Vincenzo Martorella
Il blues
Torino: Einaudi, 2009
ISBN 978-88-06-19981-4: € 20,00
Viene subito il desiderio di leggerlo. Perché a decretare la fortuna di
un testo, a volte, può essere di aiuto anche il paratesto, quella soglia, di cui
ha trattato Genette, che avvolge e affianca il testo vero e proprio, nel manufatto
a stampa che chiamiamo libro. E in questo nuovo libro di Vincenzo Martorella
– già autore di altre monografie e di numerosi saggi e articoli di argomento
musicale, critico e storico della musica, direttore di periodici e festival jazz
– la copertina in cartoncino plasticato opaco di colore nero, impaginata con raro
senso di equilibrio grafico, reca in alto una foto in bianco e nero di grande efficacia,
che raffigura due giovani bluesman seduti probabilmente davanti a un bar, imbracciando
i loro strumenti, una fisarmonica e un washboard. Quello di sinistra, gilet,
occhiali, baffetti, sigaro, aria da intellettuale di provincia e da tombeur de
femmes, con il cappello leggermente calato su un lato, è affiancato da un bimbetto
bianco, tagliato dall'inquadratura, sorta di muto testimone, timido contrappunto
visivo. Il musicista di destra ha un'aria più da contadino, con il cappello leggermente
all'indietro che gli lascia scoperta la fronte, e al suo fianco l'immagine è bilanciata
da una scritta pubblicitaria che il caso non poteva immaginare migliore: "They Satisfy".
Dietro i due si intravvedono gli avventori del locale. Sembra niente, ma è una delle
copertine più efficaci che si possano immaginare, per raccontare una certa idea
del blues.
Quindicesimo volume di una sottocollana intitolata
"Mappe", che ha il dichiarato intento di fornire degli approcci di base agli argomenti,
individuando tracce e percorsi per orientare il lettore, il testo di Martorella
chiarisce, già dalla premessa, i motivi per cui è stato redatto: fornire ai lettori
italiani una chiave di lettura del fenomeno, vista la quasi totale assenza di traduzioni
della vastissima bibliografia sul blues. Mancava in effetti in Italia un quadro
generale che sintetizzasse i frutti delle ricerche degli storici ed etnomusicologi
degli ultimi decenni. Per delinearlo, l'autore organizza il testo in tre spazi distinti
ma comunicanti: un'analisi delle origini del blues; le figure, le forme e i modelli;
le biografie di alcuni dei protagonisti.
Nell'introduzione e nella postfazione, intitolata "La dodicesima stanza",
l'autore si sofferma sul concetto di blues, prendendo atto della impossibilità di
far luce sulla sua genesi, per assenza di documentazione. E tuttavia, nella prima
parte del libro, se ne rintracciano le matrici africane grazie ai contributi di
Gerhard Kubik e di Michael Coolen, e si indaga sulla produzione musicale degli schiavi
africani nell'America del Nord (worksong, spiritual, negro song);
si analizzano i fenomeni del minstrel show e del vaudeville e il loro
ruolo nella diffusione del blues; si raccontano il Delta del Mississippi e la Crescent
City.
La seconda parte analizza la forma del blues, il giro armonico tipico,
la struttura dei versi, le scale utilizzate, le varianti, l'utilizzo dei commenti
strumentali; si sofferma sui contenuti, sugli argomenti cantati dai bluesmen, in
particolare sul tema amoroso, sulle formule utilizzate per comporre o improvvisare
le strofe, sulla sua natura profondamente poetica cui si sono ispirati grandi scrittori
afroamericani come Langston Hughes e Sterling Brown; descrive gli effetti della
comparsa del disco e dell'affermarsi dell'industria discografica; delinea il ruolo
dei talent scout, dei ricercatori, degli etnomusicologi, degli studiosi di folclore,
degli appassionati e dei collezionisti di dischi nella riscoperta del blues rurale
e nella definizione di un canone blues; dà cenni biografici e critici sulle cantanti:
Black Alfalfa, Mamie Desdunes, Ma Rainey, Mamie Smith, Victoria Spivey, Ida Cox,
Sara Martin, Alberta Hunter, Clara Smith, Ethel Waters, Lucille Hegamin, Trixie
Smith, Berta "Chippie" Hill, Sippie Wallace; passa in rassegna gli strumenti principali
e i relativi strumentisti: chitarra, pianoforte, violino, jug, spoons, washboard,
kazoo, armonica, fisarmonica, banjo; esamina il rapporto tra il blues e le altre
musiche nere, sacre e profane, spiritual, ragtime, boogie, jazz.
L'ultima si sofferma su alcuni dei nomi che meritano uno spazio a sé:
Bessie Smith, Son House, Charlie Patton, Tommy Johnson, Skip James, Blind Lemon
Jefferson, i musicisti di Memphis e di Piedmont, e quelli di Chicago come Tampa
Red e Georgia Tom, e infine Robert Johnson.
Tutto scritto con un linguaggio piano, chiaro, senza note a pie' di pagina
salvo che per le traduzioni, ma allo stesso tempo attento, preciso, dettagliato,
che denota una passione per l'argomento trattato poco frequente in ambito accademico.
Un testo dunque fondamentale per un primo approccio al blues, che potrebbe anche
stimolare i nostri editori a commissionare la traduzione dei principali studi stranieri
recenti sull'argomento.
Vincenzo Fugaldi per Jazzitalia
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COMMENTI | Inserito il 3/2/2010 alle 19.52.38 da "giobellini" Commento: semplicemente gran libro, è vero in Italia testi che riguardano il Blues son rari ed in questo libro Martorella con spiccato senso della scrittura ci racconta il genere musicale in maniera dettagliata e giusta. da libraio e amante della musica credo che questo libro sia da consigliare a tutti, una garanzia sia l'editore e sia lo scrittore. | |
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Data pubblicazione: 25/01/2010
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