Festival Internazionale "TIME IN JAZZ", XVa edizione
Berchidda (SS),
12/15 agosto 2002
testo e foto di Gianmichele Taormina
Gettandosi dal terzo piano di un edificio in costruzione, giù da quell'improbabile
grezza impalcatura, sino poi a raggiungere "on stage" il coloratissimo gruppo
dei Farafina (proveniente dal lontano Burkina Faso), Paolo Fresu,
col gesto eclatante degno di un'equilibrista, tromba in mano e ben imbracato
lungo una corda d'acciaio, ha concluso spettacolarmente la quindicesima edizione
di Time In Jazz.
Intitolato Quadri di un'esposizione, quest'anno il festival di Berchidda
ha volutamente incentrato, rimarcandone le già note caratteristiche, il rapporto
tra jazz e arte moderna, ospitando più che nel passato, un nutrito gruppo di
stimati artisti all'interno della Rassegna internazionale d'arte
contemporanea, curata da Giannella Demuro, Antonello Fresu e
Marco Senaldi.
La bella mostra fotografica di
Paolo Soriani, l'esibizione in
action-painting del pittore, scenografo e light-designer Gabriele Amadori assieme al gruppo del
PAF, le mostre di due grandi batteristi europei
come lo svizzero Daniel Humair e l'olandese Han Bennink,
hanno inoltre condito gl'interessantissimi eventi extramusicali da sempre parte
integrante del cartellone berchiddese.
L'apertura del programma, svoltosi nella piccola chiesetta di San Michele e
affidata al suggestivo trio flamenco di Gerardo Nuñez,
ha offerto in prima battuta un'acclamatissima
esibizione interamente giocata sulle suggestioni ed il calore della cultura
gitana, degno prologo al concerto svoltosi la notte successiva, abbellito dalle
danze della ballerina
Carmen Cortés. Nel
pomeriggio del 12, un muscolare
Uri Caine,
cimentatosi in un'emozionante piano solo, incantava il pubblico intervenuto
nella crepuscolare chiesa di Sant'Antioco di Bisarcio ad Ozieri. Il pianista
statunitense, in grande stato di grazia, esplodeva coi suoi interventi, intrisi
da una portentosa eleganza stilistica, nei multiformi "universi" della sua arte,
esibendosi in una performance davvero intrigante e assai ricca di molteplici
sfumature. Nulla a che vedere con il divertentissimo concertino inscenato alle
pendici del Monte Limbara dove
Han Bennink
e
Ernst Reijseger,
scoppiettanti di arguto antilirismo, dialogavano alla vecchia maniera del
Clusone Trio - in pratica due terzi della storica formazione - con carambolesche
scenette e tanta bella musica improvvisata. Meno coinvolgente, la formazione
guidata dal drummer olandese, cimentatasi la notte precedente, lasciava posto
all'ultima esibizione sotto la direzione di
Paolo Damiani
dell'Orchestra National de Jazz.
L'eterogenea big band con
Gianluca Petrella
in ottima evidenza, si è distinta per aver ben dosato con carica emotiva
e giocosa libertà di linguaggio, un concerto trascinante e continuamente ricco
di sorprese. Lo stesso Damiani, in
coppia con
Gianluigi Trovesi
- ospite di
riguardo della formazione transalpina - regalava nella chiesetta di San Pietro a
San Nicolò, un piccolo spettacolo di suoni e incanti, lasciando spazio alla
magia di un dialogo sempre costruttivo e indubbiamente affascinante.
Sul
fronte dei progetti originali, grande emozione ha suscitato il concerto di
Furio Di Castri
e
Bruno Chevillon,
due contrabbassisti in perfetta antitesi eppure in cerca di felici simbiosi,
ritrovate a Berchidda, in ogni respiro di taluni felicissimi interscambi,
espressi spesso con rare e intense affinità elettive. Vero jazz inoltre lo si è
ascoltato col ruspante trio di
Uri Caine
completato da un arguto
Ben Perowski
alla batteria e dall'inossidabile classe di un contrabbassista mai degnamente riconosciuto come
Drew Gress. Molti
standard e tanto mordente in poco più di un'ora di esplosiva esibizione.
Impossibile
inoltre non citare lo sfavillante quartetto di Daniel Humair,
alle prese con il repertorio tratto dall'ultima doppia opera discografica del
sessantatreenne maestro di Ginevra. Quel Libertè Surveillèe, granitico e
spettrale quanto le irraggiungibili vette di un chitarrista come Marc
Ducret, di un ispiratissimo Bruno Chevillon,
di un rude e visionario Ellery Eskelin,
sassofonista dalle profetiche ma moderne intuizioni.
Infine,
poco prima della chiusura ufficiale della rassegna, la notte del 14 sarà
sicuramente ricordata come la più intensa ed emozionante tra le cose viste in
Piazza del Popolo. Si tratta del progetto Sonos 'e memoria,
il film-documentario montato e ideato dal regista Gianfranco Cabiddu,
contenete immagini d'archivio della vecchia Sardegna girate tra gli anni Venti e
gli anni Cinquanta. L'opera veniva proiettata in contemporanea con l'esecuzione
di un ensemble quasi completamente composto da musicisti sardi, guidato da Paolo Fresu
- attento direttore musicale su incantevoli arrangiamenti - e impreziosito
dalla presenza di Elena Ledda, Antonello Salis, Luigi Lai,
dal coro Su Cuncordu 'e su Rosariu di Santulussurgiu, ed ancora da Mauro
Palmas, Carlo Cabiddu, oltre all'inserimento di musicisti "stranieri" come
Federico Sanesi e Furio Di Castri. La formazione è stata ulteriormente
allargata alla partecipazione di alcuni dei principali protagonisti del festival
che ne hanno perpetrato i fasti grazie alla loro presenza. Tra questi Uri
Caine, Ernst Reijseger, Daniel Humair, Gianluigi Trovesi,
Han Bennink e l'affiatatissima
coppia Gerardo Nuñez e Carmen Cortés.
Gianmichele Taormina
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Data ultima modifica: 05/01/2008
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