Alcuni dati oggettivi emergono immediatamente e
con chiarezza, e cioè che Comoglio sia un architetto e che abbia un background
musicale vissuto nel teatro. Trascorsi che vedono il pianista e compositore di Torino
realizzare le musiche per cortometraggi (Password, del regista Pasquale Ruju),
musical (La rete di Ulisse), spettacoli teatrali (Se c'è solo l'amore,
con Duilio Del Prete, su musiche di Jaques Brel dal Nostro arrangiate ed eseguite
in presa diretta), balletto contemporaneo (Anime di legno, lavoro che precede
Acqueforti). Senza dimenticare l'avventura prog-rock con i Syndone, ovviamente.
Da buon architetto riesce a plasmare le strutture musicali contemporanee con gli
stilemi classici – dei quali mantiene salda l'innervatura - spruzzandoli di swing
e torniture rock, creando una nuova materia, di fresco aspetto.
Il compositore torinese è qui affiancato (ed anche semplice "artifex"
delle musiche) dal soprano Chiara Taigi, artista dal corposo palmarès,
qui brillante interprete di Maria alla Croce, tratto da Mistero Buffo di
Dario Fo; dal Trio di Torino e dall'Orchestra Filarmonica di Torino
diretta da Luciano Condina e con l'ottimo cellista Umberto Clerici
solista (anche componente del suddetto Trio di Torino).
Sei composizioni, tutte originali ed a firma di Comoglio che attraversano
la musica eurocolta in un dialogo sempre di confine e con cenni di sintesi alla
musica filmica (La Roue de Fortune, swingante nell'"agitato" introduttivo,
ed anche nel terzo movimento della bella purezza di Cedrus Libani, compresa
la citazione finale di Moon River). La capacità di scrittura di Comoglio
è indiscutibile, con rara equità distributiva di modi maggiori e minori. Svicola
dai facili richiami al tardoromantico e, dall'altra, alla Swing Era.
E' affascinata dai sapori della tradizione italica ed anche della canzone
americana, senza scadere nell'ovvietà. I 14 minuti di Maria alla Croce ne
sono un candido esempio: i rapidi cambi di tempo, i ritmi spezzati, gli afrori rock
ed i turbamenti sentimental/classici sono un unisono.
Un bel lavoro che indica – ove ve ne fosse stato il bisogno – quanto sia
"unica" la Musica.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 07/02/2010
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