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Quattro chiacchiere con…
Carmelo Emanuele Patti

settembre 2012
di Alceste Ayroldi

Nella sua vita la musica l'ha fatta sempre da padrone? Quando ha pensato di farne la sua professione?
Non ricordo momenti senza violino e senza musica. Penso che sia una condicio sine qua non della mia vita. Ho iniziato a 5 anni e studiando in Conservatorio sono cominciati i primi concerti; crescendo mi sono ritrovato con gli amici a suonare musica da camera in diversi contesti. Poi le orchestre e da lì le prime audizioni e la continua ricerca di un modo di trasformare la passione in una professione.



Poi, ha scelto il violino: perché proprio questo strumento?

Il violino mi ha sempre affascinato. Da piccolo ascoltavo molto la musica classica, in particolare ricordo alcune audiocassette con le Stagioni di Vivaldi. Ricordo di aver consumato così il nastro di quella di un celebre violinista di nome Pinchas Zukerman.

La sua è una preparazione che tocca la classica e anche l'elettronica: riesce a fondere entrambi i generi?
Sono cresciuto ascoltando sempre generi diversi: molta musica pop (italiana e straniera), rock e jazz. All'epoca della scuola media in Conservatorio alcuni compagni mi prendevano in giro perché il mio interesse non era limitato alla musica classica: loro "snobbavano" Beatles, Pink Floyd, Police e cantanti pop del momento, mentre io li tenevo sempre in cuffia nel tragitto tra casa e scuola.

E al jazz come è arrivato?
Il jazz è sempre stato presente nella mia vita; quella pulsazione ritmica tanto diversa da quella utilizzata nella musica classica mi incantava....anni dopo scoprii che si chiamava swing e iniziai ad interessarmi e a studiare anche quelle "strane armonie" che caratterizzano questa musica. Ho cominciato a studiare jazz molto tardi (considerando il mio percorso musicale), approcciandolo prima con lo studio dell'armonia e dell'arrangiamento. E' arrivato veramente nella mia vita quando ho scoperto che anche suonando il violino potevo avere una chiave di accesso a quel mondo, che fino ad allora avevo osservato solo dall'esterno.

E i suoi compagni di viaggio come hanno abbracciato il jazz? Quali sono le loro estrazioni musicali?
Loro sono "navigati" jazzisti! Penso che il loro percorso sia stato opposto al mio. Come la maggior parte dei musicisti jazz, hanno un'estrazione anche pop, rock. Suonano jazz da anni e hanno studiato e lavorato con grandi jazzisti. La collaborazione e il rapporto che ho instaurato con loro sono stati per me molto formativi. Da questa esperienza ho tratto tanti insegnamenti.

Il violino ha una lunga, forte e travagliata tradizione nel jazz: quali sono i suoi riferimenti stilistici del passato?
Una cosa che ho fatto e faccio spesso è studiare la tradizione violinistica nel jazz, analizzandone origini e sviluppi. Come credo per gran parte dei violinisti jazz europei, la mia prima passione è stata il gipsy jazz, il manouche per l'esattezza. Sicuramente uno dei riferimenti stilistici del passato è Grappelli, ma ho ben presente anche Eddie South e Stuff Smith.

E del presente?
Il presente mi attira di più. Uno dei miei riferimenti è Didier Lockwood (con cui ho studiato), Jean Luc Ponty e poi diversi violinisti americani come Zach Brock e Jeremy Kittel, che suonano il violino con uno stile molto diverso da quello dell'immaginario musicale dei violinisti europei, sia per quanto riguarda il suono, che per il linguaggio legato alla pronuncia e all'improvvisazione.

Nonostante la sua giovane età ha già all'attivo belle collaborazioni e partecipazioni a lavori discografici. Vi è qualcuno che la intriga più degli altri?
Sto iniziando a collaborare con ottimi musicisti e a partecipare a lavori interessanti. E' difficile dire se vi è qualcuno che mi intriga di più, anche perché sono assai diversi tra loro. Per quanto riguarda il progetto con Ferdinando Faraò e Artchipel Orchestra, ad esempio, la cosa interessante è stata immergersi nell'esperienza e nel talento di diversi jazzisti e musicisti italiani.

Come è nato il quartetto che ha vinto il premio Hotel Terme Preistoriche del contest Jazz By The Pool?
E' nato per caso, in Conservatorio. Dopo un esame di musica d'insieme ho chiesto al bassista e al pianista che mi avevano accompagnato se avessero voglia di iniziare un progetto col violino. Poi abbiamo contattato anche il batterista per un concerto e da lì è nato tutto. Hanno avuto molta fiducia, hanno accettato con una vena di incoscienza....ed eccoci qua!

Presentiamo il quartetto, quindi…
Il nostro batterista è Riccardo Chiaberta (membro anche dei MU, gruppo sotto etichetta Abeat), di cui ammiro molto le doti timbriche ed espressive. Al basso c'è Fabrizio Fogagnolo: ho sempre apprezzato il suo senso ritmico e il suo gusto musicale. Infine Enrico Penazzi: un ottimo pianista che vanta davvero una vasta conoscenza armonica.

Mi sembra che oltre al jazz, in questo quartetto, si ascolti anche tanto altro: venature pop, rock, fusione di suoni e culture. E' questa la via che volete intraprendere?
Si, è quello che cerchiamo di fare. Su questo siamo molto d'accordo. Penso, ed è un pensiero comune, che nel mondo in cui viviamo oggi sia impossibile rimanere estranei al pop, al rock, all'elettronica, perché siamo continuamente sollecitati da generi musicali diversi. Allo stesso tempo suonare il Jazz significa esprimersi in un linguaggio che è fatto anche di tradizione, e occorre conoscerne bene le fondamenta. Tuttavia questo è molto complesso, specialmente se consideriamo il periodo bebop e hardbop. E' quindi uno studio continuo, e quotidianamente mi scontro con le difficoltà che questo implica, visto che il mio desidero è quello di arrivare ad una conoscenza il più possibile completa. Non è mio interesse però fare della filologia del jazz. Personalmente amo molto il jazz scandinavo, che costituisce uno dei miei riferimenti stilistici. Gruppi come gli E.S.T, ad esempio, fondevano generi diversi e nella loro produzione si sentono influenze rock, pop e classiche. Seguo molto la produzione della ACT e dell'ECM.

Suonare jazz non è sempre facile e la crisi economica ci ha messo del proprio. Per un gruppo così giovane, poi, dovrebbe essere ancora più difficile, oppure mi sbaglio?
Arriviamo allora alle domande complicate! Si, sicuramente è complesso e il fatto che il gruppo abbia un violino non aiuta. Ho trovato diverse porte chiuse per questo motivo, anche se ora qualcosa si sta muovendo. Ho notato che suonando jazz manouche si trova più spazio, forse perché è più legato alla dimensione dell'intrattenimento. Poi bisogna considerare anche che sono pochi i locali che concedono spazio a gruppi giovani. Di contro ci sono tanti gruppi che offrono della buona musica, quindi la concorrenza è molta.

Ha mai pensato, visto la sua giovane età, di lasciare l'Italia?
Si, lo ammetto, è un pensiero frequente! Ho viaggiato abbastanza per restare affascinato dal mondo musicale e culturale che si trova oltre i confini del nostro Paese. In realtà non credo che la situazione lavorativa all'estero sia molto diversa, ma credo che ci sia più spazio per le idee.

Lei è fresco di studi: ritiene adeguati i programmi e gli insegnamenti dei Conservatori rispetto a quello che il "mercato" richiede?
Purtroppo queste strutture hanno un'organizzazione e dei percorsi didattici molto datati. In generale penso che oggi siano molto lontani da quello che il "mercato" richiede e che ci sia bisogno di un cambiamento reale. Sono cresciuto in Conservatorio e ho passato lì gran parte della mia vita, eppure ho come l'impressione che in questi anni non sia cambiato nulla nell'organizzazione, anche se i corsi sono stati riformati. A parer mio bisognerebbe offrire un percorso classico di alto livello, con la stessa struttura di sempre. Ma a questo bisognerebbe affiancare corsi più vicini alle richieste del mercato musicale, con un impianto riveduto. Non è giusto che un giovane che aspiri a una carriera di compositore, direttore d'orchestra o strumentista, in un contesto diverso da quello classico non possa seguire un percorso adeguato e in linea con quelle che sono le competenze richieste dal mercato. Questa è anche una delle ragioni (oltre alla crisi) per la quale colonne sonore, dischi pop e altre produzioni italiane vengono realizzate all'estero, con musicisti, orchestre e arrangiatori stranieri. Nulla da dire invece sugli insegnanti che lavorano nei Conservatori. Io sono stato molto fortunato perché ho incontrato musicisti preparati e con una grande esperienza. Credo tuttavia che spesso non siano messi nelle condizioni di esercitare bene una professione.

Sarebbe disposto a mettere in discussione (per il successo, per denaro) la sua onestà intellettuale e suonare in contesti che ritiene parecchio lontani dalla sua realtà?
Bisogna vedere e misurare sempre le situazioni. Sicuramente la risposta è no, anzi ho rifiutato spesso delle cose che non ritenevo giuste. Vorrei però fare due considerazioni. La prima ha a che fare con la dura vita del musicista: è difficile oggi mantenersi con questo lavoro e spesso capita di dover accettare delle cose che non amiamo particolarmente (perché non ci soddisfano molto artisticamente, non ci divertono, ecc....). Ma penso che un compromesso di questo tipo sia comune a tutte le professioni. La seconda considerazione riguarda il metro di giudizio che ciascuno di noi adotta per valutare se ritenere opportuna o meno una situazione artistica; spesso mi è capitato di ricevere delle critiche per aver suonato in musical e in progetti musicali pop. Ecco, questo non lo accetto, perché fa parte della mia vita misurarmi con delle situazioni musicali diverse, e amo farlo.

Quando si è formato questo quartetto avevate in mente un riferimento del passato o del presente? Mi spiego: avevate in mente un quartetto già esistito o esistente?
No, abbiamo suonato i primi brani e poi ne abbiamo aggiunti altri cercando un filo conduttore, senza tenere in mente un altro gruppo, ma cercando degli spunti e suggerimenti musicali, guardando alla musica classica, al pop, alla musica degli E.S.T. come dicevo prima, a Robert Glasper, ecc....

Le vostre composizioni originali a cosa o chi si ispirano?
Come le dicevo i nostri spunti vengono da generi diversi, e sarebbe impossibile elencarli tutti. Diciamo che i nostri brani si ispirano a quello che ascoltiamo, a quello che abbiamo ascoltato e a quello che ci piacerebbe ascoltare.

Perché ritiene importante partecipare a dei concorsi musicali?
Perché pensiamo che sia un modo per misurarsi con un pubblico, una commissione di esperti e anche con gli altri gruppi. Il confronto aiuta a crescere. Inoltre è un modo per presentarci e diffondere la nostra musica.

Se vi fosse un quinto elemento nel gruppo, quale strumento sarebbe?
Questa è una domanda davvero impegnativa...Una voce, un flicorno magari, un sax o degli altri archi, ma a quel punto, ritornando alla domanda sulle poche possibilità di lavoro per un gruppo emergente, direi che sarebbe davvero impossibile!

Una guest che vorreste avere al fianco di questo progetto…
Ci piacerebbe ovviamente coinvolgere diversi musicisti ed è difficile sceglierne uno...che dire....forse avendolo conosciuto durante il nostro percorso di studi e apprezzando molto le sue doti artistiche, per questo progetto, ci piacerebbe coinvolgere Tino Tracanna al sax soprano.

Quali sono i suoi progetti futuri? E i progetti del quartetto?
E' in cantiere un disco del quartetto in autoproduzione, che speriamo veda presto la luce. Ma nel frattempo stiamo lavorando per curare di più i suoni, aggiungere ancora un po' di elettronica per valorizzare le timbriche e ovviamente stiamo già pensando a nuovi brani. Per quanto riguarda me, devo confessarle che ho un piccolo sogno nel cassetto: mi piacerebbe trovare il modo di avvicinare anche altri violinisti a questo mondo. Vorrei dare vita a un giro di violinisti jazz, in cui circolino idee, conoscenze e soprattutto musica. Vorrei creare insomma una reale possibilità di arricchimento culturale. Spero di riuscirci.

La sua attuale playlist: che musica ascolta in questo periodo?
Ecco una playlist del momento:
· Bobo Stensson trio: Cantando
· Branford Marsalis: Songs of Mirth and Melancholy
· Zach Brock: Almost Never Was
· Maria Scneider orchestra. Sky Blue
· Clifford Brown: Joy Spring
· Lee Morgan: Search For The New Land
· D. Shostakovich: String Quartets (in particolare il n.8)
· Robert Glasper: Black Radio
· Esperanza Spalding: Chamber Music Society/Radio Music Society
· Chris Cheek: Vine
· Dave Holand: Full Circle
· Brad Mehldau trio: House on Hill
· Yaron Herman: "Follow the White Rabbit" e "Alter Ego"







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Data pubblicazione: 21/10/2012

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