Enrico
Grieco
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trecentosessantagradi
"Durante la vita accadono le cose più varie. Fra l'altro, casualmente o forse no, si incontrano tante
persone. Quelle che si sfiorano in autobus, quelle con cui si divide qualche ora in treno, quelle che si incrociano per la strada... Le foto che sono in queste pagine, sono di persone incontrate per i più vari motivi, l'unica differenza con le altre è che queste persone sono state fotografate. Alcune sono importanti per quello che fanno nella vita, altre un po' meno, ma il denominatore comune è uno solo: sono state fotografate da me. L'avermi conosciuto, incontrato, è il nesso comune. Come il nostro corpo non respira solamente, ma suda, mangia ecc., così l'artista non si limita ad un solo specifico ma fa anche altre cose, le ho chiamate ricerca. Trecentosessantagradi di persone, di ricerca, di sensazioni. Grazie per avermi incontrato, grazie per esservi fatti fotografare da me, grazie per essere venuti a conoscermi anche se solo
virtualmente"
enrico
testimonianze
"Fermare l’attimo" è l’Arte di Enrico Grieco. Non un attimo qualsiasi, ma quel momento, quella frazione di secondo che l’occhio non riesce a cogliere, in cui la massima espressione di tensione, o di gioia o di emozione viene a "stamparsi" su di un viso. Guardare le sue fotografie mi ha fatto pensare che è l’evidenza, a volte, quella che rischia di passare inosservata.
Come un musicista che prova sensazioni e le ferma nelle note della musica, riuscendo così a comunicarle all’esterno di sé, Enrico riesce a fermare, con grande professionalità, ciò che più l’ha colpito; non ha importanza se esprime gioia o tristezza, grinta o abulia, l’importanza è data dall’intensità del momento vissuto. Ed è questa capacità che fa di Enrico Grieco un vero Artista.
Enzo Gragnaniello
La luce di Enrico Grieco è colore, è forma, è vibrazione. E le sue continue modificazioni segnano l’immagine, la determinano, la connotano. Fotografare è scrivere con la luce, inventarsi attimo per attimo una luminosa poesia visiva.
L’immagine quando viene proiettata non ha spessore, non deve averlo; deve scivolare tra le pietre aggettanti di un’architettura e tra le pieghe di un corpo umano.
Cambiando il supporto l’immagine si stravolge, prende spessori e profondità, quella luce si insinua nei recessi del visibile.
Enrico Grieco conosce le potenzialità illimitate di un’immagine chiamata a dialogare su una superficie cribrosa o dalle morbide forme.
Tutto diviene irreale, l’astrazione ancor più lirica, nuove forme e nuovi segni nascono dall’incontro tra eterea immagine e vivo supporto.
Ma la ricerca di Enrico Grieco non è solo proiezione dell’immagine. E’ anche un lavoro sulla riconoscibilità, sull’identità della fotografia. Lo scatto può testimoniare una scultura uno spettacolo teatrale, ma deve essere soprattutto un contributo all’ideazione. Non può essere confinata al ruolo di documento di una semantica plastica o confinata al ruolo di documento di una semantica plastica o drammaturgica. La fotografia è un linguaggio che ben dialoga con gli altri specifici, ma ha una forte autonomia. Non è metalinguaggio, perché la foto non deve necessariamente far seguito all’accadimento, può anticipare la realtà, può anticipare il capolavoro, può precedere la storia.
Simona Barucco
Raramente, essendone stata piuttosto rimarcata la storica affinità-rivalità con la pittura, raramente, perciò, si avverte la simpatia profonda della fotografia per la scultura. Queste opere di Enrico Grieco, costruendo l’immagine attraverso scabre sventagliate di luce e inesplorabili luoghi d’ombra, catapultando tutta l’attenzione sul corpo umano, sembrano
ritessere -in un altro tempo e a rinnovate condizioni- il plurimillenario tessuto semantico della scultura come corpo concreto ed esperibile nel tempo del movimento. Non sorprende, quindi, che egli sia anche un performer, tanta è la richiesta viva e concentrata presenza di tali foto.
L’indistratta antropomorfia e la polarità tra luce e ombra (caratteri "classici" della scultura, ancor prima che nella fotografia, com’è stato ben colto da Mapplethorpe) gelano queste immagini di corpi e volti riarsi dalla vita e confinanti con una notte-ombra profonda come l’eternità e il nulla.
Si tratta evidentemente di uno spazio fortemente evocativo, si vorrebbe dire persino esistenziale se il termine non rischiasse una colpevole genericità, ma Grieco spreme dai corpi che ritrae (spesso musicisti in piena tensione performativa) tutta la loro carica vitale temporaneamente concentrata nella frazione
"esistenziale" dello scatto.
Nell’idea "fissa" che sottende il progetto multimediale, Grieco utilizza un corpo femminile come campo astratto della dismisura, nel senso che su di esso sono proiettate caleidoscopiche cascate di luce, striature oltreumane che sembrano proiettarlo in una dimensione smaterializzata , che non è difficile mettere in relazione alle nuove frontiere della realtà virtuale. Ma seppur condotto ai limiti della trincea del conoscibile, resta "corpo" in tutta la sua superba immanenza e nelle variate dimensioni del suo paradossale erotismo. In tal luogo, l’inconoscibile che lo invade non scioglie, ma anzi carica la sua irriducibile natura di corpo, enfatizzando la memoria umanistica che sa ancora contenere.
Ora le tecnica fotografica alberga a pieno titolo nell’imperimetrabile territorio dell’arte, medium tra altri media, con pari rischi ed eguali opportunità. E’ probabilmente in forza di tale consapevolezza che un artista come Grieco è in grado di condurla ben oltre ogni carattere di testimonianza e di memoria. Essendo la vitalistica presenza dell’uomo, hic et nunc, il principale motivo del fascino di queste opere e del loro significato.
Enrico Mascelloni