Intervista a Marco Mezquida luglio 2020 di Vincenzo Fugaldi
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Appena trentatreenne, nativo di Minorca e attivo a Barcellona,
il pianista Marco Mezquida è una delle più interessanti personalità del piano jazz
europeo. Quattro volte prescelto come musicista dell'anno dalla Asociación de Músicos
de Jazz y Moderna de Cataluña, invitato a tenere un concerto di piano solo nel prestigioso
Palau de la Música, vanta un'interminabile lista di collaborazioni dal vivo e su
disco: tiene una media di 180 concerti all'anno, è presente su circa cinquanta dischi
di cui quindici come leader di proprie formazioni. Compositore, virtuoso della tastiera,
improvvisatore, bandleader, docente, è noto per la sua capacità di adattarsi
a vari contesti musicali e per il suo eclettismo.
Marco, a poco più di trent'anni sei già uno dei musicisti
di punta della scena jazzistica europea. Vuoi raccontarci la tua formazione musicale,
sin dagli inizi?
Beh, non sapevo di esserlo! Ti ringrazio. Ho amato la musica da sempre, sin da quando
avevo tre o cinque anni e impiegavo già molto tempo a esplorarla, suonando la batteria
e cantando. Quando ho compiuto sette anni i miei genitori decisero di farmi studiare
musica. Ho così iniziato a suonare il piano a Minorca, la piccola isola dove sono
nato. Sono l'unico musicista in famiglia, i miei genitori sono insegnanti di scuola.
Ho cominciato suonando musica classica, ma il mio insegnante aveva una mente aperta,
così ho iniziato a improvvisare sin dall'inizio, ho imparato gli accordi, a improvvisare
melodie, ad ascoltare e trascrivere partiture dalla radio, insomma ero già un musicista.
A diciotto anni avevo già imparato tanti standard del jazz, la musica classica,
suonavo l'organo in chiesa, componevo, improvvisavo, e mi spostai a Barcellona per
continuare gli studi musicali. Lì ho sviluppato questo processo in modo naturale
e alla fine ho iniziato a suonare con tantissimi musicisti diversi tipi di musica.
Oggi mi sento forte, ho svariate influenze, amo diversi generi musicali, mi piace
la musica brasiliana, argentina, colombiana, spagnola, il songbook nordamericano,
il classico, il barocco, la musica rinascimentale, la musica contemporanea, i Beatles,
il progressive rock, il flamenco, ed ora ho un bel trio con un musicista
di flamenco… sto sempre imparando, esplorando belle musiche, mescolando ogni cosa.
Analizzando la tua produzione
musicale si nota una evidente tendenza alla diversificazione, sia nelle scelte di
generi e di repertorio, sia nelle formazioni. Qual è il segreto del tuo eclettismo?
Essere curioso e aperto nei confronti dei diversi tipi di musica. Mi piace molto
suonare musica completamente free con i migliori musicisti del genere, ma allo stesso
tempo mi piace leggere la musica, comporre.
Vorresti fornire una chiave per orientare gli ascoltatori
attraverso le tue innumerevoli formazioni, citando quelle cui tieni maggiormente,
al momento o nel passato?
Per me è stato importante avere alcuni amici quando ero adolescente a Minorca, amici
che erano molto più grandi di me, quarantenni o cinquantenni. Io suonavo bossanova,
per esempio, o standard del jazz, che non erano la musica dei giovani. Sono stato
fortunato ad avere degli amici con cui condividere quella musica, e imparare. E
dopo, quando sono andato a Barcellona, è stato importante iniziare a collaborare
con i miei insegnanti, che hanno voluto suonare con me. È stato bello quando avevo
ventidue anni suonare con il quintetto di Giulia Valle, la grande contrabbassista
e compositrice italiana che vive a Barcellona, e iniziare a viaggiare per il mondo
con quel gruppo, imparando a conoscere quel tipo di vita, scoprendo che mi piaceva
essere musicista, viaggiare, condividere la musica. Dopo dieci anni sto sempre facendo
questo, e sto sempre imparando da grandi musicisti. Oggi i miei gruppi più importanti
sono il trio con il chitarrista Chicuelo, il trio Ravel's Dreams con il batterista
Aleix Tobias e il violoncellista Martin Meléndez che suona le composizioni di Maurice
Ravel, un duo con una cantante molto nota in Spagna, Sílvia Pérez Cruz, assolutamente
fantastica. Ho poi il mio trio danese, Pieris, con Jesper Bodilsen e Martin
Andersen, il trio M.A.P., un gruppo libero e intenso che suona mie composizioni
con il sassofonista Ernesto Aurignac e il grande batterista catalano Ramón Prats,
e faccio anche molti concerti in solo, piuttosto differenti da quelli degli altri
pianisti.
Come vedi dal tuo punto di osservazione le scene musicali
di Barcellona, della Spagna e più generalmente quella europea?
La musica è ottima, il problema non risiede nella musica. Le varie generazioni di
musicisti ricercano, esplorano, creano, mettono su nuovi progetti. Il problema è
che bisogna trovare maggiori contatti con i giovani ascoltatori, sviluppare la nostra
musica e condividerla con più gente, riuscire a far uscire le persone di casa per
andare a vedere concerti, i film, a teatro. Specialmente nel mondo del jazz abbiamo
bisogno di pubblico, abbiamo bisogno che il pubblico scopra che può davvero godere
di un bel concerto. Se si esce di casa si torna sempre migliorati, felici. Noi cerchiamo
sempre di dare il meglio, di offrire buona musica. Ed è bello quando si creano connessioni
tra musicisti di diversi paesi, perché la musica ha il potere di unire gli artisti.
Credo che i musicisti naturalmente, spontaneamente, cerchino di collegarsi tra loro
creando bei progetti, e lottino per cercare di offrire la loro musica, ma a volte
è davvero difficile vivere di musica.
Le attività di ciascuno di noi non si limitano quasi mai
a una sola. Tu quali altri interessi coltivi, oltre alla musica?
Amo molte cose: amo certamente la musica, ma mi piace giocare a ping pong, per esempio.
Gioco anche a tennis, amo leggere libri, vedere film, specie di Haneke, Polanski,
molti grandi autori. Ho appena letto il libro di un grande scrittore uruguaiano,
Leo Maslíah, che è un piccolo genio. Ho letto Baricco, Italo Calvino, Le città
invisibili è uno dei miei preferiti e mi ha molto ispirato, e mi piacciono i
racconti brevi, Edgar Allan Poe, Cortázar, lo stesso Masliah, viaggiando tanto a
volte non ho tempo per leggere romanzi. Vorrei avere più tempo per leggere Dostoevskij,
Tolstoj, ma certi giorni, dopo un lungo volo, ho solo bisogno di riposo. Mi piace
anche la pittura, visitare musei, mi ispira per la musica. Traggo maggiore ispirazione
da questo che dall'ascolto di musica, per esempio. E poi mi piace andare in bicicletta,
mangiare, bere, e ogni cosa che sia collegata all'amore.