Al primo ascolto, sinceramente, ho
trovato un po' "inadeguata" la pur ottima voce di Gerry Gennarelli
perchè impostata in modo classico su una base prettamente jazzistica.
Nei successivi ascolti, invece, è stato proprio questo uno degli elementi che ha
cominciato a caratterizzare positivamente questo lavoro. Lasciare praticamente
inalterata l'impostazione vocale di questi capolavori, riarraggiandoli e
riadattandoli in chiave jazzistica è stata una sfida a questo punto ampiamente
vinta. Come dice lo stesso Sportiello nelle note: "...gli
arrangiamenti sono stati scelti nel rispetto dell'anima della canzone
". Si può godere tutta la bellezza delle melodie battendo il piedino! I
musicisti sono tutti eccellenti e si esprimono al meglio, con dei soli
coinvolgenti; da questo punto di vista non si rimarrà assolutamente delusi. Una
nota di eccellenza la vorrei dare all'unico brano fuori contesto: Musica con testo di Duke Ellington
e musica di Giorgio Rosciglione. Ho provato una forte
emozione nell'ascoltarlo, sono stato messo con le spalle al muro perchè amare la
musica, viverla quotidianamente, non poterne fare a meno, conoscere la
fatica, il sacrificio, la gioia di chi la fa, ti porta a riconoscere ciò che è
magnificamente recitato da Alberto Rossatti su
una splendida ballad suonata con grande trasporto. All'ingresso del contrabbasso
e della batteria la voce recitante sembra crescere d'intensità come farebbe
un cantante, ne segue il ritmo, ne rispetta la dinamica. Molto bello. Marco
Losavio
PRESENTAZIONE DELL 'ALBUM DI
ALESSANDRO MISTRI - direttore artistico Jazz Club Ferrara
Perché "Blue Napoli"?
Perché mescolando due ingredienti così diversi come un buon gin
(personalmente le mie preferenze vanno al Beefeater) e un classicissimo Martini
Dry, calibrandone il dosaggio (le origini dicono 8/10 e 2/10), si ottiene un
inarrivabile Martini Cocktail, diamante ardente in grado di illuminare le nostre
serate più fosche e di rendere più rosa qualunque tramonto.
Così se uniamo lo swing, l'eleganza e la raffinatezza del linguaggio
jazzistico al caldo sentimento, all'istintiva drammaticità e alla naturale
ironia della canzone napoletana, ecco di nuovo raggiunto lo stesso obiettivo: un
perfetto cocktail musicale, dai benefici effetti per la mente e per lo spirito
(senza controindicazioni per il fegato).
Lasciamo stare le contaminazioni, disperatamente modaiole e, già nel nome,
evocatrici di patologie fantascientifiche.
Qui si parla di una ricetta semplice, ma efficace.
Otto fra i migliori jazzisti italiani si divertono a reinterpretare in jazz,
impressionisticamente, un repertorio solo in apparenza distante, tanto è nel DNA
di tutti noi.
Dall'altra parte, un giovane cantante napoletano si cala, con lo stesso
piacere divertito, nel gioco musicale del jazz, facendo convivere malinconia
mediterranea e blues.
Su tutto una spruzzata di poesia, affidata alle parole scritte da un
inedito Duke Ellington e qui accompagnate dalla dolce melodia composta da
Giorgio Rosciglione.
Che poi "Blue Napoli" nasca in pianura padana, da un'idea del Jazz
Club Ferrara, non deve meravigliare.
Il matrimonio fra l'anglosassone gin e l'italianissimo Martini non è
forse stato officiato nel lontano Nuovo Mondo?
Ebbene, che siano le nebbie estensi a unire il sole di Napoli al delta
del Mississippi.
Un suggerimento finale: per un risultato ottimale si consiglia di
abbinare l'ascolto alla degustazione di un Martini perfettamente ghiacciato.
Buon divertimento.
PRESENTAZIONE DELL 'ALBUM DI GIUSEPPE PEDERIALI - Romanziere, ha pubblicato
recentemente "La Strana Cosa" (2002, Einaudi)," L'Osteria della Fola" (Garzanti,
2002)
Una notte a Ferrara,
dalle parti di Napoli, con il Foionco a tempo di jazz.
Mi ero sempre domandato che effetto facesse passeggiare di notte sulle
mura di Ferrara. Non di sera: proprio a notte fonda, quando la gente dorme e
passano rare macchine sullo stradone oltre i prati e i loro fari non spaventano
pensieri e fantasmi. Dunque approfittai di una cena, che si era protratta in
maniera piacevolmente esagerata fino alle ore piccole, per cavarmi la voglia di
una Ferrara diversa dal solito. Salutati gli amici, guadagnai altro tempo a
perdermi tra le strette contrade del centro storico ubriacandomi di ombre e di
odori. Non ero solo. Volando a un'altezza che corrispondeva alla più alta delle
torri del Castello Estense, mi accompagnava il Fojonco, il mitico uccello
emiliano, bevitore di lambrusco e amico dei sognatori. Mi accompagnavano anche
altri amici e parenti, prima mio cugino Sigfrido e sua moglie Tina, poi
Gianfranco Rossi e Aldo Luppi, scrittori ferraresi con i quali avevo già
percorso pezzetti della strada di giorno. Con Giorgio Bassani avevo appuntamento
sulle mura, all'altezza del cimitero ebraico.
Faceva freddo e la nebbia, che già assediava la città, cominciava a
insinuarsi lungo il mio medesimo itinerario, ma non mi dava fastidio il suo
accorciare i panorami e cancellare particolari: intelligente, dotata di un'anima
padana disciolta in miliardi di goccioline, nascondeva gli orologi e tutto
quello che non le piaceva della nostra epoca. Il pacato battito delle ali del
Fojonco ne mescolava le volute.
Percorsi via Mortara fino a corso Porta Mare per raggiungere il Torrione
San Giovanni, sede del Jazz Club dove avevo passato altre piacevoli
serate. Salii sulle mura deciso ad attraversare per intero i Rampari di
Belfiore.
Come previsto, camminando lassù, dentro la notte, sfiorai Giorgio Bassani
e incontrai la sua Micol, in bicicletta, vestita, nonostante il freddo, di gonna
e camicetta di cotonina, e i calzini bianchi.
Felice, di nuovo in compagnia soltanto del Fojonco che faceva lo
spriritosanto sulla mia testa, nella nebbia sempre più fitta, tornai verso il
Torrione. Fu allora che incontrai un altro fantasma notturno, fatto solo di voce
e di musica. Cantava Voce 'e notte, eppure non lo sentii estraneo a
questo luogo, quasi le mura separassero due città nascoste: da una parte la
città di Ferrara, con le sue case e le sue torri, dall'altra, oltre il fosso di
circonvallazione e via Gramicia, la città di Napoli, con le sue case e il suo
mare.
Il Fojonco, incantato dalla musica, si posò sul Torrione. Anch'io rimasi
fermo, per ascoltare meglio. Riconobbi Malafemmena e Munastero 'e
Santa Chiara e poi un assolo di pianoforte degno di Renato Carosone.
I musicisti che accompagnavano la voce maschile solista interpretavano le
canzoni napoletane classiche aggiungendo qualcosa che accorciava le distanze tra
Ferrara e Napoli, così come aveva fatto la nebbia. Era la magia del jazz che
gemellava fantasie e modi nati dai blues e dagli spirituals a melodie e ritmi
mediterranei altrettanto popolari. Solo nelle vicinanze del Torrione e in
compagnia del Fojonco poteva succedere un sortilegio come questo, figlio
dell'amore per il jazz.
Da una finestrella, fenesta ca lucive, usciva luce rosata e la voce,
ora allegra, che cantava Tu vuo' fa' l'americano. Nella penombra notai
che il Fojonco batteva il tempo con le tre zampe. Poi, felice, prese il volo.
Lasciate le mura, scoprii che anche dalla porta del Torrione filtravano
luce e musica. Non erano fantasmi i musicisti e gli amici nottambuli che mi
accolsero e mi accompagnarono dentro questo Blue Napoli.
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Data pubblicazione: 07/06/2003
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