Il progetto Urbanfunk
di Franco
Baggiani nasce nel 1993
esordendo con una struttura trio composta da tromba, basso e
batteria. Successivamente il gruppo va allargandosi fino
alla sua composizione attuale che vede cinque elementi fissi a cui, di volta in
volta, si aggiungono ulteriori strumentisti a seconda delle necessità
compositive. Oltre ad essere membri del gruppo Urbanfunk, i musicisti che ne
fanno parte sono impegnati anche nel settore didattico (insegnano tutti presso
la "SOUND" Scuole di Musica) ed in numerose altre iniziative. Questo fa del
gruppo Urbanfunk un momento di incontro nel quale la musica diventa
contaminazione di stili e di generi.
Ed è proprio la
contaminazione che è predominante nell’ultimo album di Fanco Baggiani &
Urbanfunk. L'album si presenta con un estetica piacevole ed arricchita dal
booklet che, nel suo interno, presenta un insieme di istantanee scattate durante
i loro concerti dal vivo, testimonianza di ben dieci anni di attività. Già dalla
prima traccia, "Facciamo tutti", si
è catapultati nel vivo dell'album. Una potente sezione ritmica, in perfetto
stile funk, prende il possesso dell'aria con vibrazioni piene e calde. Su questa
base sonora la tromba di Baggiani si staglia alta con il suo carico di
improvvisazione alternandosi con la sezione fiati che traccia il tema principale
della composizione.
Si prosegue con la traccia che dà
il titolo all'album, "Cinquide". La
costruzione sonora di questa traccia è ancora la stessa: sezione ritmica
fortemente funk, chitarra ritmica di tappeto, tema principale tracciato dalla
sezione fiati e la tromba di Baggiani che improvvisa alternandosi con i
sassofoni.
La terza traccia, "Strange", è una delle quattro a firma di
Coppini. Si viene subito proiettati in un atmosfera
statunitense anni '70 che ricorda molto da vicino quelle di alcuni film di quel
periodo. La sezione fiati imposta subito il tema principale mentre la tromba di
Baggiani, con un suono brillante, provvede all'improvvisazione. Con
"Mens sana", sempre a firma di
Coppini, esordisce la chitarra elettrica di Cifariello cui
viene affidato il compito di introdurci nel vivo della composizione. Squarciando
la ritmica funk, un complesso assolo elettrico e dissonante ci conduce fino al
tema principale come al solito impostato dai fiati. Anche in questo caso
l'atmosfera è fortemente intrisa di stati uniti anni '70. L'immancabile assolo
di Baggiani arriva dopo un po' fondendosi, in perfetta sintonia, con l'atmosfera
che è stata creata. "Seghe e
Gazzose", composizione dal titolo quanto mai equivoco, ci
riporta alle prime tracce dell'album. La rimtica funk fa da base al tema
principale, che viene impostato al solito dalla sezione fiati, e successivamente
sax e tromba impostano un assolo improvvisato. La sesta traccia, "Mr. Ezov", mostra un volto alternativo di
quest'album. La ritmica, sempre in stile funk, è più lenta, con molti
contrappunti creati ad arte dalla batteria e dal basso. Dopo aver assaporato il
tema principale si viene rapiti da un assolo di chitarra, dapprima pulito e
preciso e, successivamente, più elettrico e sporco.
Con
"Pakkumano", si rimane ancora una
volta stupiti. La traccia, di breve durata, presenta una ritmica veloce su cui
si sentono delle inquetanti risate e dei rantoli. L’assolo di tromba è reso
etereo dalla presenza di un effetto sordina. "Sfagio" è il momento più felice dell'album. Non a
caso la traccia dura quasi il doppio delle altre, segno del piacere che i
musicisti hanno provato nel comporla e nel suonarla. Ritmica lenta e sobria e il
suono di una tromba che ricorda atmosfere alla Miles Davis sono gli ingredienti.
L'arte dell'improvvisazione di Baggiani conosce, in questa traccia, il suo
culmine.
La nona traccia, "Squit", a firma Coppini, ci fa ritornare di nuovo
allo schema classico di quast'album. Una energica ritmica funk si fonde con la
sezione fiati. Gli assoli di sassofoni e di tromba fanno il resto. Sarà un caso
ma anche in questa traccia, come nelle altre a firma di Coppini, si sente
nell’aria una vaga atmosfera statunitense. "Facile" si presenta su uno schema di accordi che
ricorda quello di un blues.
Dopo una introduzione che
presenta il tema principale, si incontra dapprima l'assolo di Baggiani e,
successivamente, l'assolo di un sassofono. "Pik" esordisce con la sezione fiati che insiste su
un solo accordo. L'impressione che si avverte è quella di trovarsi nel traffico
di una metropoli con una moltitudine di automobilisti che suonano il clacson.
Subito, però, la tromba prende il sopravvento disegnando un complesso assolo cui
segue un egregio assolo di sax.
L'ultima traccia,
"Eolo", a firma di Coppini, è basata
su uno schema ritmico motlo ipnotico accentuato dalla sezione fiati che ripete
in sequenza un piccolissimo numero di note. Su questa base la tromba di Baggiani
tesse una tela di improvvisazione che attenua la senzazione di alienazione.
L'album nel suo complesso è gradevole anche se, a
tratti, un po' monotono. Per gli amanti del jazz-funk sicuramente un disco da
ascoltare. Alessandro
Marongiu
Con questo disco Franco Baggiani ritrova con i suoi
Urban Funk, gruppo storico con il quale il nostro ha esplorato per un decennio i mille sentieri del funk, una verve ed una fantasia compositiva dai toni decisamente più pacati.
Pur ripercorrendo strade già percorse in passato che vanno dalle radici della black music stile
Motown al jazz funk elettrico e intellettuale di Steve Coleman, questa volta Baggiani dimostra più che mai di essere un compositore maturo. Abbandona i toni nevrotici e metropolitani dei primi lavori e si diverte invece a suonare in maniera rilassata e godibile. Dall'intero album traspare innanzi tutto che lui stesso è il primo a godere e a divertirsi della propria arte. Pur essendo sempre fortemente presente in ogni brano, non eclissa mai gli altri musicisti, anzi regala spazi solistici e sonori con generosità. I temi spaziano dal R&B al funk senza disdegnare numerose incursioni in metriche dispari o asimmetriche, ma l'equilibrio e la fluidità permeano l'intero lavoro. Anche le sonorità sono fluide, accattivanti. Con questa formazione rinnovata Baggiani raggiunge un equilibrio ed una sensualità mai avute prima. L'energia ovviamente non manca, ma si ha la netta impressione che sia tenuta sotto controllo con assoluta maestria. Come solista non cerca quasi mai il facile virtuosimo, mentre crea in più occasioni momenti di puro lirismo. Seduce piuttosto che stupire. Non rinuncia ovviamente ad una buona dose di humour sarcastico sia nel dosaggio degli interventi che nella scelta dei titoli.
Ascoltando questo ultimo
lavoro di Franco Baggiani
& Urbanfunk la cosa che salta di più all'orecchio è la direzione di ricerca verso la quale si stanno orientando il leader e il suo gruppo. Passati già con ottimi risultati attraverso il terreno più commerciale dell'Acid Jazz e poi del jazz-funk davisiano con questo lavoro approdano ad una formula che solo apparentemente riconduce a Steve Coleman e al cosiddetto
M-Base, filtrando quelle idee attraverso un'ottica culturale e una sensibilità più europea e anche più aperta alla contaminazione e alla trasversalità dei generi.
La maggior parte dei brani, sia quelli del leader che del sassofonista Andrea Coppini, sono concepiti come strutture chiuse, cioè più sezioni diverse, in genere due o tre, di lunghezza variabile ma spesso determinata solo dalla durata dei soli, che si succedono più volte durante l'esecuzione dei brani secondo uno schema fisso, tipo ABC, ABC ecc.
Ciascuna sezione è concepita come un meccanismo ad orologeria, spesso in tempo dispari, in cui ogni strumento segue una parte ben precisa e congegnata in contrappunto con le altre. Talvolta tale congegno fa venire in mente il recupero del contrappunto dell'avanguardia europea del
'900 o certe forme di minimalismo ad essa legate; il tutto però è espresso in un linguaggio musicale fortemente intriso di jazz, di funk e di tutti quei territori limitrofi che queste musiche hanno coltivato nel secolo appena passato.
Non è fuor di luogo affermare che questa musica mantiene intatta un'idea di groove e di rotolamento ritmico che ha sempre contraddistinto i lavori precedenti del gruppo.
Le varie sezioni mantengono l'unità ritmica, cioè il beat, ma ovviamente non quella metrica passando disinvoltamente da tempi in 7 a tempi in 5, 4 o 6. Alcune di queste somigliano più a ponti, sezioni di passaggio, mentre su altre si distendono i solisti supportati da una ritmica potente che da congegno contrappuntistico approda spesso ad un moderno interplay in perfetta sintonia.
Non mancano brani dalla struttura più semplice e distesa, ad esempio alcuni firmati da Baggiani, in cui però si riscontra una spiccata originalità nella conduzione melodica e ritmica, capace di creare una sorta di lirismo stralunato, senza mai cadere in alcuna banalità di genere.
Sotto l'aspetto esecutivo sono sicuramente da menzionare la solidità e potenza del drumming di
Alberto Rosadini, sempre sciolto e rilassato su qualsiasi tempo e incastro ritmico, la precisione e il sostegno del basso di
Marco Cattarossi dalle indubbie doti tecniche, e le qualità creative nell'arrangiamento della chitarra di
Giovanni Cifariello che si distingue anche come solista.
Di grande interesse è anche il linguaggio solistico dei due fiati perfettamente coerente con le composizioni e con la loro effettiva modernità che spesso riesce a creare un ulteriore voce in contrappunto senza ridurre la ritmica al ruolo di accompagnatrice. In questo senso, a livello di improvvisazione gli antecedenti storici sono tutti quelli del contrappunto improvvisato, dal new Orleans al free jazz.
A coronare un disco veramente interessante gli interventi solistici di
Stefano "Cocco" Cantini, un sax a livello europeo che si esprime da par suo impreziosendo ulteriormente l'album.
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Data pubblicazione: 17/04/2003
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