Quattro chiacchiere con Miss Tia
marzo 2013
di Alceste Ayroldi
Dal Sud Africa all'Italia, con un bagaglio d'esperienza che attraversa
tutta la musica, il teatro e il musical. Tia Architto, alias Miss Tia, dà
alla luce un album ricco di sorprese, perché attraversa le belle canzoni degli anni
Settanta e Ottanta in chiave jazz, soul e anche con tinte bluesy. Sorprende, per
le scelte, come "Eye Of The Tiger" che trova una nuova veste, così anche
la straordinaria "Give Me The Night", oppure "Video Killed The Radio Star"
che si trova perfettamente a suo agio nel mare di jazz-soul; sorprende anche perché
la sua voce si ritaglia un ampio spazio tra quelle femminili più interessanti degli
ultimi anni.
Miss Tia, lei è nata a Johannesburg,
poi ha scelto l'Italia. Quali sono i motivi di questa scelta?
Per lavoro ero stata chiamata a fare uno show teatrale.
Il suo passato artistico in Sudafrica
è molto legato al teatro, in particolare al musical. Quanto ha influito sulla sua
preparazione artistica?
Moltissimo, innanzitutto con la disciplina, ho fatto degli studi tramite il Trinity
College a Londra dal età di dodici anni e mi sono iscritta all'Accademia di Arte
Drammatica dove la preparazione era a 360°. Dovevamo perfino costruire le scenografie
dei palchi dove ci esibivamo. Oltre a questo a sedici anni ho studiato canto con
la mia prima maestra Sylvia Faktor: lei era fantastica. Poi nel teatro musicale
del primo Novecento ci sono autori come Gershwin, Porter, Rogers
and Hart, musiche e testi che sono meravigliosi, ruoli fantastici e sono stata
fortunatissima ad aver lavorato con dei direttori musicali e registi che mi hanno
spinto sempre a fare il massimo. Anche se pensavo di non potercela fare loro sapevano
tirare fuori qualcosa che magari a diciotto, diciannove, vent' anni ingenuamente
non pensavo di avere.
Però, poi, in Italia ha preferito la sola via della musica.
Una scelta legata alla lingua oppure è artistica?
No, non è esatto. All'inizio era più facile semplicemente cantare anche perché in
Italia le cantanti di madrelingua inglese non sono moltissime, ma negli ultimi anni
ho avuto l'onore di lavorare nei più prestigiosi teatri italiani. L'ultimo lavoro
teatrale è stato al Teatro Nazionale di Milano come protagonista, nel ruolo di Deloris,
in "Sister Act", (il ruolo interpretato da Whoopi Goldberg al Cinema). Ho
interpretato Dionne in "Hair" per la regia di Giampiero Solari, Motormouth
Maybelle in "Hairspray" per la regia di M.R.Piparo e il ruolo della "sessantottina"
nella versione italiana di "Menopause the Musical" insieme a Marisa Laurito, uno
spettacolo che ho fatto in inglese in Sud Africa interpretando due ruoli diversi
e poi in italiano un terzo ruolo!
Quindi una svolta artistica legata alla progressive house
con Cristian Marchi. Era (o è) questa la sua musica? Cosa le ha dato quest'esperienza?
Questa collaborazione è nata per caso. Ci ha fatto conoscere un amico comune, Luciano
Mancini, che già lavorava con Cristian. Ci siamo messi a lavorare ed è uscita questa
canzone che ha spopolato nelle classifiche di mezza Europa. Con Paolo Sandrini,
il co-autore, abbiamo pensato di fare anche la versione ballad perché secondo noi
la melodia è bella e quindi devo dire siamo rimasti molto contenti di come è andato
questo progetto. Sono fiera di questo progetto. Cristian Marchi è un professionista
top e quindi speriamo di collaborare ancora insieme presto. Certo non posso dire
che è la musica dove mi esprimo al meglio, anche perche è musica da discoteca e
secondo me bisogna immergersi in quel mondo per farne parte. Per me è fondamentale
essere veri, quindi questa canzone l'ho sentita con tutta l'anima e forse per questo
è stato un successo. Mi contattano molti dj per collaborare ma finché non trovo
una cosa che mi colpisce come "Feel the Love", preferisco allora fare i concerti
che faccio.
Alcuni suoi brani fanno parte di compilation parecchio
celebri che appartengono al novero della deep house, electro e chill out. Musica
suonata da macchine. Ritiene che questa musica sia la giusta evoluzione della disco
degli anni Settanta e Ottanta, oppure una forzatura voluta dai produttori discografici?
Mmmh, domanda a trabocchetto? Sa io amo la vera musica, sono una baby
degli anni Settanta. Da poco ho svuotato la mia casa d'infanzia e ho trovato i vecchi
vinili, la musica nelle classifiche di allora era suonata da veri musicisti e quindi
non è paragonabile alla musica come dice lei suonata da macchine. È ovvio che preferisco
il sound degli Earth Wind and Fire a quello di Bob Sinclair, ma mia
madre preferiva Modugno a
James Brown,
cosa significa questo? Che c'è una evoluzione. Solo perché è musica elettronica
o dance non vuol dire che non possa essere fatta bene. Ci sono dei producers che
nell'ambito della chill-out e della house fanno cose molto raffinate che poi diventano
suoni o idee che i grandi del pop usano nei loro dischi e quindi diventano main
stream. Penso però che, un po' come dappertutto in questo momento, ci sia forse
poco studio e tanta voglia di apparire. Avere un computer e due casse non fa di
te un dj producer. Come disse Joan Cusack nel film "Working Girl"
"…a volte a casa canto e ballo in reggiseno. Questo non vuol dire che sono Madonna!"
Certo è che c'è una bella differenza nell'esibirsi con
un gruppo di musicisti rispetto ad avere al fianco (o alle spalle) un dj con i suoi
strumenti elettronici. Quale performance reputa più difficile e perché?
Ma certo, senza dubbio due cose diverse. Le dirò che al di la della scelta
musicale, siamo in un paese che non promuove la musica e non investe su questo nel
modo più assoluto. Il paese è pieno di talenti, di gente che paga scuole, conservatori
eccetera, per poi avere veramente pochissima scelta di come e dove esibirsi una
volta diplomati. Quindi, se fosse per me, andrei sempre a suonare con un'orchestra
ma le dico che, per motivi di budget, sempre più spesso, chiamano noi cantanti con
un dj che ci mette le basi. L'estate scorsa ho fatto una serata in piazza dove c'erano
centinaia di persone e ho suonato col dj mentre l'anno prima mi sono esibita nella
stessa piazza con una band di sette elementi. Nessuno vuole spendere. Incide molto
spostarsi in cinque o in due e dico che qualcosa deve cambiare perché non si può
andare avanti cosi. Ho la sensazione che in Italia ci siano molti che amano la musica.
Ma poi la musica in piazza o nei locali di una città come Roma, è vista come un
disturbo della quiete pubblica. Io ritengo invece che la musica sia una ricchezza.
E' cibo per l'anima. A ottobre in Sudafrica ho fatto un concerto e un ministro che
era stato in prigione con Mandela spiegava quanto fosse importante per loro ascoltare
musica in prigione. Conosceva un pezzo di Lucio Dalla che ho cantato quella
sera, e per me questo è stato magnifico. Sentirsi dire che noi abbiamo un posto
nel mondo e non la solita storia: "abbassate il volume che arrivano i vigili
o l'usl"!
Perché ha preferito "abbandonare" il
suo cognome, artisticamente parlando?
Miss Tia lo uso nella discografia in teatro sono Tia Architto.
A
un certo punto ha sentito l'esigenza di tornare all'acustico e, in particolare,
ai suoni soul, jazzy, blues. Cosa è successo?
A dire il vero non l'ho mai abbandonato. E' questa la musica che io amo da sempre
e penso proprio per conformazione quella a cui sono più portata. Amo Ella,
Nina, Dinah Washington. Infatti questo disco pur non essendo jazz
è un po' un "homage" a quel modo di cantare e suonare la musica come nei
piccoli club dove si esibivano queste cantanti. Volevo tornare alle origini, alla
semplicità, ai suoni veri. Un piano, un basso, una voce, un ambiente tranquillo
dove si può gustare un bicchiere con amici ed ascoltare della musica. Un ambiente
dove innamorarsi.
Limited Edition è un disco che tributa alcuni brani tra
gli anni Settanta e gli Ottanta. Innanzitutto come e perché ha scelto proprio questi
dieci brani?
Sono semplicemente brani che amo ascoltare in versione originale e cantare. Ne avrei
altri mille ma ad un certo punto ho dovuto scegliere. Sono canzoni che mi ricordano
un emozione o un momento.
Poi, perché proprio questi due decenni?
Ma forse perché sono gli anni della gioventù. Sono le musiche delle prime uscite
in macchina, del primo amore, delle uscite in comitiva, è questo il bello della
musica. Ti fa rivivere un momento o un'emozione perche è legato a qualcosa e quindi
quella canzone rimane tatuata nel tuo cuore.
Si nota che ha ascoltato anche la lezione delle grandi
vocalist del passato jazz: c'è qualcuna alla quale fa riferimento?
Grazie! Sarebbe il mio sogno poter proporre dei concerti dei Songbook di Ella, che
meraviglia. Ma a dire il vero nel mio cuore il primo posto è per Dinah Washington.
Anche nelle cantanti moderne amo quelle che hanno un timbro che si distingue.
Ha scelto lei i suoi compagni di viaggio, o viceversa?
Ho scelto io Ettore Gentile il pianista, lui mi ha presentato Massimo
Pizzale (basso). Ho visto che con Ettore avevamo molte affinità musicali ed
entrambi godono di una ottima reputazione tra i colleghi quindi non ho avuto dubbi
poi direi che ascoltando il disco si sente la classe che hanno oltre al mestiere.
Se avesse avuto la possibilità di aggiungere un brano,
quale sarebbe stato?
The "Power Of Love" di Frankie Goes To Hollywood.
Perché è una "edizione limitata"?
"Limited Edition" è il titolo del disco, raffinato un po' come gli arrangiamenti.
Ora, disco a parte, cosa sta facendo? E quali sono i tuoi
programmi futuri?
Ho in cantiere il secondo disco del Miss Tia Acoustic, ed anche il mio primo album
di canzoni originali che uscirà con Antibemusic. Oltre a quello spero come tutti
che il 2013 sia più sereno per tutti perché serve veramente un po' di positività
e spero che i giovani talenti avranno modo di crescere in questo bel paese.
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Data pubblicazione: 14/04/2013
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