Quando
la batteria si esprime in funzione della musica e la vita è intesa nella
completa dedizione all'arte, si parla di Ben Perowsky.
Nato e residente nella
Grande Mela (New York), Ben riceve la prima batteria all'età di cinque anni -
dalla nonna, molto vicina alla sua formazione musicale - iniziando il viaggio
nel mondo della musica a fianco del padre, sassofonista/arrangiatore, Frank
Perowsky. La nonna aveva fatto centro. Quel piccolo bambino sarebbe cresciuto
bene, così bene che attraverso gli anni sarebbe diventato un richiestissimo
side-man nell'area jazz di New York ed un poliedrico compositore.
Giovanissimo,
ha la fortuna di suonare con artisti leggendari come Ricky Lee Jones, James
Moody e David Liebman. In seguito si esibisce ed incide dischi con John
Cale,
Mike Stern, Paul Martino, Roy Ayres, oltre a formare e co-dirigere il gruppo dei
Lost Tribe.
Recentemente esplora nuovi territori musicali con il suo gruppo
nella formazione del trio, affiancato da Chris Speed e Scott Colley. Negli
ultimi tempi ha collaborato con Dave Douglas, Uri Caine, Don Byron
e Salif Kieta.
Frequenti sono le sue apparizioni alla Knitting Factory; continua a
suonare nel club spesso, e la sua batteria si può sentire negli album
pubblicati dalla KF. E' apparso nei leggendari Knitting Factory Tours nel
1991-92 (erano in diciotto su un autobus che ha attraversato mezza Europa) e
soprattutto nel 1993 con il famigerato
Avant Rock Tour (tre bands, un solo
autobus e niente albergo) e nel 1995
(un mese in treno, sempre in Europa) con
il Tronzo Trio.
Come compositore ha creato musica per spettacoli di modern
dance, presentati al Brooklyn Anchorage.
Grazie al Bitches Brew Jazz Club di
San Benedetto del Tronto, abbiamo avuto la possibilità di ospitare per due
giorni (10-11 marzo) Ben Perowsky ed il suo trio per uno strepitoso concerto in
prima nazionale e in seminario.
Intervista
Ben,
quando hai capito che la batteria sarebbe stata la tua vita?
Ho
iniziato a studiare seriamente all'età di quindici anni, tutti i giorni, ma non
avevo una media di molte ore di studio, all'incirca tre. La scelta di diventare
un musicista non è stata osteggiata affatto dai miei genitori, anzi devo dire
che mi sono stati vicini e mi hanno incoraggiato, basti pensare che mio padre è
il produttore esecutivo del mio ultimo cd.
Puoi
parlarci della tua formazione musicale e degli insegnati che ritieni abbiano
avuto la maggiore influenza sul tuo drumming?
Un
vero e proprio studio della musica è iniziato nella scuola superiore (Music and
Art High School), dove ho appreso le prime nozioni sul pianoforte, strumento
con il quale compongo, per poi proseguire al Berklee College of
Music. Per
quanto riguarda lo studio del mio strumento, le maggiori influenze le ho avute
in giovane età grazie a due insegnanti: Bobby Thomas
(Wes Montgomery) e Alan
Dawson.
Cosa
pensi riguardo ai batteristi che si stanno specializzando nel drum and bass (Zach
Dazinger, Tony Verderosa), visto che ascoltandoti prendi spunto da queste
correnti musicali?
A
mio avviso è interessante e apprezzabile la ricerca che Dazinger
e altri come
lui attuano nel tentativo di avvicinarsi il più possibile ad un sound che riecheggi
atmosfere elettroniche; per quanto mi riguarda, tuttavia, preferisco
estrapolare l'idea e alcuni spunti dal drum and bass in funzione artistica,
senza limitarmi alla semplice riproduzione di quei groove. Come tutte le
influenze che ho avuto da giovane, ad esempio l'ampissima discografia jazz di
mio padre e il rock di Jimi Hendrix
e Led Zeppelin
conosciuto tramite mio
fratello, anche il drum and bass è una parte di questa fusione.
Quali
sono i tuoi progetti attuali e le tue ultime collaborazioni?
Proprio
qualche giorno prima di arrivare in Italia sono stato in sala di registrazione
con il pianista Uri Caine, con il quale ho inciso alcuni brani latin; voglio
ricordare anche il mio gruppo, Luminal, con il quale mi esibisco in alcuni club
di New York, suonando alcuni loop attraverso il mio computer, la co-produzione
con questo gruppo di una nuova band, Elisian
Fields, e il fatto che sono qui in
Italia per promuovere il mio trio e la mia musica.
Domanda
d'obbligo: il tuo set?
Sono
endorsment per i piatti Zildjian, uso varie misure e modelli a seconda della
musica. Per quanto riguarda le batterie, uso set composti da me utilizzando
singoli pezzi di marche differenti; misure 18" bass
drum, 12" tom
tom, 14"
floor tom, e suono percussioni realizzate in metallo da
Pete Engelhart, un
artigiano californiano.
Clinic
La
clinic si è svolta in modo insolito ed originale; Ben Perowsky ha preferito
privilegiare la parte di ascolto relativo alle sue influenze piuttosto che
dedicarsi – cosa che tutti si aspettavano - all'aspetto puramente tecnico. Il
musicista newyorkese ha iniziato il seminario con un lungo solo che echeggiava
gli insegnamenti di Elvin Jones fino ad immergersi nella musica elettronica;
successivamente c'è stata la sezione di ascolto con brani del South India,
groove utilizzati per il progetto Luminal (controllati dal Macintosh) e
frammenti dell'ultimo lavoro degli Elysian Fields. Poi ha lasciato spazio alle
domande dei ragazzi.
Qual
è il tuo warm-up (riscaldamento), prima di affrontare un concerto?
Personalmente,
fino a qualche tempo fa, focalizzavo tutta la prima parte del mio riscaldamento
sullo studio dei rudimenti così come mi aveva insegnato Alan
Dawson;
ultimamente preferisco un riscaldamento di tipo fisico, in poche parole legato
soltanto al corpo, attraverso lo stretching.
Riguardo alla tecnica del finger-control, sembra che tu
non ne faccia uso. Eppure ottieni lo stesso risultato. Come mai?
Non
ho studiato il finger-control. Il risultato è dovuto a un approccio spontaneo e
quasi istintivo allo strumento; non mi pongo la preoccupazione di analizzare la
mia tecnica, mi interessa soltanto il risultato finale, facendo in modo che sia
il più vicino possibile a quello che ho in mente.
Quando
sei seduto sullo sgabello che posizioni assumi?
La
mia postura sulla batteria consiste nel mantenere il busto estremamente dritto
e fermo. Ciò mi consente di avere risultati maggiori e ne ho avuto la conferma
vedendo ultimamente in concerto Jack
DeJohnette, dal quale ho ripreso la mia
impostazione.
Dato che ci hai fatto ascoltare dei brani di sole
percussioni indiane, e sappiamo che hai inciso dei brani per l'ultimo album dei
Lounge Lizard utilizzandole, che rapporto hai con esse e che tecniche utilizzi?
L'avvicinamento
alla percussione è dovuto all'influsso di alcuni amici come Billy Martin
e
Calvin Weston. e si colloca in particolare periodo della mia vita. L'ascolto
delle percussioni non è stilistico o tecnico ma rappresenta semplicemente una
fonte di idee, una serie di spunti da trasferire ed integrare con la batteria,
in particolare riguardo al fraseggio. La mia tecnica è estremamente libera e
lascia posto alla spontaneità.
Puoi
riscontrare nella tua evoluzione dei momenti di svolta?
Senza
dubbio una grande apertura mentale l'ho avuta ascoltando Miles Davis
(non a
caso nei suoi cd ha un'edizione giapponese di "Bitches Brew", n.d.r.), e quando
ho conosciuto l'approccio batteristico di Tony
Williams. Oggi in particolare
credo sia significativa per me la musica del South
India.
Quando
hai capito che eri diventato un band-leader e come scegli i tuoi musicisti?
Il
passaggio da componente dei Lost Tribe
a leader di un mio progetto è avvenuto
nel modo più semplice: avevo qualcosa da dire, e proporre la mia musica
affiancato da amici come Chris Speed
e Scott
Colley era la soluzione migliore,
dal punto di vista umano e artistico.
A
un giovane studente, quante ore di studio consigli?
Credo
che studiare otto o nove ore al giorno sia solo uno spreco di energie, perché
il grado di concentrazione necessaria non può tollerare oltre le tre ore. La
cosa importante è avere un rapporto costante e giornaliero, con lo strumento,
così da non riportare traumi come tendinite; e dedicare le restanti ore
all'ascolto e alla conoscenza del mondo, da cui trarre stimoli.
Discografia consigliata
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Data pubblicazione: 12/06/2001
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