Gil Scott-Heron: nero e "arrabbiato"
in chiave funky-jazz
di Franco Bergoglio
Gil Scott-Heron
(Chicago, 1 aprile 1949)
Gil
Scott Heron è sempre stato un artista difficile da incasellare: poeta, romanziere,
cantante, musicista, agitatore…tutto unito in un'unica vulcanica personalità.
Inizia come scrittore. In italiano si può trovare recentemente tradotto
il suo romanzo più importante, il vecchissimo La fabbrica
dei negri - Shake underground, un libro ben scritto; ambientato
in una università per gente di colore alle prese con un sistema educativo fortemente
repressivo.
Il romanzo ha una scrittura semplice, al servizio di una trama avvincente
che mostra quali problemi attraversò il movimento dei neri e il drammatico riflusso
degli anni Settanta dopo le lotte per i diritti civili. Ma nell'introduzione
Gil Scott-Heron espone una specie di "dichiarazione d'intenti" sull'arte
nera, cui si atterrà coerentemente per tutti gli anni a venire, guadagnandosi un
ruolo di primo piano nel mondo afroamericano, non solo musicale.
I nostri educatori devono fermarsi un attimo per valutare con onestà il sistema
di selezione che perpetua la truffa accademica. Il fulcro della nostra attenzione
intellettuale deve staccarsi dal pensiero greco e occidentale per trasferirsi al
pensiero orientale e del Terzo Mondo. I nostri modelli artistici devono essere neri,
non più bianchi. Dobbiamo coltivare la nostra naturale creatività (Dall'introduzione
a La fabbrica dei negri).
Messa temporaneamente ai margini la vena letteraria pura, la musica diventa
il centro del suo mondo espressivo. La sua parola è sempre sociale e politica. Ma
la musica non rimane in secondo piano. Anzi. I suoi messaggi contro la guerra, contro
l'uso delle armi, contro la politica antisociale di un attore riconvertito presidente
(Reagan in B movie) e sulle discriminazioni razziali dell'America
hanno le ambizioni di essere universali e di parlare a tutti. Tale è la sua opera:
l'unione del meglio di tutta la musica nera dal jazz, al blues, al soul; per approdare
al funk e alla dance. Musiche insieme semplici e raffinate, fuse in un bollente
calderone dove a dominare sono i toni e i colori "neri". E' il trionfo della
blackness; i neri d'America sentivano di dover urlare di più per farsi sentire
in un mondo che di loro non ne voleva sapere. Ecco perché Gil Scott-Heron
e il suo
The revolution will not be televised
()
piacciono molto ai rappers e agli hip hoppers di ultima generazione e il suo nome
viene sempre citato tra gli ispiratori.
I
suoi messaggi sono stati per tutti gli anni Settanta quelli che hanno raccontato
meglio la vita del ghetto e della popolazione nera.
The bottle (),
pura irresistibile dance anni Settanta, dipinge una feroce critica all'abuso dell'alcool
e alle sue cause.
In musica Gil Scott-Heron è un istrione con uno sguardo plurale.
Ora lancia un blues, ora una ballad venata di jazz. Spesso nei dischi è riuscito
a farsi accompagnare da musicisti eccellenti che hanno saputo dar corpo alle sue
idee e produrre un impasto dove un brano non corrisponde necessariamente ad uno
stile, ma è una summa della grande musica nera americana. Gil Scott-Heron
è una specie di Stevie Wonder meno bucolico che non mette al centro dei suoi
brani l'amore.
In
Winter
in America (),
Scott-Heron e il suo sodale di lungo corso Brian Jackson, costruiscono
un LP fatto di intense melodie, tutto giocato sulle loro voci in contrappunto a
soffici tastiere, ora acustiche ora elettriche. Sull'atmosfera generale del disco,
vagamente dolente e pensosa, si inserisce il già citato The bottle, una melodia
fantastica su un ritmo lanciato alle stelle, che ricorda certo acid jazz di oggi;
anche per la presenza del flauto, che vaga lungo tutto il brano inseguendo il cantato.
Questa canzone vanta numerose cover eseguite nel corso degli ultimi anni e oggi
è uno standard per la musica pop.
C'è
anche un lungo recitato,
H20gate
blues (),
una requisitoria politica sullo scandalo del Watergate accompagnata da un sornione
blues backing, come lo definisce Scott-Heron. Per Heron la
musica nera è sempre protesta, rabbia, flusso di coscienza o di speranza. Questo
disco lascia un segno immediato, già dal titolo. L'inverno in America è una metafora
del freddo che si prova a guardare con occhio critico la storia ed il passato di
una nazione che ha perso l'anima e in cui la costituzione è solo un nobile pezzo
di carta e dove la democrazia mendica in un angolo…
Il
brano però non appariva nel disco omonimo, ed è invece contenuto in un altro lavoro
bellissimo, dal titolo programmatico: The first minute
of a new day. Uscito nel 1975
è forse il capolavoro di Gil Scott-Heron. Il sodalizio con Brian Jackson
è profondo ed in più si aggiunge la presenza di una band alle spalle dei due che
conferisce a tutti i brani uno spessore ed un sapore unici. Gli ingredienti sono
quelli di sempre: dalla pena di Gil escono testi critici, polemici e a volte dolenti
sulla condizione dei neri e dell'America mentre Jackson provvede un impasto
di funk, soul e gospel unico. La coralità del disco è anche nelle melodie spesso
cantata a due voci dove a Heron si aggiunge un secondo vocalist. L'introduzione
di sapore mistico,
Offering
(),
recita in apertura quello che è il programma del disco: noi abbiamo qualcosa
da offrirvi…noi abbiamo lo spirito da offrirvi.
L'impasto ritmico dei brani successivi è arricchito da una nutrita serie
di percussioni che si agitano per tutto il disco. In
Guerrilla
(),
brano che inneggia all'azione, su un sinuoso tempo funk sostenuto dal basso e da
percussioni varie si intrecciano i flauti di Brian e Bilal. Ricorda
vagamente alcune cose del Miles Davis elettrico. Una malinconica jazz ballad,
Alluswe (),
chiude il disco con un delicato solo di Brian Jackson al pianoforte, autore
anche del brano.
Contemporaneo
a First Minute è un altro lavoro con la Midnight band:
From South Africa to South Carolina (1975).
Gli impasti sonori sono simili, i testi sempre impegnati e la vena compositiva di
grande livello.
Tra i brani da segnale
Johannesburg
()
(che anticipa e profetizza l'esplosione dei tumulti sudafricani) e un'altra grande
ballad,
A toast
to the people (),
sorta di omaggio ai grandi personaggi della lotta per l'uguaglianza dei neri in
America. Jazz soffuso, un intensissimo solo di pianoforte di Brian Jackson
e una voce solista da brivido: Victor Brown.
La vena jazz si asciuga progressivamente e negli anni Ottanta Gil
fa musica più secca e ritmica, flirtando a volte con ritmi reggae.
Dell'82 è il film-documentario
Black Wax di Robert Mugge che riprende Gil
in tutta la sua poliedrica carica artistica: a spasso per Washington commentando
la politica americana, nel museo delle cere a declamare poesie sulla storia nera,
in concerto e nei suoi divertenti monologhi. Nella presentazione al film, opera
dello scrittore Lemn Sissay, c'è un'affermazione che colpisce: la poesia
è il jazz della letteratura e il jazz è la poesia della musica. Questa metafora
illumina nel paragone entrambe le muse e spiega, forse meglio di molte analisi,
l'opera di Gil Scott-Heron: il tentativo (sicuramente riuscito) di fare un'arte
nera totale, centrata su parole forti che trasmettono un messaggio. Ecco perché
Grandmaster flash,
Last
poets e RunDMC lo hanno pubblicamente riconosciuto come maestro.
Nel film spiccano: una fantastica jam su
Is that jazz?,
con soli di tutti i sax e del basso elettrico, nelle mani dell'incisivo "brother"
Robert Gordon ed una versione toccante di Alien,
un brano soul dal forte sapore dance ma con in più una splendida melodia riarrangiata
in chiave jazz ed un testo dedicato all'immigrazione messicana negli States, davvero
precursore dei tempi…
Seguono
anni ricchi di concerti in giro per il mondo. In scaletta c'è sempre Is that
jazz?, uno swing rapido dove si elencano i "grandi" di sempre: Count Basie,
Charlie Parker e
Coltrane.
Nello spirito è un omaggio al grande jazz; come lo era la vecchissima
Lady Day and John Coltrane ()
tratta dal disco solista di Gil Pieces Of a Man.
Siamo andati a ritroso in questa discografia frammentaria: il lavoro è del
1971 e vede Gil e Brian Jackson
insieme ad un nutrito gruppo di ottimi jazzisti interpretare una manciata di
brani memorabili (When
you are who you are (),
Save the children ()
e la drammatica
The prisoner
(),
oltre a canzoni già citate). Parole dirette, musiche che vanno al cuore. Per certi
versi possiede la forza di un disco rock dove i brani "arrivano" con estrema immediatezza.
D'altro canto il flauto e i sassofoni di Hubert Laws e il basso di Ron
Carter lo punteggiano di incisi preziosi, mentre il drumming di Pretty Purdie,
il batterista di James Brown, è il più funky del mondo!
Gli anni Novanta vedono finalmente la riedizione su cd di tutti i lavori
di Gil Scott-Heron, con l'aggiunta di note e brani inediti e l'uscita di
dischi live con la sua nuova band: gli Amnesia Express. Dopo questi inizi
promettenti, la brusca frenata. Il nuovo millennio segna un tragico cambio di rotta
nella vita del nostro: arrestato più volte per detenzione ed abuso di stupefacenti,
braccato dalla giustizia ed inattivo sotto il profilo artistico. Passa periodi in
cui vive come un barbone e il tunnel non sembra finire. Anzi la tossicodipendenza
sembra aver avuto definitivamente la meglio sull'intelligenza del nostro. Destino
ironico per un uomo che ha sempre denunciato i pericoli del ghetto e che aveva fatto
della lucidità di messaggio il suo credo.
Altri video di Gil Scott-Heron:
Gil Scott-Heron and his Amnesia Express - 14 marzo 1990 - Londra
We Almost
Lost Detroit
Winter in
America
Three Miles
Down
Intervista
del 2001 alla trasmission HARDTalk della BBC
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Data pubblicazione: 12/11/2006
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