Interessante operazione
quella effettuata da Jacky Terrasson con il suo lavoro "A
Paris...": un concept
album per rendere omaggio alla città che lo ha visto crescere musicalmente (è
qui che all'età di cinque anni ha iniziato a suonare il pianoforte).
Ma soprattutto un ritorno alle proprie origini. Dopo anni spesi alla
scuola jazz di Boston, e, successivamente, impegnato in live-sessions nei più
prestigiosi jazz club di Chicago e New York ed, infine, dopo cinque dischi che
gli hanno fornito un discreto successo internazionale, ecco riaffiorare
l'esigenza di riavvicinarsi alla cultura ed alla sensibilità musicale francese
e, più in generale, europea.
L'album è interamente registrato in Francia, interamente prodotto dallo
stesso Terrasson e da Christophe Deghelt e tutte le tracce, eccetto "I
love Paris in the Springtime"
di Cole Porter (unico autore americano), sono personalissime interpretazioni di
classici francesi come, ad esempio, "Ne
Me Quitte Pas", "La
Vie En Rose" e "La
Marseillaise", inno
nazionale della Francia. Vi sono, infine, anche due tracce, "I
Love You More" e "Métro",
accreditate allo stesso Terrasson.
Infine, ma non in ordine di importanza, i musicisti impegnati sono per la
maggior parte europei e fa anche ritorno, dopo la pausa dell'album "What It
Is", il batterista Leon Parker che compare nelle tracce "Plaisir
d'amour", "I
love Paris in the Springtime",
"Ne me quitte pas"
e "Métro".
Da sottolineare, inoltre, la presenza di Stefano Di Battista che suona
egregiamente il sax tenore nella traccia "Jeux
interdite" ed il sax
soprano nella traccia "L'Aigle
Noir", una delle due
accreditate a Terrasson.
"A Paris..."
sembra quasi un'operazione di marketing: un disco di un pianista abbastanza
affermato negli States che presenta canzoni che difficilmente un pubblico non
francese ha mai ascoltato, il tutto accompagnato da un insieme di musicisti
europei a cui tenta di dare maggiore visibilità.
A livello prettamente musicale Terrasson sfrutta la formula della canzone
(tracce di breve/media durata) e ritorna ad un suono più acustico come quello a
cui ci aveva abituato negli album precedenti a "What It Is", quelli
realizzati all'interno della struttura trio per intenderci. I toni delle sue
interpretazioni vanno dal bluesy di "Plaisir
d'Amour" al funky di "Rue
des Lombards" e di "Métro",
dall'irruenza e tensione di "Jeux
Interdite" ai toni
pacati e rilassati di "La
Marseillaise" per
finire ad un'interpretazione latina molto accattivante de "La
Vie en Rose".
Un album che, sebbene non al livello di "Reach", vale la pena di
ascoltare.
Alessandro Marongiu
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Data pubblicazione: 08/01/2003
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