Con l'atteggiamento tipico del pianista di musica classica, Vassilis
Tsabropoulos si presenta al pubblico del Teatro Studio dell'Auditorium di Roma.
E, in effetti, il greco Tsabropoulos, per formazione e tecnica, è un pianista
classico, che, tuttavia, cerca di contaminare la sua tradizione musicale con quella
jazzistica. Una tale operazione ha certamente il precedente di Jarrett –
che compie però il percorso inverso – e il confronto con il pianista americano non
si può ridurre soltanto a quest'aspetto: infatti, è proprio l'etichetta di Jarrett,
la ECM, ad aver proposto Tsabropoulos all'attenzione del grande pubblico,
anche se il pubblico italiano in particolare aveva già una certa familiarità con
i suoi piano solo (ricordiamo Live in Cremona del
2002 per l'etichetta Eau de Musique). Tuttavia, piuttosto che l'effettiva
contaminazione tra pianismo classico e jazzistico – nel concerto di stasera, infatti,
si è avuta più che altro una loro alternanza –, della proposta musicale di Tsabropoulos
si lascia apprezzare soprattutto la ricerca di un ponte musicale tra la tradizione
occidentale e quella orientale, di cui è espressione Akroasis (ECM,
2003), dove Tsabropoulos arrangia per
piano solo antichi inni bizantini. E proprio le atmosfere, il pathos trattenuto
di Akroasis hanno caratterizzato il concerto di stasera. Ma non solo. A fare
da cornice allo struggente lirismo dei brani di Akroasis, che, per timbro
e armonie, producono un effetto straniante alle orecchie dell'ascoltatore educato
al jazz, Tsabropoulos ha proposto qualche standard jazzistico e qualche brano
intriso di romanticismo, a tratti un po' stucchevole, vicino alle atmosfere di un
Michael Nyman per intenderci. Come è facile intuire, non è certo lo swing
a caratterizzare il pianismo di Tsabropoulos, ma la sua maestria consiste
nel distendere gli spazi, facendo riecheggiare nelle nostre orecchie indurite le
antiche armonie di canti dimenticati, sommersi nel fragore della storia.