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Sergio Cammariere a Parigi
Parigi - New Morning - 17 giugno 2003
di Chiara Savettieri

Il fuoco dell'arte: l'emozionante debutto parigino di Sergio Cammariere

Martedì 17 giugno, ore 20:30. Situato nel cuore di un quartiere popolare di Parigi, il New Morning, locale "très réputé", vanta un programma di concerti di musica jazz di alto livello. Stasera si va popolando di un pubblico italo-francese. Atmosfera rilassata, sottofondo musicale di Nina Simone, bicchieri di vino bianco. Poi le luci si spengono e si riaccendono, ed ecco entrare sul palcoscenico il contrabassista Luca Bulgarelli, il batterista Amedeo Ariano, e lui, fiammante con un completo rosso, Sergio Cammariere. Dopo il grande successo italiano, è il suo debutto in terra francese. Esordisce con un allegro ed un po' ironico "Bon-soir", e subito si mette a suonare: da quel pianoforte non si staccherà più per altre due ore.

Comincia elegantemente con il Keith Jarrett di "
My songs", dichiarando così la propria anima jazz. Poi attacca con le sue canzoni… il focoso ritmo dal sapore sudamericano di "Sorella mia" conquista il pubblico. Da ora in poi nessuno potrà fermarlo, suona e canta con un'energia inesauribile: sembra avere rubato al sole il suo calore e al mare il suo inarrestabile movimento. Re-interpreta le canzoni, gli arrangiamenti, improvvisa, suona Chopin. Si agita sulla sedia, muove quelle mani con una scioltezza incredibile, suona all'in piedi, balla. C'è qualcosa di beethoveniano in questa sublime foga. I musicisti, bravissimi, lo seguono. Trasmette la sua magica energia al pubblico che, sulle prime forse un po' sconvolto da tanta vitalità, gliela restituisce col suo entusiasmo e partecipazione.

L'atmosfera s'elettrizza; entra Fabrizio Bosso che con la sua tromba infonde un soffio di sensualità.

Il cantante è completamente a suo agio, gli spettatori hanno l'impressione di trovarsi ad una festa tra pochi intimi, dove il padrone fa gli onori di casa. Tutti se ne accorgono: quel cantante italiano con i baffi e dai capelli riccioluti si sta divertendo un mondo a suonare e cantare, non ne può proprio fare a meno di cantare e suonare… è una "necessità interiore" come diceva Kandinskij a proposito dell'impulso artistico.

Il tempo scorre e cresce la sensazione di assistere non ad un concerto, ma quasi alla storia dell'artista; una storia fatti di incontri: Chopin, Beethoven, il Jazz, il Sudamerica, il Blues… Tutto fuso in una verve esecutiva che è anche genialmente creativa: si ha l'impressione che Cammariere si sia nutrito così profondamente di quella musica che essa è diventata sangue del suo sangue, trasformandosi in qualcosa di originale, che appartiene solo a lui. I suoi punti di riferimento si riconoscono e nello stesso tempo appaiono "geneticamente" modificati, perché Cammariere ha dato loro una nuova vita, la sua vita.

Scriveva Pirandello in "Questa sera si recita a soggetto" (1930): "Se un'opera d'arte sopravvive è solo perché noi possiamo ancora rimuoverla dalla fissità della sua forma; sciogliere questa forma dentro di noi in movimento vitale; e la vita gliela diamo allora noi; di tempo in tempo diversa, e varia dall'uno all'altro di noi; tante vite, non una". Cammariere ha sciolto in "movimento vitale" interi pezzi della tradizione musicale passata e recente, li ha fecondati con la sua anima latina, mediterranea, li ha vivificati. Ha sciolto in "movimento vitale" anche le sue stesse canzoni perché, nel suonarle e nel cantarle, in ogni concerto le mette in gioco, le espone al caso, all'improvvisazione, al cambiamento. Le canzoni scorrono, la musica scorre, perché è la vita che scorre: nella musica di Cammariere è la vita stessa che pulsa, col suo battito lento o veloce come l'andamento del mare ora dolce e malinconico, ora agitato. In ogni suo concerto ogni canzone è così una "nuova" canzone. E' lo spirito del Jazz. Vita e musica sono diventati una cosa sola. Certo, in generale in musica ogni esecuzione è interpretazione e dunque in un certo senso creazione, ma questo aspetto è estremamente sviluppato in Cammariere. Non ci si stanca di andare ai suoi concerti, perché riservano sempre tante sorprese. E ne vale sempre la pena.

Paris, New Morning 23:30. Non vuole staccarsi da quel piano; ma lo deve fare, perché i brani da eseguire secondo la scaletta sono conclusi; saluta il pubblico in delirio, ma, come colto da un'illuminazione, esclama: "Aspettate!… il goal"; quindi si avventa di nuovo sul pianoforte e suona e canta il "Paese di goal" con una freschezza, un humour, uno slancio, che ci si chiede dove tragga le forze dopo due ore di spettacolo incalzante. Termina la canzone, sembra pronto a dare la buonanotte, quando qualcuno gli ricorda che non ha cantato "Tutto quello che un uomo": un simpatico sorriso, un sì. E' l'ultima canzone. A malincuore, dopo gli applausi, il pubblico si alza: rimarrebbe volentieri ad ascoltarlo; anche lui, se non fosse per la stanchezza, resterebbe ancora un poco a suonare e cantare.

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Data pubblicazione: 04/07/2003





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