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La vita del musicista in Italia…e la sua pensione
di Emilio Merone

Vi siete mai chiesti come vive un musicista nel paese dell'arte per antonomasia? Non credo che vi siate mai posti il problema perché da buoni italiani pensate che la musica sia un non-lavoro! A tal punto che quando ad un musicista viene posta la domanda "Che lavoro fai?", rispondendo "…il musicista", ciò che segue è sempre "sì, ma il tuo vero lavoro qual è?" oppure "il musicista? E come ti mantieni?". Ma la più bella è "…sì, ma di mattina cosa fai?".

In effetti cos'è la musica? A che serve? Boh! Ah si! La ascolto quando sono dal barbiere ad aspettare il mio turno, anzi no, quando sono in macchina nel traffico e accendo la radio per sentirmi in compagnia tra una pubblicità e un radiogiornale. Con tutti i problemi che ci sono, cosa vuoi che importi come vive un musicista? L'importante è che non manchino quelle tre o quattro partite di calcio settimanali.

In queste poche righe cercherò di raccontare le varie avventure di un tipico musicista italiano, che chiameremo il sig. Bemolle, anzi il maestro Bemolle! Eh sì, perché è diplomato al conservatorio, e in Italia l'unica istituzione che ti concede il privilegio di avere il titolo di maestro di musica è proprio il conservatorio, dove la maggior parte dei programmi di studio sono aggiornati ai primi del ‘900! Per fortuna ultimamente pare che stia cambiando qualcosina!

Il M° Bemolle però, oltre alla musica classica (o musica colta) ama anche il jazz, e vi garantisco che questo è il paese sbagliato per amare tale musica. L'Italia è il paese della canzonetta. E' un normale retaggio storico-culturale, in Italia la vocalità ha fatto sempre da padrona e questo, sia ben chiaro, non può farci altro che onore. Il problema è sapere che cosa è diventata la vocalità; basta accendere il televisore per rendersene conto.

Oramai la cultura la fanno le veline e i calendari, non Mina e De André. Non è importante cantare bene ma essere belli e vestire alla moda. Questa è una delle cose che proprio non riesce a capire il nostro signor Bemolle che in televisione continua a vedere selezioni e pseudo-concorsi canori con ragazzine sempre più giovani e belle e sempre meno talentuose che si fanno strada con il loro jeans a vita bassa e il piercing sulla lingua. "Ma quella lì è stonata!" esclama il m.° Bemolle, ma poi ripensandoci "Beh, è normale è giovanissima non ha avuto il tempo necessario per studiare, sicuramente imparerà! Vedrai che non sarà lei a vincere questo è il paese della canzone e dobbiamo mantenere altissimo il nostro onore, non scherziamo!". Quanto è ingenuo il nostro maestro, pensa ancora che per avere successo ci vuole il duro lavoro!

Ma torniamo ai poveri e semplici musicisti o, peggio, jazzisti. Per poter essere riconosciuto come un buon jazzista bisogna avere una preparazione musicale, sotto tutti i punti di vista, di dimensioni ciclopiche, anni e anni di studio e gavetta… in compenso sono i musicisti meno pagati in assoluto! E non si tratta di diversi livelli di preparazione: anche i più grandi talenti italiani spesso sono costretti a combattere per questioni che vanno dalla semplice gestione organizzativa alle più basse contese economiche.

Oltre ad essere il paese della canzonetta, l'Italia, che non è l'ultima arrivata nel campo del Welfare, non un sindacato riconosciuto che definisca i doveri e faccia valere i diritti dei musicisti, ma d'altronde chi vuoi che si interessi di una categoria il cui lavoro è… aria?

Menomale che c'è l'Enpals (Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo) almeno per la loro pensione! Bastano solo 35 anni (o giù di lì) di contributi e il gioco è fatto! Appena saputo ciò il m.° Bemolle si precipita dal proprietario del locale in cui si esibirà l'indomani e con l'aria fiera del cittadino contribuente gli dice "Salve signor Verdi, sono venuto per portarle la mia posizione Enpals, così avrà tutto il tempo di preparare il necessario per i miei contributi!". "Cosa?" ribadisce il gentiluomo "e secondo te devo pagarti anche i contributi? Se proprio ci tieni, detrai la percentuale necessaria dalla tua paga, (50-70 €) altrimenti… niente concerto!". "Ma come?…è un mio diritto…!". Disperato il signor Bemolle accetta le rigide condizioni del cordiale sig.Verdi e va via. Ma allontanandosi pensa "Forse si tratta di un singolo caso, forse non conosceva le leggi! Sicuramente la prossima volta non sarà così! Adesso vado dal signor Bianchi, il proprietario del teatro del concerto di dopodomani. Sicuramente lui non rifiuterà!". Dopo qualche tempo il nostro povero maestro stranamente non riesce più a trovare un posto dove poter suonare la sua amata musica, cosa sarà successo? Mica avrà trovato tutte persone che la pensavano come il signor Verdi?

Le rare volte in cui finalmente si firma un contratto con i contributi previsti, la parcella sulla carta è stranamente inferiore a quella pattuita! "Che strano! Di certo si sono sbagliati, adesso glielo vado a dire!" esclamerebbe fiero il m.° Bemolle.

A questo punto facendosi due conti ci si chiede se ha un senso versare una somma irrilevante ai fini pensionistici, quando la stessa quantità di denaro è molto più utile per la vita quotidiana. Intendiamoci, la categoria (fantasma) dei musicisti sarebbe ben lieta di pagare i contributi necessari per avere un futuro quantomeno dignitoso, il problema è che la committenza nella maggior parte dei casi si rifiuta di versarli.

Povero signor Bemolle, è proprio un eroe nazionale! Lavora esclusivamente mosso da una inutile ed evidentemente malsana passione per un lavoro che occupa i suoi pensieri solo 24 ore su 24. E allora viene da fare una considerazione: ci si lamenta sempre che il problema principale del cattivo funzionamento di una società sia legato alla scarsa passione per il proprio lavoro, però quando trovi persone veramente innamorate della propria attività non le paghi adeguatamente perché già sono felici con il proprio lavoro!

E poi dicono che i musicisti non mettono su famiglia perché si sentono spiriti liberi!


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COMMENTI
Inserito il 16/8/2008 alle 13.10.18 da "federicosonnati"
Commento:
Paese della canzone?
Paese delle pecore direi!!!!
Gente che non sa neanche cos'è la musica, alcuni giovani se tu gli parli del jazz,ti rispondono che palle ma è tutto uguale.
L'arte in generale purtroppo in Italia non è valutata bene , forse perche credono che suonare sia solo un modo per essere "alternativi" e quindi privi di cultura e nulla facenti,ma quasi sempre non è così anzi....
Vorrei dire al signor bemolle che se pur poche persone sanno dalla sua vita, già queste poche lo stimano tantissimo e cercano di tenere alto il loro nome in questa Italia di facciata.
Un saluto!
Fede.
 
Inserito il 24/4/2010 alle 19.06.51 da "andreaciabarri"
Commento:
pienamente d'accordo.... ma sig. bemolle... all'estero non si è mai confrontato? anche io mi sono ritrovato nella sua situazione in italia... vorrei scappare..per andarmene da qualche parte... chissà dove a trovare il giusto spazio... ricompensato economicamente e moralmente... dove c'è meritocrazia.... altrove si trova solamente il "meglio del peggio"? oppure sec lei è tutta un altra storia...? grazie 1000..!
 
Inserito il 15/9/2010 alle 23.39.19 da "spiritoliberoband"
Commento:
Oramai vedo che girando per la mia città, Milano, la maggior parte della gente pensa ad'apparire più che ad essere, ovvio che tutti i maessaggi che le televisioni mandano influiscono molto su questo modo di comportarsi.
Un sogno per tutti, falso, ma sempre un sogno che definirei più come un'illuione, la vita bassa con il tempo cambia e più che bassa diventa Larga, e voilà che l'illusione svanisce......e rimane la realtà, magari messa da parte per tanto tempo.
Quindi sei un cane a cantare, recitare, suonare??? Basta avere o creare il personaggio giusto essere fisicamente piacevole e il gioco è fatto.
 
Inserito il 6/11/2011 alle 13.40.59 da "marbay57"
Commento:
Vorrei ricordare a tutti che sono i ns vicini di casa se non a volte le moglie, i figli, genitori ed amici che ci abbandonano e ci criticano perchè sono convinti che quello che facciamo è solo frutto di una passione e non può essere un lavoro, C'è sicuramente qualcosa che non và e se non siamo apprezzati è perchè non siamo compresi, perciò è una questione di cultura che purtroppo non si può acquistare come il pane e nemmeno è indispensdabile come il pane ma la cultura si può solo apprendere attraverso l'ascolto, la lettura l'esperienza e lo studio quindi frequentando la scuola e ...... Mi chiedo in Italia dove debbo andare e come posso fare per apprendere e in particolare per comprendere ad apprezzare la buona musica? Beh secondo me lì casca l'asino. A scuola la lezione di musica è semplicemente una ricreazione, non parliamo poi di televisione o feste di piazza, nei locali ormai suonanao quelli che fanno finta di suonare. Non ci rimane che un compito difficilissimo ed è quello di trasmettere il valore dell'arte ai ns figli con la speranza che ci ascoltino e diffondano questa conoscenza. Siamo ormai una casta, ci toccano solo i sotterranei di questa società. Nutro la speranza che Dio possa far nascere delle belle gnocche che siano dei grandi musicisti, così molti ascolterebbero e.... apprezzerebbero speriamo bene!!!
 

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Data pubblicazione: 27/05/2004





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