Nico Stufano, Pippo Matino e Mimmo Campanale (Bari, Il Pentagramma, 24 novembre 2000)
Francesco Genco
|
Carissimi amici di Jazzitalia,
questa volta ho il piacere di offrirvi - e spero voi un po' di pazienza di leggermi - un reportage sul seminario tenutosi presso la scuola "Centro
Musica Il Pentagramma" di Bari (diretta da Guido Di Leone
) che ha avuto
come protagonista un trio composto da Nico Stufano (chitarra), Pippo Matino
(basso) e
Mimmo Campanale
(batteria) con una particolare impostazione dominante
da parte del bravissimo leader Nico quale principale interlocutore.
Ricordiamo
brevemente che Nico Stufano ha partecipato, tra le altre, all'incisione di tre
dischi con i gruppi Jazzerie, e come solista ha all'attivo il CD Trace of
Jazz (Gala Records) con a fianco sempre il fedelissimo Mimmo Campanale.
Il pubblico era formato prevalentemente da chitarristi tranne un bassista e due
batteristi: in tutto 20 persone.
Sia Pippo Matino al basso che Mimmo Campanale alla batteria (due
musicisti che hanno accompagnato e accompagnano jazzisti di fama
nazionale e internazionale) avrebbero forse meritato la presenza in sala di più
affezionati dei rispettivi strumenti ma, come si vedrà in seguito, sono stati
comunque molto utili anche alla platea dei chitarristi.
Lo stage è iniziato alle
16,00
per terminare alle
18,30
e la breve durata,
bisogna premettere, è stata la forza e nello stesso tempo il "limite", diciamo
così, del seminario. Infatti da un lato hanno prevalso sia dimostrazioni
pratiche di alcuni brani originali tratti da
"Trace
Of Jazz" di Nico Stufano, eseguiti dal trio in un mini-concerto didattico,
sia continui esempi sulla sola chitarra di alcuni elementi che Nico adotta
abitualmente nell'approccio alla composizione, all'arrangiamento e
all'improvvisazione. E' stato interessante, nella piccola ed attrezzata
sala-concerto, assistere da subito al breve sound-check in diretta dopo
l'"uscita" degli strumenti (bel modello di basso Godin per Pippo,
chitarra Carvin customizzata personalmente per Nico - quasi un lavoro completo
di liuteria - complimenti!). La presentazione del trio è stata poi accompagnata
da un sentito applauso. Dall'altro lato, però, non è stata, a mio avviso, ben
concertata la seconda fase prevista dallo stage, quella "interattiva",
nella quale si sarebbe potuto predisporre un più ordinato e completo
avvicendamento sul palco dei presenti. Ma andiamo con ordine.
La parte teorica ha avuto come oggetto le diverse fasi compositive di alcuni
brani tratti principalmente da Trace Of Jazz; il brano più sfruttato è stato Il Piccolo Klaus
.
In tale contesto è intervenuto
anche Mimmo Campanale, tra l'altro batterista sul disco citato, il quale,
interagendo con Nico, ha esposto varie modalità di esecuzione ritmica. E'
sicuramente risultata utile, specie alla maggior parte dei giovani chitarristi
presenti, veder delineata la dialettica tra solista e base ritmica. Nico e Mimmo
infatti, supportati da un poco loquace ma incisivo Pippo Matino, hanno mostrato
sui rispettivi strumenti il modo in cui sono nate le prime sequenze
ritmico-armoniche del brano e, in una sorta di arrangiamento contestuale, lo
hanno risuonato come se fosse quello della prima volta.
Partendo quindi da un "quattro" molto semplice e, a detta di Mimmo
stesso, praticamente infantile, contando ad alta voce i quattro movimenti ci
faceva notare come in realtà il ritmo eseguito sullo strumento poteva diventare
sempre più complesso, grazie ad anticipi, ritardi, cambi di accenti, pur
rimanendo sempre saldamente ancorato al quattro iniziale. E' stato molto utile
ed esplicativo notare come si poteva anche eseguire qualche battuta in
"tre" poi compensata da una in "cinque" ottenendo così un
bel cambio ritmico. L'importante è che tutti gli elementi del gruppo abbiamo
nella testa lo stesso "quattro", in questo modo chiunque può fornire
nuovi spunti ritmici senza che gli altri corrano il rischio di perdersi. E'
stato anche sottolineato però, che un buon interplay si basa anche su fattori
extra-musicali, quali il rapporto di intesa amichevole e la continua ricerca di
canali comunicativi interpersonali; il tutto ulteriormente supportato da solide
basi di preparazione.
In questa occasione è stato possibile apprezzare anche i preziosi spunti del
basso di Pippo Matino che conferiva allo strumento, grazie a diteggiature ad
accordi, un tocco di classe e, con l'ausilio della pedaliera, un ruolo
tastieristico molto interessante.
In ambito squisitamente chitarristico, Nico si fa apprezzare per il suo
formidabile bagaglio tecnico,
cosa che, unitamente alla presenza sulla scena jazz-fusion da ormai più di 15
anni, lo porterebbero tranquillamente a reggere il confronto con altri
chitarristi più blasonati. Egli inoltre svolge ormai da vari anni un'attività di
collaboratore della rivista
AXE , una delle principali
riviste di chitarra sul mercato.
Dal lato tecnico Stufano ha fatto sfoggio di pentatoniche in tutte le salse ma
non a scopo ostentativo bensì in quanto tali scale, in tutte le varie
combinazioni e slittamenti su diversi centri tonali, sembrano proprio essere
diventate una specie di sua seconda natura!!
Quello che sconcerta è poi la velocità di esecuzione di tali note che, in
maniera compositiva, creano delle sequenze melodiche già complete. La qualcosa
gli va sicuramente riconosciuta come una sua peculiarità e, aggiungiamo noi,
dovette riconoscerlo anche un certo Mike Stern quando in un club di
Bari, diversi anni fa, non si trattenne dal prenderlo quasi in braccio, in
tripudio, dopo che Nico, da spalla, si era esibito prima del concerto
dell'americano.
Fatte queste considerazioni mi si è confermato il dubbio, venutomi dopo un'ora
dall'inizio dello stage, che non ci sarebbe stato il tempo, né probabilmente
l'intenzione (absit iniuria verbis) di descrivere un po' la storia del
chitarrismo di Nico, i percorsi seguiti, i chitarristi, i musicisti, gli stili a
cui si è riferito nella sua crescita. Ma questa era una mia particolare
curiosità che non è detto che doveva essere esaudita. In una domanda finale
sul valore che la tradizione ha nel loro essere musicisti oggi, Mimmo Campanale
ha citato batteristi come Kenny Clarke e Jack DeJohnette mentre
Nico ha detto di
aver studiato e assimilato la tradizione ma di essere rimasto folgorato da Alan
Holdsworth e di cercare oggi, sia nella composizione che nella tecnica sullo
strumento, un approccio innovativo con soluzioni che non siano in qualche modo
già state adottate.
Come gusti musicali, preferisce la musica sinfonica.
La seconda parte, come già accennato, è stata, a mio avviso, più carente
rispetto alla prima poiché è stato proposto ad alcuni ragazzi di esibirsi
senza un filo conduttore particolare. Alcuni si sono "avventurati" sul
palco, con un lecito "panico", per esibirsi in alcuni riff e passaggi
ritmici prevalentemente blues e funky del tutto casuali. Nico li invitava,
escludendosi dal palco, a provare a suonare qualsiasi cosa più che altro per
sfruttare la presenza di una base ritmica del calibro di Matino-Campanale.
Nonostante i buoni propositi, però, le esibizioni non le posso ritenere molto
interessanti dal punto di vista didattico poiché non ho rilevato degli
interventi correttivi, analitici, nei confronti dell'allievo di turno. Ciò
sarebbe stato molto interessante sia per chi si è esibito che per chi ha
ascoltato. Infatti in un solo caso Nico ha ritenuto opportuno redarguire uno dei
chitarristi cercando di fargli suonare meno note appoggiando la mano sul manico
in modo da ottenere delle pause "forzate" che, oltre a dare maggior
respiro al solo, aiutavano l'allievo a pensare delle frasi più compiute.
Sono sicuro, conoscendolo, che Nico avrebbe avuto dei consigli preziosi
da
trasmettere a tutti ma oramai il senso dell'esibizione aveva prevaricato quello
dello spirito didattico. A tal proposito un piccolo aneddoto.
Uno dei ragazzi
che si è esibito, un attimo prima di salire sul palco era indeciso se
utilizzare la sua Godin fiammante con corde nuove, quindi ritenute insicure, o
la Carvin del maestro e, rivolgendomi lo sguardo tra il serio e il faceto mi ha
comunicato la sua tensione con un'espressione simpaticamente colorita :-))
Mi ha fatto un po' di tenerezza ma mi ha fatto anche sorridere e ho
apprezzato la sua genuinità. Salito poi sul palco ha eseguito
"All Blues" e l'emozione effettivamente si è vista. Mi è un po'
dispiaciuto che non sia stata colta l'occasione per spiegargli magari come
avrebbe potuto essere suonato questo standard in modo da avere più sicurezza in una
prossima evenienza.
E
così, tra un'esibizione e l'altra, sono giunte le 18,30
e il seminario si è
concluso tra i saluti e le strette di mano. Rimane la bella sensazione di aver
interagito con questi tre bravissimi musicisti che hanno comunque cercato, nel
poco tempo disponibile, di trasmettere un po' delle loro esperienze. In
conclusione desidero ringraziare Guido Di Leone e la scuola
Il Pentagramma per aver offerto l'accogliente struttura. Un caro
arrivederci.
Invia un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 7.552 volte
Data pubblicazione: 16/12/2000
|
|