica, la vita. Viene in mente il nome di Ornette Coleman, ma i temi di Bassini possiedono comunque uno spleen e un colore che è soltanto loro.

Ancora in quintetto è l'album Into the Blue, una produzione Red Records del 1987 che ha un solo difetto, quello di non indicare chiaramente sulla copertina i nomi dei componenti della formazione, il che crea non pochi grattacapi a chi deve deciderne l'acquisto. Comunque, gli autori dei brani indicati sul retro di copertina sono anche i membri del quintetto: Flavio Boltro (tromba), Michele Bozza (sax), Piero Bassini, Riccardo Fioravanti (contrabbasso) e Giampiero Prina. Il disco si basa su un'idea abbastanza semplice: l'esplorazione delle strutture e forme blues all'interno del linguaggio jazzistico, tra bop e modern jazz, sostenendola però con un risultato musicale di assoluto rilievo dovuto alla prova esecutiva del quintetto. Ogni membro del gruppo fornisce una composizione: Bassini contribuisce con Step's Blues; da Bozza viene Night Road; Prina fornisce Paulermin's Blues, nella quale c'è spazio solistico per tutti; Bluesixteen, di Fioravanti, ha il fervore del modern bop, pur rimanendo un solido blues, di quelli che, per la capacità di ricordare i classici del genere, pare di aver già sentito da qualche parte; Blues by Night rivela la vena più funky e latina di Boltro; Into the Blue, che si apre con un giro di basso e batteria la cui flemma si addice al blues, mentre le punteggiature della tromba si rapprendono progressivamente nel tema, porta la firma di tutti i membri del gruppo.

Ma la dimensione prediletta da Bassini è quella del trio, alla quale il pianista ritorna per due nuove produzioni discografiche, al momento le ultime per l'etichetta Red Records: Nostalgia e Intensity, dischi che, ancora una volta, si impongono al pubblico (Nostalgia è uno dei dischi di jazz italiano più venduti di tutti i tempi) come alla critica (entrambi i titoli sono stati segnalati tra le migliori produzioni di jazz italiano dal referendum Top Jazz della rivista Musica Jazz).

Nostalgia è un album nel quale confluiscono molte tradizioni: il blues jazzistico (Step's Blues), il bop (Bud's Time), il jazz in tempo di walzer, alla Bill Evans (Autumn Waltz), la ballad (Nostalgia). Nella title track, Bassini dimostra un'ispirazione rapsodica, nel mentre Prina, con le spazzole, rende fibrillante lo slow tempo. Circling Tone, che Bassini esegue in solitudine, funziona come un assolo attorno a un'idea, col suo melodiare erratico che ritorna su se stesso e una struttura armonica che si espande e torna a rapprendersi per moti concentrici: il bop powelliano come eterno ritorno. Reflections (nulla a che vedere con l'omonima composizione di Monk) si avvia con un'ariosa introduzione del solo Bassini, per poi acquistare mordente, in una commistione di leggerezza e intensità ritmica. Blues for Gwen, l'unica composizione dell'album che non porta la firma di Bassini (è invece di McCoy Tyner), ha tutti gli spigoli del bop classico. Qui, il pianismo di Bassini è fatto di incastri cubisti tra la scansione armonica e lo spezzettamento melodico, mentre l'improvvisazione procede con fluida velocità, come tipico del pianista lodigiano. La scelta del brano di McCoy Tyner dimostra poi quanto fossero aggiornati e sofisticati i riferimenti musicali di Bassini, nei quali sono riscontrabili tonalità e modalità, spesso accanto alla ripresa di stilemi preboppistici.

La scansione ritmica del pianoforte, in One Dollar Blues, ha il carattere démodé della musica da honky tonky, mentre l'improvvisazione della mano destra trapassa con naturalezza a modi boppistici più moderni. Ritornando sui titoli già citati, Autumn Waltz vola del ritmo di danza e scuote per impeto esecutivo, col pianismo di Bassini in progressiva accelerazione, il drumming nervoso e scattante di Prina, il sostegno robusto e implacabile di Furio Di Castri al contrabbasso. Step's Blues ha un tema che è penetrante quanto un aforisma, mentre in Bud's Time l'accompagnamento armonico della mano sinistra è fatto di interrogativi e pause: i buchi nella struttura tonale del brano assumono lo stesso valore degli accordi scanditi. All'opposto, la mano sinistra e il pacing ritmico di basso e batteria procedono a tempo spedito. Il disco si conclude con Billie's Blues, l'esposizione del cui tema lascia spazio a una colossale elaborazione improvvisativa, una dozzina di minuti durante i quali Bassini fa tutto da sé, tra echi di honky tonky e riapparizioni dello spunto tematico: una cavalcata tra stili del blues e memoria jazzistica.

Se Nostalgia rappresenta al meglio il modo in cui Bassini sente e rielabora varie correnti della musica afroamericana rimanendo nel solco della sua tradizione, Intensity ne mette invece in mostra il lato più sofisticato e sperimentale. Ciò è immediatamente evidente in «Prelude», l'introduzione in stile libero del brano d'apertura, Suite with a Latin Tinge: un cantabile pianistico con incisi penetranti del contrabbasso e vapori prodotti dai piatti. L'originale impianto formale della Suite continua con «Mono-tono», Avvicinamento a JAZZ a Domodossola 2001 - 29/03/02 - Teatro comunale "G.G.GALLETTI"la sezione in cui compare l'eponima tinta latina, nel tema enunciato dal pianoforte, quando già il ritmo alle sue spalle si è lasciato dietro il carattere meditabondo dell'introduzione, facendosi swingante. È qui evidente come i temi di Bassini, più che essere boppistici in senso stretto, richiamino piuttosto una pluralità di elementi, dai più tradizionali ai più moderni. La Suite si conclude con una sezione, «Intensity», avviata dal solo pianoforte in una tonalità allargata che sfiora la dissonanza, à la Andrew Hill. Il trio si avventura poi in territori ritmicamente disarticolati, una specie di free bop, ma molto cauto nel versante free.

Quella di Intensity è una pittura sonora cubista, un percorso di ripensamento del jazz attraverso il filtro dello stile personale e ricercato di Bassini, che passa per la mediazione della musica colta novecentesca, dando vita a una variante modern creative della musica afroamericana. Le geometrie complesse del gioco percussivo e il profilarsi delle linee pianistiche proseguono in Parallelism, mentre Segment è sbalzata alla maniera di Monk, secondo una ricerca sonora e formale che si allontana dal bop e lo swing, tra libertà e rigore espressivi. Ancora, tra le composizioni di Intensity, tutte di Bassini tranne due standard (Things Ain't What They Used to Be e Blue in Green), si trovano pezzi per il solo pianoforte in cui si può rintracciare tutta l'arte di Bassini: il libero gioco delle tonalità di Chromatic ed Eight Tones, la cui armonizzazione corrusca è illuminata a luce radente dagli ispanismi della possente scansione.

Coda
N
egli ultimi anni Bassini si è un po' defilato dalla scena musicale, limitando le uscite sia concertistiche che discografiche, con alcuni titoli apparsi su etichetta Splasc(h) che nel contesto della sua produzione ci sembrano minori.

Attendiamo un ritorno alla ribalta di questo grande pianista, oggi forse tediato dalla scarsa attenzione che parte della critica e gli organizzatori musicali gli hanno riservato in anni recenti, nonostante i suoi mezzi espressivi si siano andati raffinando sempre di più nel corso del tempo. Forse, contro Bassini ha giocato la sua proverbiale modestia, quell'essere schivo e riservato sino al limite dell'autolesionismo professionale. Tra questo modo di essere e la grande forza espressiva della sua musica il contrasto non poteva essere più accentuato.

COMMENTO TECNICO
di Daniele Cecchini

Registrazioni in trio e quintetto
P
rocediamo a ritroso, cioè da Intensity, il più recente degli album incisi da Bassini per la Red. Registrato con due diverse formazioni, il disco presenta alcune diversità soniche tra le tracce, anche se tutte sono state catturate su nastro nello stesso studio (Studio 7 di Milano) e in un'unica giornata (15 febbraio 1995).

I brani eseguiti dal trio con Massimo Pintori alla batteria (tracce 1-3 e 10) presentano un contrasto muscolare, dinamica a pieni polmoni e un'apertura delle frequenze sia in alto che nel registro basso. Si apprezzano l'estensione del registro pianistico, la nettezza dei transienti percussivi, la fluidità del segnale dei piatti fatti vibrare a lungo, la corposità e la presenza del contrabbasso (Suite with a Latin Tinge). La scena sonora è semplice, come si addice a una formazione di così ridotte dimensioni: la massima efficacia col minimo dell'artefazione. Il suono è proteso in avanti, con il contrabbasso e la batteria a centro-destra e il pianoforte più a sinistra (Parallelism). Rispetto ai dischi che vedremo di seguito, questa più recente opera di Bassini gode di un maggiore microcontrasto e respiro dinamico: il messaggio musicale è sempre perfettamente definito, senza la minima opacità a interferire col lavoro dei musicisti. Segment mette più che mai in risalto le proprietà acustiche e le dimensioni naturali dei tre strumenti, con un ottimo bilanciamento delle dinamiche e focalizzazione. L'insieme risulta sorprendente per naturalezza, senza forzatura in nessuna delle zone tonali.

I brani registrati con Ettore Fioravanti alla batteria (tracce 4, 5, 7-9) mantengono inalterate queste caratteristiche. In due di essi, però (Interval e Two Chords), si nota un sensibile soffio del master, un fruscio persistente che non altera comunque i parametri d'ascolto. Nell'unico brano in piano solo, Chromatic, la ripresa molto ravvicinata produce una notevole pienezza dinamica.

I due precedenti dischi di Bassini sono usciti dallo studio di uno dei più importanti tecnici del jazz italiano: Giancarlo Barigozzi. L'aspetto sonoro che Barigozzi ha conferito a Nostalgia è asciutto, essenziale, di una semplicità senza fronzoli assolutamente ideale per la piccola formazione, che è ripresa e restituita nella sua immediatezza. Il palcoscenico è semplice e chiaro, col contrabbasso a centro-destra, mentre pianoforte e la batteria si estendono per l'intera larghezza del fronte sonoro. La testiera è leggermente avanzata, la batteria un poco retrocessa nella scena. Alla corposità degli armonici, i toni caldi, l'ampia estensione e il bilanciamento della gamma di frequenza risponde un unico difetto: una leggera perdita di dettaglio, limitata ad alcuni passaggi dei brani a ritmo più veloce. I pezzi dalla scansione più rapida, infatti, presentano dinamiche leggermente livellate, mentre i brani lenti hanno volumi più elevati, risultando più convincenti nel bilanciamento delle dinamiche reciproche degli strumenti. Così, ad esempio, in Autumn Waltz c'è un leggero affievolimento del dettaglio, causato da una dinamica che non si concede completamente, mentre nella title track la maggiore energia sonora produce, oltre a un suono più corposo, una maggiore efficienza nella distinzione dei microfenomeni. Sempre nella traccia che dà il titolo all'album, il solo di contrabbasso è realistico nella timbrica e la dinamica, che restituisce la solidità, il ‘corpo' dello strumento e non solo delle note astratte. I piani dinamici ben stagliati, poi, partecipano alla creazione di un ambiente sonoro particolarmente sviluppato.

Sempre dal Barigozzi Studio esce Into the Blue, messo su nastro secondo la modalità live in the studio che distingue numerose produzioni Red Records. La dinamica mette in vista rilievi scultorei nelle linee strumentali. Queste sono poi dotate di un dettaglio cristallino: si senta la title track. La batteria, i cui pezzi sono fortemente spazializzati, è disposta in profondità, come anche il pianoforte, che è a sinistra. La tromba è avanzata, sul centro-sinistra, mentre il sax, a centro-destra, è dinamicamente meno presente della tromba (Paulermin's Blues). Il riverbero, ottenuto artificialmente, è particolarmente sensibile sul suono della sezione ritmica: da una parte si ha un notevole guadagno nell'immagine strumentale, che si allarga e si sviluppa in profondità, dall'altra il dettaglio non pare soffrire minimamente della coda sonora. Solo la resa timbrica degli strumenti è in parte alterata. I colpi della batteria risultano ammorbiditi nei contorni, piuttosto che stagliati. In Night Road, il contrabbasso è dotato di un notevole corpo, mentre i due fiati hanno un bilanciamento tonale che tende a privilegiarne la chiarezza dell'emissione. Solamente in Step's Blues si nota una perdita di precisione nel dettaglio strumentale, a causa dell'invadenza dei piatti, col pianoforte e il contrabbasso che faticano a emergere. Lo strumento di Flavio Boltro, qui come nelle altre tracce, è quello meglio catturato nella sua dinamica e colorazione timbrica.

In quartetto, con Bobby Watson
Appointment in Milano e Round Trip sono il ricco risultato di una sola session di registrazione. Come dire: due capolavori in un giorno solo… Il giorno in questione è il 6 febbraio del 1985, lo studio sempre quello di Giancarlo Barigozzi.

In Appointment in Milano, il sax risalta, in posizione centrale, avanzata e dinamicamente prominente, sul trio ritmico. Lo strumento a fiato è caratterizzato da un registro centrale di grande e ammaliante corposità, mentre ogni minima inflessione dinamica è catturata con precisione. La dovizia di microdettagli consente di godere al meglio dei passaggi in cui le dita di Watson accelerano all'inverosimile. La riproduzione del sax di Watson è il centro dell'attenzione di questo disco: nel brano in assolo, If Bird Could See Me Now, l'immagine dello strumento ad ancia è a tutto tondo, con un'estensione del registro senza limitazioni e la dinamica che è contemporaneamente raffinata e ‘verista'. La riproduzione del trio ritmico si sarebbe invece potuta giovare di un qualcosa in più nella messa a fuoco e il contrasto. L'immagine della batteria è larga, col suono delle pelli che denuncia un leggero filtraggio e il suono dei piatti un po' duro. In definitiva, si tratta di un'incisione che affianca un solista ripreso con smagliante veridicità e una sezione ritmica lasciata un po' in ombra.

Per quanto riguarda Round Trip, dovrei limitarmi a confermare quanto appena detto per Appointment in Milano, trattandosi di materiali dalla comune origine. Ma qualcosa di diverso, in effetti, c'è, ed è probabilmente attribuibile al lavoro di post-produzione. In questo disco, il bilanciamento tra il sax e il trio ritmico è più equilibrato: la sezione ritmica è decisamente meglio contrastata. Il sax non è più in primo piano: le sue dimensioni sono leggermente ridimensionate, permettendo di inquadrare meglio il solista nell'immagine del gruppo, che è più coerente e credibile di quella che si sentiva in Appointment in Milano, anche se il sax perde in parte la meravigliosa tornitura che aveva nell'altro disco. L'immagine del trio di Bassini è più evidente, con il pianoforte e il contrabbasso a centro-destra e la batteria che si allarga sul fronte sonoro, dietro gli altri strumenti. Il sax, che è a centro-sinistra, individua la front line assieme al pianoforte, senza sopravanzarlo. Blue in Green permette sia di apprezzare, in apertura di traccia, un duetto sax-contrabbasso dal pregevole equilibrio delle dinamiche e i timbri contrapposti, sia di verificare la qualità del dettaglio con cui è riprodotto l'Open Form Trio di Bassini, nella parte finale del brano in cui Watson lascia la scena ai musicisti italiani.

BASSINI, BOLTRO, BOZZA, FIORAVANTI, PRINA
INTO THE BLUE
F.Boltro (trump., flug.), M.Bozza (sax), P.Bassini (piano), R.Fioravanti (doublebass), G.Prina (drums).
CD Red Records 123218. 43:13.
Stereo. Studio Recording. Barigozzi Studio, Milano. 1987. Prod: G.Prina, S.Veschi. Eng: G.Barigozzi.
giudizio artistico: OTTIMO
giudizio tecnico: OTTIMO

PIERO BASSINI (click)
NOSTALGIA
P.Bassini (piano), F.Di Castri (doublebass), G.Prina (drums).
CD Red Records 123226-2. 53:19.
Stereo. Studio Recording. Barigozzi Studio, Milano. 1988. Prod: P.Bassini, S.Veschi, A.Alberti. Eng: G.Barigozzi.
giudizio artistico: OTTIMO
giudizio tecnico: OTTIMO

PIERO BASSINI
INTENSITY
P.Bassini (piano), L.Garlaschelli (doublebass), M.Pintori, E.Fioravanti (drums).
CD Red Records 123266.2. 57:37.
Stereo. Studio Recording. Studio 7, Milano. 1995. Prod: P.Bassini, S.Veschi, G.Calza. Eng: F.Arnò.
giudizio artistico: OTTIMO
giudizio tecnico: OTTIMO

BOBBY WATSON
APPOINTMENT IN MILANO
B.Watson (alto sax), P.Bassini (piano), A.Zanchi (doublebass), G.Prina (drums).
CD Red Records 123184-2. 43:14.
Stereo. Studio Recording. 1985. Prod: B.Watson, S.Veschi. Eng: G.Barigozzi.
giudizio artistico: OTTIMO-ECCEZIONALE
giudizio tecnico: BUONO-OTTIMO

BOBBY WATSON
ROUND TRIP
B.Watson (alto sax), P.Bassini (piano), A.Zanchi (doublebass), G.Prina (drums).
CD Red Records 123187-2. 42:07.
Stereo. Studio Recording. 1985. Prod: B.Watson, S.Veschi. Eng: G.Barigozzi.
giudizio artistico: OTTIMO-ECCEZIONALE
giudizio tecnico: BUONO-OTTIMO

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Data pubblicazione: 20/06/2003





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