Chiacchieriamo con
Ermanno Principe,
batterista e cantante, ma anche chitarrista che non disdegna di mettere anche le
mani sul piano per accompagnarsi in qualche brano, in occasione dell'uscita del
primo album a suo nome, "Flower"
(Radio SNJ Records).
Ermanno, ti senti più batterista, chitarrista,
o cantante?
Mi sento musicista e basta, perché
qualsiasi strumento crea un'armonia se è pensato da musicista, altrimenti è un'altra
cosa.
In questo disco quali sono gli strumenti
che suoni a parte l'uso della tua voce per cantare?
La batteria, che è il mio primo strumento, quello che suono fin
da bambino, e poi la chitarra. Il piano l'ho lasciato suonare a Paolo Brioschi
che è un grandissimo.
Quali altri musicisti suonano con te
in questo progetto?
Il mio vecchio "compagno d'armi" Ezio Frassi, contrabbassista,
poi c'è un carissimo amico, Marco Brioschi, fratello di Paolo alla tromba
e al flicorno, e poi c'è Andrea Maia, la mia compagna, brasiliana, che canta
un pezzo, alla fine, come ospite con me alla chitarra. Ma non è che sia stata messa
alla fine per darle meno valore, anzi!
Hai una lunga carriera alle spalle e
una grandissima esperienza sia come voce sia come strumentista, batterista. Perché
hai atteso così a lungo prima di uscire con un disco a tuo nome?
Perché l'esperienza è più approfondita dopo tanti anni, ha uno
spessore diverso. Avrei potuto farlo prima ovviamente, però ho scelto di farlo adesso
perché ho sentito che era il momento giusto. Sentivo di essere maturo per farlo
e avevo qualcosa di più profondo da dire.
Ci sono molti pezzi a tuo nome.. Magari
ci puoi raccontare qualcosa riguardo questi brani. Per esempio c'è un brano dedicato
a Stevie Wonder: "Song For Stevie".
Dici nulla! (sorride). "Song For Stevie" l'ho dedicata
a uno dei più grandi maestri che ci siano nell'universo. Stevie Wonder è
l'artista che mi commuove maggiormente e che mi da di più musicalmente insieme agli
altri che ho menzionato nella presentazione all'interno della copertina del disco:
Sonny Rollins,
John Coltrane,
insomma, i migliori. Questa bella esperienza l'ho fatta ascoltando i migliori. Penso
di non avere sbagliato niente. Stevie è Stevie: è l'armonia, la melodia, la voce.
E' la musica. Suona tutto e fa musica.
Quando componi, ti piace comporre in
minore…..
Si, è un po' la mia vena malinconica diciamo. Però ci sono anche
i pezzi in maggiore! C'è qualcuno che mi ha detto che si sente sempre il gusto del
"minore" anche nel maggiore (ride), cioè, la mia vena malinconica è sempre presente.
E' il mio modo di essere, la mia personalità, è quello che mi fa esprimere di più
nei lenti, nelle ballads. Infatti il brano piano e voce che c'è nel disco è molto
bello, indipendentemente da come canto io, anche grazie al pianoforte, suonato da
Paolo Brioschi.
Come vedi la situazione musicale in
Italia?
Preferirei non esprimermi, però se devo, dico che è piuttosto
grigia, deludente, malgrado in Italia ci siano dei grandi appassionati di musica,
persone che capiscono e che apprezzano il jazz e il blues.
Infatti so che stai per partire per
la Francia del Sud, e che starai via qualche mese per portare avanti il tuo lavoro
di musicista. Ti trovi meglio in Francia piuttosto che in Italia?
Si, c'è un altro approccio, un'altra cultura, un altro ascolto
quando si fa musica. Si vendono tanti dischi. E' tutto diverso. C'è più rispetto
per i musicisti. Non volevo dirlo ma è così.
Cosa vedi per il domani? Cosa sogni?
Non so. E' un po' tutto difficile, però ho tanta fiducia nel
mio lavoro, nella musica, nel fatto di trasmettere questa arte. Magari mi piacerebbe
che qualche mio brano venisse cantato da Michael Bublé o da Diana Krall.
Ma ci sono tanti bei pezzi, non necessariamente deve succedere con i miei, però
diciamo che se succedesse sarei contento! Ma soprattutto vorrei che Stevie Wonder
potesse ascoltare il brano che gli ho dedicato. Questo veramente sarebbe un bellissimo
sogno!
Tu sei stato in Brasile per lunghi periodi,
anche grazie alla tua compagna che è brasiliana, e lì hai assorbito molto a livello
musicale. Inoltre ora canti molto bene in portoghese con un'ottima pronuncia. Parlaci
di questi viaggi che hai fatto e di come hanno influito sulla tua musicalità.
C'era mio fratello in casa che amava molto la musica brasiliana,
poi è arrivata una chitarra brasiliana tramite un altro fratello (noi siamo in tanti
in famiglia), e ho iniziato da ragazzo ascoltando Toquinho, Vinicius De
Moraes ecc. Ho iniziato a prendere questo ritmo che mi è sempre piaciuto e che
è molto vicino al jazz tra l'altro. Adesso ho approfondito questa musica insieme
ad Andrea (n.d.r. la sua compagna) e insieme a lei ho imparato, suonato e cantato
tanti altri pezzi; in Brasile sei proprio immerso nel ritmo, nella samba, nella
bossa nova, anche nel linguaggio parlato! Come parlano loro, già sembra che stiano
facendo musica, come i neri americani, che hanno lo swing quando parlano. Avendo
questa possibilità, questo dono di natura di apprendere velocemente, ho assorbito
parecchio. Poi appunto ci sono cose che cambiano il tuo modo di suonare, ti migliorano
nello stile.
Ci vuoi dire due parole sui musicisti
che hanno portato avanti questo progetto con te?
Si, volentieri. Diciamo semplicemente che parliamo la stessa
lingua. Si è semplicemente trattato di mettere insieme dei pezzi, e conoscendoci
già bene il disco, secondo la mia modesta opinione, è uscito bene.
Da quanto tempo collaborate?
Paolo lo conosco dagli anni '70
e Marco da qualche anno dopo. Enzo da una quindicina d'anni, e Andrea, che è arrivata
anni dopo, ha tutto ciò che serve. Voce, ritmo, musicalità.
Un grande in bocca al lupo perché tu
possa ottenere delle belle soddisfazioni e il giusto riconoscimento per la tua carriera
e il tuo lavoro, anche attraverso questo disco appena uscito.