Musica jazz
febbraio 1989
di Gian Mario Maletto
Alexander
Splasc(h )H177
Quattro nuovi Leader per il jazz italiano
Quattro "prime volte" di giovani jazzisti italiani, che si
presentano come Leader davanti a una platea discografica non più soltanto
nazionale quale è quella della Splasc(h), l'etichetta che più sta facendo,
attraverso la produzione
dei musicisti stessi, per dare voce a ciascuno di loro. In ordine di catalogo,
ma anche, curiosamente, di organico (dal poco al tanto), ecco imbatterci
innanzitutto nel trio del pianista e tastierista milanese Massimo Colombo, che
già sapevamo elemento assai dotato per il suo lavoro con Attilio Zanchi,
incluso il recente disco "Cats". Negli otto suoi brani registrati
tra gennaio e febbraio '89 e inclusi in questo "Alexander" lo
sentiamo capeggiare con evidente autorità e con impegnative concezioni un
trio di solida compattezza, ottimamente completato da Marco Micheli al
contrabbasso e da Francesco Sotgiu alla batteria. Colombo è pianista elegante
e completo, e alcuni saggi di musica elettronica, pur se a volte un po'
pesanti, fanno pensare che egli debba essere tenuto d'occhio anche su questa
via.
L'informatore
giugno 1989
di Enzo Fresia
Alexander
Splasc(h) H177
Alexander è una "prima" nel senso che è il primo, notevole, album
del trio di Massimo Colombo, un musicista che invece, non è alla sua prima
esperienza discografica. Milanese, Colombo ha studiato organo dall'età di
nove anni, si è diplomato in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi di
Milano, ha avuto esperienza di musica da camera, ha studiato composizione e si
è anche interessato al jazz, approfondendone il linguaggio da autodidatta. Ha
collaborato con Attilio Zanchi e poi ha suonato con altri noti jazzisti come
Gianni Bedori, Tony Scott, Bruno De Filippi, Tino Tracanna ed ha inciso dischi
con Zanchi e Bedori. Con Massimo, Colombo, nel trio, troviamo il lucchese
Marco Micheli al contrabbasso. Diplomato al Conservatorio di Lucca, Micheli è
tra i più affermati bassisti in Italia ed ha suonato con musicisti di fama
internazionale come Chet Baker, Lee Konitz, Kenny Wheeler ed altri.Completa il
trio il cagliaritano Francesco Sotgiu, batterista, che ha già collaborato con
vari jazzisti italiani come Guido Manusardi, Paolo Fresu, Gaslini ed altri.
Con queste promesse Alexander non poteva non essere, come è, un album
riuscito: i temi sono tutti di Massimo Colombo, che dimostra una notevole
originalità e molta immaginazione, oltre che una apprezzabile padronanza
strumentale, sia al pianoforte (in brani come Il veleno di Lucrezia, Il primo
sogno di Camilla e Marcia di un cammello stanco), che alle tastiere (Adagio
con calma, Danza delle sfere), mentre gli altri due componenti hanno ampi
spazi solistici.il bassista Micheli in Lucrezia ed Alexander ad esempio,
mentre il batterista Sotgiu è sempre discretamente presente, fornendo una
componente ritmica di notevole essenzialità.Completano l'album, oltre ai
brani sopra citati, Andante a passo d'uomo e lo stranissimo concitato ed
elettronico Hop Frog finale. In totale, una bella esperienza, un disco
riuscito che pone le premesse per ulteriori ottime prestazioni da parte di
questi giovani musicisti (età media 26 anni).
La Nazione
giugno 1989
di Enzo Boddi
Alexander
Splasc(h) H177
Jazz ed elettronica
La ricerca di un equilibrio tra l'aggiornamento di elementi jazzistici
convenzionali e la definizione di una dimensione espressiva mutuata dal
proprio retroterra tradizionale caratterizza ormai da tempo gli sforzi
compiuti da molti jazzisti italiani della nuova generazione. Il pianista
Massimo Colombo, milanese ma ormai di casa da tempo a Firenze, per le sue
collaborazioni con il gruppo "Giochi proibiti" e la cantante Tiziana
Simona, sembra inoltre avere recepito l'esigenza di perseguire l'obbiettivo
anche con l'ausilio di nuove possibilità sonore.In possesso di una formazione
classica, nonchè di una solida padronanza del lessico jazzistico, ama
applicare a questa sua composita cifra stilistica le opzioni timbriche offerte
dai sintetizzatori. In Alexander, opera prima documentata dall'etichetta
Splasch, il pianista scandaglia le risorse di una formula collaudata e
rischosa quale quella del trio. E per questo si avvale appunto di un duplice
criterio operativo, accostando un sobrio uso dell'elettronica a soluzioni
acustiche, a cui è comunque riservato un congruo spazio. I sintetizzatori
sono quindi utilizzati con funzione polivalente. Per creare avvolgenti fasce
sonore e variegate coloriture timbriche, come in "Adagio con calma"
e "Andante a passo d'uomo" (intelligente l'ironia dei titoli), due
frammenti che riecheggiano il retaggio della musica colta. Oppure, per
integrare l'ottimo lavoro della ritmica (Marco Micheli al basso e Francesco
Sotgiu alla batteria), con accordi di sostegno alle brillanti evoluzioni
pianistiche o sonorità eteree tese ad instaurare un clima. Ma l'apporto più
decisivo scaturisce dall'impiego della tastiera elettronica in chiave
solistica, in alternativa al piano, e non in sua sostituzione.Esemplare in
questo senso risulta lo sviluppo di "Hop frog", con echi rarefatti
abbinati a sottili giochi ritmici su piatti e tamburi e alle sottolineature
del basso suonato con l'arco sui registri acuti. Questa introduzione
confluisce in una swingante fase ritmica, condotta su tempi sostenuti, sulla
quale si innestano i sinuosi fraseggi del sintetizzatore, privi di qualsiasi
effettismo. Timbro, modulazione e struttura riconducono alla mente la geniale
opera di sperimentazione di Josef Zawinul di cui Colombo sembra aver colto e
fatto propri insegnamenti ed intuizioni. l'uso funzionale dello strumento, la
determinazione di trasformarlo in veicolo di un linguaggio jazzistico, la
concezione ora orchestrale (negli insieme e nell' accompagnamento), ora "fiatistica"
(nel modo di elaborare le frasi e legare le note negli assoli), sono calati
efficaciemente in una raffinata poetica musicale. Questa si riflette anche in
uno stile pianistico ricercato ed elegante, scevro da orpelli, frutto di
un'abile sintesi sintattica. Su ambo i versanti, il trio opera con ammirevole
compattezza e senza ruoli prestabiliti, sulla scorta di analoghe esperienze
del passato più o meno recente. Il che è reso possibile da un delicato gioco
di alternanze ed equilibri collettivi, dalla versatilità di Sotgiu e dal
sostanzioso contributo di Micheli, in grado di proporsi come interlocutore
attivo anche sotto il profilo solistico.
Musica Jazz
Maggio 1993
di Gian Mario Maletto
Games
Modern Times 3011
L'impegno di "cercare" (e soprattutto cercare di non copiare modelli
più grandi) è uno degli aspetti positivi offerti dai musicisti italiani di
queste ultime generazioni. Merita dunque rilievo questo compact che non segue
certo radicate consuetudini né nella ricerca dell'organico né nella
concezione dei brani e che naturalmente si distingue anche con la peraltro
nota personalità degli esecutori. Cuore del disco è la Suite che apre e dà
il titolo al tutto: sette brani che Massimo Colombo aveva composto pensando a
un duo piano-sax,
e che proprio in tale forma erano stati eseguiti in pubblico. Soltanto in
vista della registrazione era balenata l'idea di inserire in quell'atmosfera
cameristica un percussionista, e la scelta non poteva cadere che su un
creatore di rumori-suoni come Naco Bonaccorso, bravo e del resto
affiatatissimo ( il trio potrebbe essere considerato un nucleo estratto dalla
più larga formazione che tre anni fà realizzo l'eccellente "292"
di Tracanna).Ogni Game parte da un'idea tematica, a volte semplice, a volte
viceversa complessa, che costruisce le sempre diverse situazioni su cui si può
liberamente levare l'ispirazione di questi squisiti improvvisatori, i cui
percorsi comunque si intrecciano, le cui voci ri rispondono pressochè di
continuo. Certo "Games" è un testo importante, ma non meno
attraenti sono i cinque brani che formano l'altra metà deldisco, fino a una
singolare, un po' rarefatta, suggestiva rilettura ellingtoniana. Anche qui
Massimo Colombo si conferma pianista completo, capace di dare spessore e
intensità alla musica. Dal canto suo Tracanna, che nella suite è
particolarmente delizioso al soprano, sorprende piacevolmente anche per gli
effetti che sa trarre dal tenore (in Antiphona addirittura estraendo suoni
armonici dalla colonna d'aria). Adeguatamente misurato è Naco che comunque
emerge (come in Game IV e in Game V) ed è sempre efficacissimo nel sottile
gioco dell'insolito trio.
Musica jazz
Giugno 1995
di Angelo Leonardi
Relazioni e rapporti
Modern Times 30123
Il pianista e compositore milanese Massimo Colombo torna alla ribalta in
qualità di Leader con un disco del 1994, vario nelle situazioni (solo, duo,
trio e sestetto) e sicuramente interessante. Strumentista di ottima tecnica,
elegante e sempre musicale, sostenuto da una sensibilità impressionistica
(Sentimenti artificiali, Puccini) Colombo ha il gusto dei chiaroscuri
(Incontri inconsueti), anche se non disdegna arpeggi ariosi (Choro) e
atmosfere rilassate, spesso solari (La terza ragione); il controllo del
materiale ritmicamente più mosso e strutturalmente più complesso (Vodu) è
ottimo. Lo affiancano efficaciemente Marco Micheli al basso e Francesco Sotgiu
alla batteria, cui si aggiungono in alcuni brani la tromba e il flicorno di
Paolo Fresu, il tenore di Emanuele Cisi e il soprano di Tino Tracanna, che
conferiscono ai pezzi una gamma più ampia di colori. Da segnalare, infine,
due brani, i più avventurosi della raccolta (Relazioni e rapporti e
Sospensioni), nei quali il piano di Colombo incontra quello di Franco D'Andrea
in un vis-à-vis suggestivo e ricco di reciproche intuizioni.
Viceversa
maggio 1996
di Giordano Selini
Composizioni
Tirreno 018
Con composizioni enucleate di spirito improvvisativo, partendo dalla musica
classica e lambendo il jazz, ecco la proposta di Massimo Colombo. Dei 21 studi
per pianoforte 0p. 66 segnalo il N. 7 per la meditata e profonda descrittività
pronta ad intensificarsi o a placarsi: non di meno il laconico ed adamantino
risuonare del pianismo di Colombo in "12" si trasforma in inebriante
discorsività che si espande e si abbandona con inventiva e si accende con
determisazione. Lirico e intenso spazia, sottolinea, riflette e cambia rotta
Colombo, sotto l'impulso di un costante afflato creativo. Il soffuso e fino
soffio del flauto di Galante si incrocia con respiro armoniosamente
descrittivo e momenti di fervore e slancio espressivo con le punteggiature
inquietamente leggiadre e vagheggianti di Colombo in Il castello di vetro.
Umbratile e potente sentenzia il pianismo di Colombo nella Fantasia 1 per
pianoforte e procede con un fraseggio teso con eleganza ed incisivo, che si
amplia amabilmente frastagliato e mormora con implosiva decisione in sviluppi
rapidi e sguscianti che sgorgano e tracimano imprevedibili e inarrestabili.
World Music
giugno 1996
di Luca Perini
Composizioni
Tirreno 018
Il pianista Massimo Colombo, ben noto in ambienti jazz, concilia nel suo stile
e nelle sue composizioni l'ispirazione geografica e culturale extraeuropea,
l'excursus improvvisativo e la radice etnomusicale del Novecento europeo, come
ben risulta dall'ascolto del suo disco solista Composizioni. Qui sono raccolte
composizioni pensate e costruite nell'arco di 15 anni, come i 21 studi per
pianoforte, le due Fantasie per pianoforte o Il castello di vetro (per flauto
e pianoforte).
Musica jazz
Marzo 1997
di Libero Farnè
Conserto
Modern Times 30138
Per introdurre questo cd è indispensabile premettere un paio di
precisazioni.Innanzitutto il trentacinquenne Massimo Colombo, pianista e
compositore milanese, che collabora dalla fine degli anni '80 con alcuni dei
più importanti jazzisti italiani, è solo parzialmente responsabile di questa
musica.Non compare infatti negli ultimi quattro brani, dei quali non è
l'autore, mentre nella Swahili Suite (che comprende i primi nove temi), di sua
composizione, interviene come pianista con molta parsimonia, per l'esattezza
solo in tre brani. In secondo luogo il Saxmobile, quartetto di sassofoni
originato dall?Ensemble Mobile per iniziativa di Tino Tracanna, si presenta al
completo, offrendo quindi la complessità timbrica e armonica caratteristica
di questo tipo di formazione, solo in pochi momenti del disco: per esempio in
Richiami, nel finale di Insetti, in il 7 nel 224, a firma di Roger Rota.La
musica, prevalentemente scritta e attentamente arrangiata, presenta una certa
varietà di formazioni e di soluzioni strutturali. A Swahili Suite, che
alterna cinque movimenti "base", quelli dispari, nei quali vengono
esposti e sviluppati i temi principali, a quattro movimenti di collegamento più
brevi, quelli pari, eseguiti in duo o in trio, che contengono riferimenti
melodici o ritmici ai brani che precedono o seguono. All'interno di questa
articolazione si collocano gli spunti solistici del leader, di sensibilità
neoromantica, e quelli dei sassofonisti: il soprano di Tracanna e il tenore di
Rota, inscindibilmente intrecciati, in Terra rossa; il sorprendente e mobile
tenore di Moraschini in Elefanti snob; ancora il tenore dell'ormai maturo
Nacci in Insetti. E' comunque il "maestro" Tracanna, al soprano, che
emerge con maggior frequenza, per esempio in Richiami. Un doveroso accenno
infine va fatto al contributo fondamentale di Pierre Favre. A parte il suo
ammirevole ruolo solistico in Richiami ed Insetti, il percussionista svizzero
conferisce un sapore particolare ai collettivi con le sue austere strutture
poliritmiche e con la sua sonorità concreta e primordiale, di grande fascino.
Percussioni
Maggio 1997
di Mario Riggio
Conserto
Modern Times 30138
Giochi di società. Massimo Colombo (già tastierista di Linea C) dà respiro
internazionale al percorso musicale che lo aveva portato ad incidere l'album
"Games" con Tino Tracanna e con lo sfortunato amico Naco. Ispirato
dalle nuove avventure geografiche del navigatore Colombo, appassionato
viaggiatore, Conserto veleggia per il Mediterraneo e scopre l'Europa. Un'
Europa centrale, un po' svizzera e un po' scandinava. L'intreccio degli
strumenti è certamente originale, un pianoforte (Colombo), quattro sax (Tino
Tracanna, Alberto Nacci, Roger Rota e Maurizio Moraschini) e un
percussionista, o meglio quell'incredibile ricercatore di suoni che risponde
al nome di Pierre Favre. Composto principalmente da un'unica opera "Swahili
suite" (Op. 205), Conserto approfondisce le combinazioni armoniche,
ritmiche e timbriche del sestetto. L'intreccio che esce fuori è progressivo
ed intrigante, a volte i ruoli si invertono: i sax creano ragnatele ritmiche e
le percussioni giocano con la melodia, sfoggiando suoni curiosi e sempre al
posto giusto. Per quanto Massimo Colombo dichisri di essersi ispirato al
Nordafrica, la musica di Conserto è un'espressione tipica della cultura
europea, tesa oltre il jazz ed al di là delle tentazioni etniche. L'opera è
coraggiosa, dedicata ad un pubblico attento, ma diverte. Le poliritmie
approfittano delle straordinarie capacità timbriche di Pierre Favre, un
musicista unico nel suo genere. Colombo naviga per scoprire terre lontane, ma
rimane ancorato alle sue radici europee: visti i risultati è meglio così.
Fino al prossimo viaggio.
Giornale della Musica
Maggio 1998
di Pietro Mazzone
Il suono elegante
Symphonia Sim 02
I dialoghi profondi e attenti di Colombo
Disco splendido, questo nuovissimo di Massimo Colombo: una musica concentrata,
ripiegata su se stessa istante dopo istante, quasi a voler restituire
all'ascoltatore la cronaca minuziosa di sfumature, guizzi, profondità e
malinconie dell'anima colte al volo, nella loro immediatezza. Nei 19 Preludi
Apolidi, il pianista e compositore milanese intreccia altrettanti duetti con
strumenti tutti diversi. Il primo "dialogo" è con se stesso: poi
via via col flauto di Riccardo Luppi, coll'oboe di Mario Arcari, con Attilio
Zanchi al basso elettrico, col rullante di Christian Meyer: un'idea che
permette ai suoi ritornelli melodici di fluire con grazia e nitore. Sorretti
da un senso ritmico costante e leggero, pervaso dalla nostalgia ora del tango
ora della milonga, ora del samba: toccati come da una brezza da un sapiente
gioco improvvisativo restano in perfetto equilibrio fra jazz e musica scritta.
Ritmo
Maggio 1998
di Dario Beretta
Il suono elegante
Symphonia Sim 02
I Preludi Apolidi (op.277) riguardano 19 accenti musicali che il pianista
milanese esegue accompagnandosi, in ognuno di essi, ad un amico musicista.
Sono accenti poichè molto brevi, linee melodiche pregnanti che nascono da
culture europee, extraeuropee, in particolare da quelle brasiliane. Massimo
Colombo è sostanzialmente un pianista di musica classica prestato al jazz ed
al funk e nelle sue composizioni queste radici emergono nei duetti dei
"Preludi", uno per tutti quello con il violinista Stefano Montaldo.
In ognuno dei quali Colombo sfodera una consistente eleganza stilistica che si
manifesta nelle esposizioni auliche dai molti riferimenti, sostenuto di volta
in volta dall'accostamento di fiati (Riccardo Luppi, Mario Arcari, Tino
tracanna, Emanuele Cisi, Emilio Galante), corde (Attilio Zanchi, Stefano
Cerri) o percussioni (Luigi Bonafede, Walter Calloni ecc.) che il musicista di
turno adopera al compimento di questo progetto tanto gustoso quanto originale.
Che, tuttavia, non si esaurisce e prosegue con 7 Pezzi per la mano sinistra
(Op.269), dove il virtuosismo solistico del pianista emerge nelle composizioni
tutte giocate sulle note gravi della tastiera per concludere fantasiosi
percorsi musicali. Nella terza e ultima sezione abbiamo 25 Pezzi facili (Op.
231), che in realta sono 10 e che Colombo ricava da ritmi e da armonie
jazzistiche o dal song europeo ed americano. In tutti la spiritualità dell?autore
è copiosa e questo ultimo lavoro rappresenta un compendio di dotte
meditazioni che animano un musicista di talento, a cui unpoco di presunzione
non farebbe mai difetto.
Musica Jazz
Giugno 1998
di Gian Mario Maletto
Il suono elegante
Symphonia Sim 02
Creazioni ai margini del jazz (e dei riflettori)
Istruttivo e piacevole come una passeggiata in un paesaggio relativamente
nuovo: ecco come può rivelarsi un momento d'attenzione ad alcune realtà fra
le meno esposte del jazz italiano, marginali vuoi per collocazione geografica,
vuoi per una certa distanza dai canoni usuali. Certo non si può considerare
una "scoperta" un pianista come il milanese Massimo Colombo: è
sulla scena jazzistica da dieci anni buoni, ma spesso impegnato, in una sua
rucerca accademica. Anche il Suono elegante vi si lega, ma in quei diciannove
Preludi Apolidi op. 277 si affiancano alla tastiera del Leader, in rapidi
duetti, ben noti jazzisti quali Luppi, Arcari (sempre piacevole oboista),
Zanchi, Cerri junior, la cantante Barbara Casini, tracanna, Cisi, Luigi
Bonafede e diversi altri, ognuno con il suo mezzo espressivo: sono bozzetti
brevi, d'una delicatezza postromantica.Poi Colombo è solo, e prosegue con 7
Pezzi per la mano sinistra e 25 pezzi facili, in cui brucia in continuazione
una quantità
poderosa di virtuosismi compositivi, insomma idee. Di jazz o no.
World Music
Dicembre 1998
di Guido Festinese
Il suono elegante
Symphonia Sim 02
Chi ha apprezzato le eleganti digressioni elettriche ed elettroniche di Linea
C, forse il miglior gruppo italiano a muoversi sulla scia di Zawinul e della
fusion senza rambismi, avrà senz'altro notato la scioltezza e comunicativa di
tocco del pianista e tastierista Massimo Colombo. Questo lavoro, diviso in
trentasei brevi tracce, raccoglie in tre blocchi i Preludi Apolidi, i 7 Pezzi
per la mano sinistra e i 25 pezzi facili: composizioni per solo pianoforte, o
in duo con alcuni dei più bei nomi del jazz italiano. In difficile equilibrio
fra ricordi neoromantici, e infinite, composite affluenze del ceppo delle
musiche afroamericane, il lavoro coglie in epitome le ragioni di un dialogo
sempre più necessario fra le musiche. E il senso di sorgiva freschezza
dell'impianto melodico del tutto garantisce parecchi momenti memorabili.
Ritmo
Aprile 1999
di Dario Beretta
The Great Naco Orchestra
Symphonia SIM 03
Il disco è stato registrato live nel corso della prima edizione del festival
jazz estivo di Laigueglia e riporta il concerto della serata finale, inteso a
commemorare la figura artistica di un musicista scomparso prematuramente che,
nonostante la breve carriera, era stimato da tanti colleghi con i quali aveva
diviso la gioia di suonare il jazz: Giuseppe Naco Bonaccorso, conosciuto
semplicemente come Naco, sfortunato percussionista molto ricercato per la sua
fantasia e per la sua poliedricità ritmica, che concluse la propria esistenza
su un nastro d'asfalto tra le lamiere della sua auto nel 1996. A Massimo
Colombo, arrangiatore dei 17 brani contenuti nel CD, Naco era legato da uno
spirito artistico e umano intensi e così si spiega la realizzazione del
presente disco, a celebrare un avvenimento musicale tanto denso di situazioni
e personaggi. Laigueglia Jazz Festival e Percfest (concorso internazionale per
percussionisti) sono stati il luogo d'incontro di tantissimi musicisti
italiani e stranieri accorsi per ricordare il collega. La kermesse sonora fa
riferimento in prevalenza a echi musicali latini. I brani presentati sono
dello stesso Naco, di Massimo Colombo, di Luigi Bonafede e altri: tra gli
interpreti (ci spiace non poterli citare tutti) ricordiamo Attilio Zanchi,
Riccardo Luppi, Tino Tracanna, Emanuele Cisi, Stefano Cerri, Walter Calloni,
Michael Rosen, Bebo Ferra, Dado Moroni, Marco Micheli, Barbara Casini, Elio
(quello delle storie tese) e molti ancora a dare vita alla spettacolare grande
Orchestra (con vari componenti a seconda dei temi e comunque tutti all'altezza
della propria fama), anch'essa soggetta a momenti di riflessione per lasciare
spazio al Moroni classico nel meditato solo di Piece No. 1 oppure ai temi
sentimentali scritti dall'arrangiatore e deus ex machina della manifestazione.
Infatti il lavoro di Massimo Colombo, orchestratore e coordinatore
dell'orchestra, ha dato ottimi risultati, le sequenze musicali si susseguono
piacevolmente, gli intensi ritmi sudamericani e latini rievocano la
specializzazione di Naco. Preghiera, nel finale, stende di velata tristezza il
ricordo del ragazzo dal cranio rasato intento a ripercuotere i tamburi, bongo,
congas....
Il sole 24 ore
Ritmi nel tempo
Novembre 1999
di Gian Mario Maletto
The great Naco Orchestra
Naco è vivo con gli amici jazzisti
Chi, anche da lontano, segue le vicende del jazz si sarà ben reso conto del
valore che gli americani attribuiscono al suo passato, come per tenere in vita
quanto ciascuno (non soltanto i grandi maestri) ha lasciato.E' un culto che
porta anche a creare vere e durature istituzioni, come la magnifica Mingus big
band di cui si è parlato di recente, o come quest'intero anno del centenario
di Duke Ellington. Ma non è soltanto il grande jazz di fama mondiale, insomma
non soltanto gli americani, a onorare le nobili ombre che hanno fatto la
storia di questa musica.Alla memoria basta anche molto meno per sopravvivere:
manifestazioni spicciole di affetto sorgono anche da noi, rispettando questo
impegno di non dimenticare. Bisogna così segnalare, tanto è stata bella,
un'iniziativa rivolta a un musicista italiano del quale è giusto che resti il
ricordo: quel magnifico percussionista che si faceva chiamare Naco (suo vero
nome era Giuseppe Bonaccorso), perito in un incidente stradale, a trentacinque
anni, nell'estate di tre anni fa. Naco era il più "brasiliano" dei
jazzisti italiani, tanto aveva assorbito le magie che sanno suscitare i
percussionisti di laggiù, soprattutto traendo ispirazione dal celebre Nana
Vasconcelos. Siciliano di nascita, abitava ora in Liguria e per questo ogni
estate a Laigueglia si celebra
Naco con un buon festival; con l'ottima idea di chiamare a raccolta in quella
occasione ottimi musicisti per formare una Great Naco Orchestra, un omaggio in
più a quel talento che ha davvero lasciato un vuoto. Ma c'è di più.
Quest'anno chi è andato al festival si è trovato anche la bella sorpresa di
un disco.L'arrangiatore e compositore è il pianista Massimo Colombo, tra i
nostri jazzisti é uno dei più dotati e preparati in fatto di composizione.
Ai musicisti ospiti (nel disco se ne alterna una quarantina) ha imposto
arrangiamenti originali sia di musiche di Naco, sia di cose proprie e altrui
che riecheggiassero quello spirito latinoamericano, ora sfrenatamente allegro,
ora dolentemente nostalgico. Da notare che tra i solisti non sono soltanto
jazzisti di qualità come Dado Moroni (in un bel pezzo di pianoforte solo),
come Tracanna, Cisi, Luppi, Bonafede, Cerri junior, Calloni o il fratello di
Naco Rosario Bonaccorso; ci sono personaggi anche della musica pop. In primo
luogo Elio e altri delle sue impertinenti Storie Tese, e del resto Naco fu
chiamato spesso a collaborare fuori dell'ambito jazzistico, per esempio con
Jovanotti. E naturalmente in questo gradevole The great Naco Orchestra, disco
ricco di sapori musicale e di significati umani (se parliamo di un disco così
lontano da intenti commerciali, è perchè ha toccato il suo bersaglio),
abbondano i percussionisti, impegnatissimi a ricordare un giovane amico
jazzista che dimenticare, davvero, non si può.
Musica Jazz
Febbraio 2000
di Claudio Donà
The Great Naco Orchestra
Symphonia SIM 03
Il ricordo di Giuseppe "Naco" Bonaccorso, eccellente percussionista
(siciliano
di origine e ligure di adozione) scomparso prematuramente nel 1996, si rinnova
ogni anno nel borgo marinaro di Laigueglia, vicino ad Alassio, con il Percfest,
importante concorso internazionale per percussionisti a lui dedicato.
Nel 1998, al termine della manifestazione si è riunita per un concerto una
big band formata da ottimi musicisti italiani, che a Naco in qualche modo
erano legati. A dirigerla è stato chiamato il pianista e compositore Massimo
Colombo. I risultati sono stati a tal punto positivi che l'orchestra si è
presto ritrovata in studio d'incisione, dove nell'arco di un mese ha
registrato questo disco, riuscito e piacevole. Dal solo pianoforte alla big
band, i diciassette brani offrono una gamma davvero variegata di situazioni
musicali ma l'album non appare per questo diseguale o frammentario. La melodia
larga e cantabile di Habanero e l'ipnotica marcia di El sueno de Naquito
portano la firma di Naco e sono entrambe intrise di aromi latinoamericani,
grazie anche alla nutrita presenza di strumenti a percussione. Sembra
ispirarsi a un'atmosfera analoga anche Mattbon, una bella composizione del
contrabbassista Rosario Bonaccorso, fratello di Naco. Lo stesso può dirsi dei
sei brani di Colombo, che obbediscono però a una più rigorosa costruzione
jazzistica. Fra queste sono da ricordare almeno il dolcissimo Sentimiento e un
contagioso Pablito, molto diversi ma egualmente riusciti. E molto belli i
soliloqui pianistici di Moroni e Buonafede, quest'ultimo davvero in gran
forma, ma anche il duetto finale fra le tastiere di Colombo e Spinosa,
principali responsabili (il primo per la parte musicale, il secondo per quella
tecnica) dell'operazione.
Tempo Economico
Febbraio 2000
di Rosa Tessa
Mondo, Massimo Colombo World Ensemble
Symphonia SGR 04
Giro del Mondo in 50 minuti
E' un vero cosmopolita quello che giunge dalle note di "Mondo"
ultima fatica del pianista Massimo Colombo, tra i jazzisti italiani, uno dei
più dotati in fatto di composizione. Quattordici brani che compongono un
viaggio musicale costruito attraverso sonorità lontane, dal Medio oriente al
Tibet, dal Sud Africa a Rio de Janeiro, interpretate da un timbro jazzistico
che riconduce lo spirito dei pezzi ad un universo musicale che va ogni oltre
ristretto confine della musica etnica. E della sua peculiare abilità
virtuosistica, Massimo Colombo, ne dà prova nell'ultimo brano del disco
"sonata libera per pianoforte". Prodotto da Symphonia sgr di Milano.
Questa non è la prima volta di Simphonia che già da quattro anni porta
avanti quest' iniziativa musicale, promossa da Giampaolo Abbondio, uno dei
soci fondatori. Sono sempre di Massimo Colombo i due dischi precedenti:
"Il suono elegante" e "the great Naco orchestra".