Jazzitalia: la musica jazz a portata di mouse...
versione italiana english version
 
NEWS
Bookmark and Share Jazzitalia Facebook Page Jazzitalia Twitter Page Feed RSS by Jazzitalia - Comunicati Feed RSS by Jazzitalia - Agenda delle novit�

Luca Donini Quartet
Alaya

1. Raft (L. Donini)
2. Bass Loves (M. Marcassa)
3. Kennedy Street (M. Marcassa)
4. Alaya (L. Donini)
5. Genetry (M. Marcassa)
6. Apitango (L. Donini)
7. Duende (D. Cremoni)
8. Danza delle lune (L. Donini)
9. Malaga (M. Marcassa)
10. Colibrì (L. Donini)
11. Summer Blues (D. Cremoni)
12. Lizard (D. Cremoni)

LUCA DONINI: Sax Tenore, Soprano, Sax Synth
MARIO MARCASSA:
Contrabbasso
, Basso elettrico
DAVID CREMONI:
Chitarra elettrica
ed acustica
EMILIO PIZZOCOLI:
Batteria
e Percussioni
Marco Saoncella: percussioni su 8

"ALAYA": sarà solo jazz?

Smooth Jazz, fusion o crossover? 
Domanda senza risposta ma con la possibilità di ipotizzare. Fuori luogo il primo; tollerabile il secondo; esaustivo ma non del tutto corretto il terzo. Ciò che possiamo affermare con sicurezza è che "Alaya" è un disco stupendo: troppo al di là per appartenere ad un jazz edulcorato, troppo veloce per seguire le leggerezze di incontri fuggevoli, troppo eterogeneo per essere etichettato. 

S
iamo quindi al punto di partenza: che disco potrebbe mai essere questo "Alaya"? 

E' giusto archiviarlo sotto voci che ne coglierebbero solo parziali verità oppure lo si dovrebbe lasciare a mezz'aria, senza alcuna soluzione identificativa? In realtà anche questo cd troverà un suo spazio in un genere di comodo: una casella informale e anonima che non riuscirà - come potrebbe d'altronde? - a trasmettervi la forza, l'istintualità, la grazia, l'ardimento del quartetto di Luca Donini

Il leader, già sassofonista nel "Sax Four Fun" , condivide con altri suoi colleghi l'approccio diretto al materiale sonoro: un pugno sul naso a volte risveglia gli assonnati. Come l'Actis' Band o i progetti di Beppe Caruso, ma con una intellettualità diversamente regolabile e prestata a scelte sonore accomunabili ma non intercambiabili (il jazz va e viene nel nostro caso), Donini osserva le note da angolazioni diverse, specularmente e non: si accorge che la creatività non è un compartimento stagno e le idee non portano palle al piede. Soprattutto si sarà convinto del fatto che "l'art pour l'art" - assioma schoenberghiano appartenente però al pensiero avanguardista in generale - è una pura e semplice follia. 

La percezione di tale progetto non necessita di spremute cerebrali: la strategia utilizzata da Donini complica la vita ai musicisti ma non agli ascoltatori. Troverete in "Alaya" un mondo in trasformazione che rinuncia agli indovinelli e ai girotondi: non si danno false speranze a chi ama il jazz puro, incontaminato, lucidato a temi standard e, giustamente, non si tradiscono i "voyeur" da vetrina che attendono impazienti le "hot-news" più curiose. 

Il lavoro di Donini corre con il tempo ma non lo vuole anticipare anzi, meglio guardarsi le spalle. Fra questi solchi, quindi, non incontrerete le generazioni "McDonald" e le spocchiose apnee hip-hop; ne' i farraginosi motivetti che oggi, spacciati per jazz, sembrano più adatti agli spot-shock. La musica di Donini, Marcassa e Cremoni (Pizzocoli, il batterista, non firma alcun brano) guarda con costante bravura al rock (con venature "heavy" in "
Genetry"), al al rhythm'n'blues, al funky ("Raft" e "Lizard"), alle lezioni "progressive-folk" (il flamencato "Danza delle Lune" con le percussioni di Saoncella), a umori piazzolliani ("Apitango" ), ad una fusion - ebbene si, ci siamo arresi - priva di collanti riparatori e sempre più vicina, invece, alle poliedriche architetture del "tardo" Metheny ("Bass loves" e "Kennedy Street" ). 
Naturalmente al blues: urlato con la stessa irruenza di fischi di freni sulle rotaie (ascoltatevi la chitarra elettrica di David Cremoni in "
Summer Blues" ). 

Ci si muove insomma su quelle direttrici "minate" che fecero la gloria di molti gruppi anni Settanta: i tempi in cui il suono esplora sé stesso per mutare pelle. Se la realtà cambia, meglio cambiare con lei. Se il jazz non è più lo stesso non ne facciamo un dramma: la musica è solo brutta o bella , ascoltabile o non. Ma non si tratta di moda. 

Un progetto elettrico può cavalcare l'onda oppure estraniarsi dalle intese comuni per cercare una via d'uscita. "Alaya", sotto questo punto di vista, è un lavoro vincente perché sa dosare linguaggi, atmosfere, vissuti, echi di altri mondi escludendo la pretesa del dettare legge. Ma palpita e scalpita come un bimbo dinnanzi ad un regalo. 

Oggi, forse più di ieri, il pubblico esige una musica di qualità e nello stesso tempo briosa, impegnata ma tuttavia capace di "disimpegnare", anche a costo di compromessi. Donini, lo si capisce, ha mirato alla propria e all'altrui - questa è la speranza di ogni artista - soddisfazione. Ha forse pensato a lungo prima di dare alle stampe questo disco che, l'onestà è d'obbligo, usa il jazz come un giornalista usa il foglio di carta: lo stropiccia e lo arrotola, lo maltratta e lo premia. 
A volte se ne dimentica, ma lo fa apposta per concedersi un break. Ciò non toglie una grande piacevolezza all'ascolto: in parte perché ci si sente a casa, immersi in realtà musicali che, volenti o nolenti, ci circondano abitualmente e in parte perché questo "mix" brontolone ci fa sentire bene e ci convince del fatto che anche in questa società artificiosa, sempre pronta ad inseguire le "cyber-songs" sanremesi, ci sono ancora musicisti come Donini e compagnia che rispettano gli ascoltatori (avvicinando i giovani e le loro necessità) nutrendoli a suon di Storia.
Davide Ielmini - 1999

Invia un commento


Questa pagina è stata visitata 6.075 volte
Data pubblicazione: 18/09/2001





Bookmark and Share



Home |  Articoli |  Comunicati |  Io C'ero |  Recensioni |  Eventi |  Lezioni |  Gallery |  Annunci
Artisti |  Saranno Famosi |  Newsletter |  Forum |  Cerca |  Links | Sondaggio |  Cont@tti