La vera vita di Billy Tipton
di Rosanna Fiocchetto
"Passing", nello slang americano, indica l'attraversamento dei confini di
una identità sessuale o razziale per entrare in un'altra. Questa espressione ha
cominciato ad essere usata agli inizi del Novecento dai neri che grazie alla loro
carnagione molto chiara potevano "passare per bianchi", nascondendo le loro origini
genetiche: una simulazione sociale che, agli esordi della letteratura afro-americana,
è stata descritta e approfondita nel suo romanzo "Passing" (1929)
dalla scrittrice Nella Larsen (1893-1964), protagonista della "Harlem
Renaissance". In questo caso si abbandona una identità svantaggiata e subalterna
per aderire ad una identità privilegiata e dominante. Ma la drammatica narrazione
di Larsen, come hanno osservato Maria Giulia Fabi e Vita Fortunati,
evidenzia che "il passing imprigiona chi lo pratica nei parametri del gruppo
egemone".
Il "passing" sessuale da donna a uomo ha le stesse caratteristiche?
Possiamo definirlo una strategia di gestione esistenziale dello stigma antilesbico,
una "tecnica di assimilazione" nel gruppo dominante (eterosessuale e maschile)
legata alla sopravvivenza e all'immagine di sé?
Probabilmente le risposte a queste domande non sono univoche ma molteplici,
e qualcuna può essere fornita dalla vita di Billy Tipton (1914-1989),
musicista americana che riuscì a passare da uomo per cinquantasei anni, con cinque
mogli e tre figli, fino alla morte: il suo "outing" venne effettuato dal
medico legale, e rimbalzò subito sulle pagine dei giornali di tutto il mondo.
Nella sua biografa Diane Wood Middlebrook ne ha ricostruito la vicenda
dopo un accurato lavoro di ricerca. Billy nasce come Dorothy Lucille Tipton
a Oklahoma City,
da
un padre pilota di aerei e automobili e da una madre casalinga, che divorziano quando
lei ha 4 anni. Viene mandata a vivere a Kansas City con una zia agiata, proprietaria
di cavalli di corsa e di alberghi, che le paga le lezioni di piano e sogna per lei
una carriera da concertista. Kansas City, città non proibizionista, brulica di jazz
clubs dove si esibiscono artisti famosi, da Count Basie a Charlie Parker
e a Mary Lou Williams. Dorothy, che nel frattempo è diventata anche una brava
sassofonista, comincia a frequentare questo ambiente da adolescente, e ci si trova
subito a proprio agio. Ma la crisi economica, la Grande Depressione, cambia le cose.
Dorothy ritorna ad Oklahoma City, in cerca di indipendenza economica e di un lavoro.
Ha già scoperto la sua sessualità lesbica. Abita in una pensione frequentata da
musicisti e si confida con la figlia della locataria, Norma Teagarden. Vuole
vivere suonando nei locali e fa diverse audizioni, ma tutti i gestori le danno la
stessa risposta: è piena di talento, però non l'assumono perché il tipo di lavoro
e l'ambiente non sono adatti a una ragazza. Così nel
1933, con l'aiuto di due
cugine che saranno sempre per lei complici solidali del suo "passing", Dorothy
diventa Billy. Assume il nome di suo padre e di suo fratello, William, nella versione
di un vezzeggiativo androgino; si taglia i capelli cortissimi e comprime il seno
sotto una stretta fasciatura di bande elastiche; indossa un elegante abito maschile.
E, sotto mentite spoglie, affronta la prossima audizione. Ottiene il lavoro e un
buon successo. E' innamorata di una donna più anziana, la trentenne Non Earl,
ballerina nelle maratone di ballo. Vive con lei per circa sei anni, trasferendosi
poi a Joplin, nel Missouri, dove trova lavoro al Cotton Club. Là si innamora
di una diciottenne,
June,
e poi di un'altra donna, Betty Cox, sua moglie dal
1946 al
1953, con la quale trasloca
a Portland, nell'Oregon. Il nomadismo di questa fase della sua vita sembra essere
legato ai cambiamenti affettivi, e anche al timore di essere scoperta: la terra
le scotta sotto i piedi, anche se già da tempo è riuscita ad ottenere documenti
falsi.
Intanto suona il sax e il piano con diverse band, e nel
1950 forma un proprio trio
con Bill Pierson e Lou Raines, suo amico d'infanzia. Il trio diventa
un quartetto quando nel '54
si aggiunge il suonatore di basso Ron Kilde. Il loro primo album,
connotato da un eccitante "swing style", è "Sweet
Georgia Brown" (1955). Ma Billy prosegue
anche la sua carriera di solista e di intrattenitore, travolta dall'irrefrenabile
"febbre del jazz". Nel 1956 incide
"Billy
Tipton plays Hi-Fi on the Piano".
Nel 1958 si presenta la grande occasione:
al trio, che è già la band principale del night club Allen's Tin Pan Alley,
viene offerto un altro prestigioso contratto a Reno. Eppure Billy lo rifiuta, provocando
la crisi della sua formazione orchestrale. Ha paura che la fama a livello nazionale
e l'interesse della stampa portino allo scoperto la sua vera identità, e ripiega
su ingaggi più modesti in cui riversa tutto il suo genio per l'improvvisazione,
continuando a lavorare da sola e aprendo una seconda attività come agente di spettacolo.
Nel 1962 si stabilizza sposando la spogliarellista
Kitty Oakes, di vent'anni più giovane, con la quale vivrà per due decadi:
compra una bella casa a Spokane, Washington, adotta tre bambini. Li trova Kitty,
grazie alle conoscenze della sua ex occupazione; le loro madri biologiche sono donne
dello show business non sposate che non desiderano tenerli, e li cedono appena nati
alla coppia "legale". Billy diventa un cittadino e un padre esemplare, si impegna
attivamente nell'educazione dei figli e nella vita pubblica della sua comunità.
Ma nel 1982, con il divorzio da Kitty, comincia
il declino, inarrestabile. E' ormai anziana, guadagna pochissimo, accumula debiti.
Venduta la casa, abita in una roulotte nei sobborghi di Spokane.
Ha
un'assicurazione sociale, ma preferisce vivere in povertà piuttosto che rivendicarne
i benefici, nel timore di far scattare un'indagine. E' malata, ma non vuole affrontare
una visita medica, evitata per oltre cinquant'anni. Muore per un'ulcera emorragica
a 74 anni, durante la visita di uno dei figli, che chiama l'intervento di emergenza
dopo essersi consultato telefonicamente con Kitty. E il coroner che accerta il decesso
scopre quella verità così disperatamente occultata.
In quella roulotte, tutti i suoi averi: gli strumenti musicali che non aveva
mai venduto, malgrado gli stenti, e il suo anello di diamanti. I relitti della sua
carriera. Nessun documento, nessun certificato di matrimonio o di divorzio, nessuna
lettera: delle prove dei suoi "falsi", Billy si era prudentemente liberata, insicura
anche nella morte. Scoppiato lo scandalo, la sua famiglia, le sue mogli, i suoi
figli, i suoi amori, i suoi amici, pressati dalle richieste di interviste e di testimonianze,
si sono divisi. Molti hanno semplicemente scelto il silenzio. Chi ha parlato, ha
espresso versioni diverse. Betty ha detto di aver sempre creduto che Billy
fosse un uomo, menomato da un incidente automobilistico con ferite al torace e ai
genitali. Kitty ha affermato di non aver mai avuto rapporti sessuali con
il marito a causa della sua salute. Due dei figli hanno detto di "sapere", uno ha
negato. La divisione ha provocato accuse e odi reciproci, tanto che dopo la cremazione
anche le ceneri di Billy sono state divise in due scatole consegnate alle due fazioni
di familiari: una per gli innocenti, l'altra per i colpevoli.
Del personaggio di Billy Tipton si sono invece impadroniti, in modi
diversi, i mass media e la comunità lesbica, gay e trans. La scrittrice Jackie
Kay si è ispirata al suo caso per il fortunato romanzo "Trumpet",
uscito nel 1998, in cui alla figura di Billy
viene sostituita quella immaginaria di un trombettista di colore, Joss Moody.
La
sua storia fino ad oggi è stata portata sulla scena in tre commedie e in un musical.
E il suo nome sopravvive nel "Billy Tipton Memorial Saxophone Quartet", composto
da cinque donne: Cindi Blackman e Terry Lyne Carrington (tamburi e
batteria), Geri Allen-Roney (piano), Diana Krall (piano, canto) e
Jane Ira Bloom (sax), che mescolano jazz, funk, punk e "world music". Restano
anche le sue incisioni originali, testimonianza diretta di una passione che, insieme
a quella per le donne, spinse Dorothy a diventare Billy: la musica che, come ha
riferito Kitty Oakes, per lei "era un magico tappeto volante che la trasportava
fuori dalla realtà".
Billy non è stata l'unica. Nel regime patriarcale, le donne che si sono travestite
da uomo per vari motivi, spesso rischiando la morte o l'arresto, sono sempre state
numerosissime. Non prendo in considerazione qui il "passing" transitorio per fini
particolari (come quello delle scrittrici George Sand o Isabelle Eberhardt),
né l'adozione di abiti maschili pur mantenendo un'identità di donna (come nel caso
della pittrice francese Rose Bonheur e di parecchie altre); né quello "lecito"
delle attrici, dal teatro di Shakespeare a Sarah Bernhardt, dal music hall
vittoriano e al "Takarazuka" giapponese; e neppure la transizione chirurgica
autorizzata. Mi riferisco invece soltanto al "passing" clandestino generalmente
scoperto soltanto dopo il decesso, oppure dopo eventi di "outing" subiti, loro malgrado,
dalle protagoniste di una radicale violazione delle regole identitarie.
La misoginia e la repressione dei primi secoli del cristianesimo hanno prodotto
un'ondata di sante-maschio: Marina di Siria (il cui corpo-reliquia, rubato
e rivenduto da un mercante veneziano, si trova oggi nella Chiesa del Redentore a
Venezia), Perpetua, Tecla, Eufrosine di Costantinopoli,
Eugenia, tanto per citarne solo alcune. Donne che si travestivano da monaci
per poter studiare, o da eremiti per vivere nella solitudine senza sposarsi, o da
pellegrini per potersi muovere liberamente. Del resto i Vangeli gnostici contenevano
l'istigazione di Gesù: "Ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei
cieli" (Tommaso, 144, "Vangeli gnostici", Adelphi 1984).
E i padri della chiesa, come San Gennario nel IV secolo, affermavano: "Se una
donna vuole servire il Cristo e tralasciare il mondo materiale, dovrà smettere di
essere una donna. Allora sarà considerata come un uomo". Così la patristica
risolveva il problema (da essa stessa creato) dell'"inferiorità spirituale" delle
donne, e molte approfittavano della scappatoia teologica per conciliare nella propria
coscienza le esigenze sacre con quelle profane, cioè per godere di un minimo di
libertà individuale. Sulla stessa linea, la mistica fiorentina Domenica Narducci
da Paradiso nel 1489 veste gli abiti maschili e si rifugia in una foresta, come
la contemporanea eremita Caterina di Cardona, ex nobildonna spagnola. Il
caso più celebre di "passing" nella storia del cattolicesimo è stato indubbiamente
quello di Giovanna, una donna eletta papa nell'855 con il nome di Giovanni VII,
la cui impresa fraudolenta entra anche nel gioco dei tarocchi a metà del Quattrocento
con l'arcano della Papessa.
Nata nel 1585,
la spagnola Catalina de Erauso scappa a 15 anni dal convento dove era stata
"monacata" a forza dalla famiglia, si traveste da uomo e va a combattere nelle Indie
occidentali come mercenario, collezionando anche varie conquiste femminili e finendo
con il guadagnarsi uno status pubblico, come racconta dettagliatamente nelle sue
memorie "Storia della monaca alfiere scritta da lei medesima". Un analogo riconoscimento
di identità maschile al merito militare venne tributato due secoli dopo alla russa
Nadezda Durova (1783-1860),
anche lei autrice di memorie autobiografiche, la quale poco piu' che ventenne fuggi'
da marito e figlio per arruolarsi travestita in un reggimento di cosacchi. Conservò
invece il suo segreto fino alla morte James Miranda Stuart Barry (1795-1863),
che in vesti maschili esercitò per 46 anni la professione di medico chirurgo nell'esercito
britannico.
Gli studiosi Lotte van de Pol e Rudolf Dekker hanno documentato
centinaia di casi di "passing" da donna a uomo nel corso dei secoli XVII e XVIII
in tutta l'Europa. L'identità femminile del capitano Guglielmo Sveivel si
scoprì' soltanto quando venne ferito a morte durante l'assedio di Torino del 1 luglio
1640: soldato di ventura,
portava con sé una donna che faceva passare per sua moglie. All'inizio del Settecento,
le sorelle francesi Luisa e Alviera Cassier, rispettivamente di 13
e 15 anni, dopo la morte della madre uccisero il padre e vissero in abiti maschili
in molte città d'Italia, arruolandosi poi a Milano al servizio del re di Spagna
Carlo II; in seguito Luisa morì in battaglia, e Alviera si fece monaca. Maria
d'Anversa, smascherata nel pieno della sua carriera militare nel
1769 e costretta a sposarsi
per salvare la pelle, scrisse un memoriale "riparatorio" della sua reputazione.
L'italiana Francesca Scanagatta, nata nel
1776 da una nobile famiglia
milanese, approfittò della malattia di un fratello per frequentare al suo posto,
travestita da uomo, l'accademia militare; diventata alfiere combattè contro i francesi,
venne decorata e promossa. Nel 1800 fu scoperta e congedata, ma ottenne una pensione.
Anche lei dopo l'outing cercò di "normalizzarsi". Settant'anni dopo, una sua connazionale
con una storia molto simile, la fiorentina Erminia Manelli, morì da bersagliere
nella battaglia di Custoza.
Altri "outing" rivelano scelte da outsider come la pirateria o il brigantaggio,
ma anche situazioni civili di insospettabile normalità, o quasi. Il medico inglese
Charles Hamilton nel 1746
fu denunciato dalla sua quattordicesima moglie, appena sposata, perché
era in realtà una donna di nome Mary. Nel corso del processo confessò di essere
fuggita giovanissima di casa, nella nativa Scozia, vestendo i panni del fratello,
e di aver cominciato la professione dopo un apprendistato presso due luminari di
chiara fama. Fortunatamente in Inghilterra vigeva il "silenzio giuridico" sul lesbismo,
e Mary/Charles venne condannata per frode alla pubblica fustigazione e a
sei mesi di prigione. Come Dorothy/Billy, il suo caso suscitò tanto scalpore
che diventò la protagonista di un romanzo anonimo, "The Female Husband",
attribuito nel Novecento a Henry Fielding.
In
Italia, dal 1850, le
leggi di polizia approvate dallo Stato pontificio fanno di chi si traveste un "sorvegliato
speciale", e lo stato laico si è adeguato a queste prescrizioni. L'articolo 85 del
codice Rocco ha dichiarato illegale indossare abiti del sesso opposto, e durante
il fascismo il "passing" è stato equiparato ad un attentato contro l'integrità della
stirpe. L'articolo che riguarda il travestimento è ancora in vigore, ed è stato
solo parzialmente modificato nel 1970 dalla
corte costituzionale, che ha abolito la definizione di reato punibile con l'arresto
trasformandola in illecito amministrativo sanzionabile con un'ammenda. Ma l'"imprinting"
ottocentesco non si limita a questo. Alla fine dell'Ottocento, i casi di "passing"
sia femminile che maschile vennero identificati con l'ermafroditismo e, come quest'ultimo,
medicalizzati: una svolta "scientifica" di cui resta la testimonianza in moltissimi
"casi clinici" nella letteratura medica. Da questa vera e propria distorsione culturale,
unita alla violenza del bisturi, deriva la mentalità allucinante dell'attuale, iniqua
legge sulla transizione chirurgica: una legge coercitiva che costringe alla mutilazione
sessuale una persona che desidera cambiare il proprio stato civile. L'unica alternativa
per chi diserta l'identità sessuolegale eteroattribuita alla nascita rimane la pericolosa
terra di nessuno della fuorilegge, da punire nel modo più crudele possibile, ieri
come oggi: è molto recente la storia (narrata nel film "Boys Don't Cry") di Teena
Brandon, nata nel 1972 a Lincoln, nel Nebraska,
e assassinata a 21 anni perché "passava da ragazzo", usurpando quindi i privilegi
maschili.
Su questo sfondo storico e sociale, l'autodeterminazione del corpo, dei comportamenti,
delle scelte e dell'amore resta un sogno prigioniero delle discriminazioni e di
norme brutali e omologanti, quelle norme che hanno condotto ad una vita di ininterrotta
menzogna e ad a una morte solitaria Billy Tipton.
BIBLIOGRAFIA
* Nella Larsen, "Passing"
(1929) - traduzione italiana Sellerio 1995.
* Aa.Vv., "Passaggi. Letterature comparate al femminile" - Edizioni QuattroVenti
2002.
* Diane Wood Middlebrook, "Suits Me" - Davison/Mifflin 1998.
* Jackie Kay, "Trumpet" (1998) - traduzione italiana
La Tartaruga 1999.
* Clementina Mazzucco, "E fui fatta maschio – La donna nel cristianesimo primitivo"
- Casa Editrice Le Lettere, Firenze 1989.
* Marina Minghelli, "Santa Marina la travestita" - Sellerio
1996.
* Aa.Vv., "Travestimenti e metamorfosi – Percorsi dell'identità di genere tra epoche
e culture" - a cura di Laura Guidi e Annamaria Lamarra, Filema
2003.
* Catalina de Erauso, "Storia della monaca alfiere scritta da lei medesima" - Sellerio
1991.
* Nadezda Durova, "Memorie del cavalier-pulzella" - Sellerio
1988.
* Lotte C. van de Pol e Rudolf M. Dekker, "The Tradition of Female Transvestitism
in Early Modern Europe" - Macmillan 1989.
* Rosanna Fiocchetto, "L'amante celeste – La distruzione scientifica della lesbica"
- Il Dito e La Luna, Milano 2003.
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Data pubblicazione: 31/10/2005
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