Cosa può esserci dopo il jazz, se lo sono chiesti in tanti e molti hanno
provato a guardare oltre come ha fatto anche il nostro
Franco Baggiani
musicista fiorentino che non a caso ha chiamato "After
the jazz", il brano iniziale del suo ultimo cd "Santur".
E da questo brano proviamo a capire di che musica è fatto tutto il cd ed allora
scopriamo un altro tentativo di mettere insieme tanti linguaggi musicali contemporanei
come l'house, l'ambient e la world music. Un lavoro realizzato con l'ausilio di
Mario Leonelli dei Govinda che ha agito sulle strumentazioni elettroniche
e di studio.
Di jazz ben poco o niente, tranne il concetto di contaminazione realizzato
attraverso un tappeto di suoni tecnologici su cui si stagliano le incursioni sonore
della tromba di
Baggiani, doppiata e moltiplicata ancora grazie alle diavolerie
elettroniche di uno studio di registrazione.
Il cd contiene undici brani dove è facile ascoltare echi del grande Miles
ma i primi quattro sono caratterizzati dalla prevalenza dei suoni elettronici. Poi
a partire dal brano che da il titolo all'album i suoni si fanno più da world music
e quindi più veri, più naturali ed è qui che
Baggiani
da il meglio di se, come in "Indian Dreams",
brano suggestivo caratterizzante la parte centrale del cd.
La tavolozza strumentale è ampia, si ascoltano sitar, tablas, flauti indiani
e una moltitudine di altri strumenti e l'ascolto si fa interessante con il brano
"Transito". All'arrivo della traccia n.8, "Dietro
Sieve", siamo nel bel mezzo dell'ambient music e qui la tromba di
Baggiani
è il solo suono vivente in un ipotetico mondo cosmico-virtuale. Da qui alla
fine altri tre brani, sempre in bilico tra i linguaggi musicali citati, delineano
un tentativo in parte riuscito di tracciare un percorso per certi versi inedito
nel mondo musicale della nostra Italia.
Un progetto ambizioso, ma non facile, che potrebbe dissolversi nel nulla
se si perdessero le coordinate di un linguaggio che deve mettere insieme ricerca
e contaminazione, senza perdere di vista un equilibrio sonoro che non può venir
meno, perché fondamentale per farsi comprendere.
Giuseppe Mavilla per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 28/03/2007
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