Una chiaccherata...tra me e me!
di Stefano Bagnoli
Ma sei pazzo? Ti intervisti da solo?
Ma no, voglio tirar fuori qualche "pensiero" che riguarda argomenti
musicali che mi stanno a cuore da sempre e che, a volte, nelle interviste
ufficiali non si possono affrontare per mancanza di spazio.
Per esempio mi chiedo: perchè il
Jazz tradizionale
è a tutt'oggi un mondo musicale
trattato con sufficenza?
C'è una sorta di
snobismo che ancora si respira, nonostante un secolo di evoluzione jazzistica,
che fa male alla ... salute del musicista che invece dovrebbe nutrire se stesso,
costantemente, di nuove conoscenze. Quelle "nuove" conoscenze che tuttavia
dovrebbero essere le più "vecchie", o meglio, le prime e fondamentali dalle
quali assorbire la linfa jazzistica. Il Jazz, questa lingua che ipnotizza e
travolge e plasma la tua vita e talvolta, al culmine della pazzia, diventa pure
un lavoro!!!
Quante volte, a noi musicisti viene chiesto :"Ma tu
vivi
col Jazz?".
Certo: io vivo di Jazz da quando ero ragazzino e ancora non ho smesso di
entusiasmarmi e rinnovare l'esperienza artistica e professionale con musicisti
che mi confermano continuamente l'importanza di ascoltare e assimilare ogni
dettaglio strutturale che ha creato una tra le forme d'arte più importanti del
'900. Per questo e grazie alla costante voglia di apprendere, riesco a godere,
da appassionato e professionista, l’avventura di ogni periodo jazzistico che,
dai primi del 900 ad oggi, ha forgiato l'universo musicale. E grazie a questo
mio interesse implacabile, vivo, in tutti i sensi, suonando Jazz.
Torno a bomba al cosiddetto Jazz tradizionale: la banalità di associare
spesso il Dixieland a "marcette divertenti" che trovano in "When
the saints go marchin' in"
un richiamo mondiale. Perchè invece non considerare la difficoltà armonica,
melodica e ritmica del dover esprimere la propria personalità strumentale e di
improvvisatore con quei pochi e ben definiti "ingredienti" a disposizione in
quello stile? Trovo più impegnativo, dal punto di vista del puro linguaggio,
concepire un bel "solo" su un blues con tre accordi che non su un "giro" ben più
articolato: qualcuno pensi a cosa ha creato Armstrong e il discorso
potrebbe terminare (o iniziare!) qui.
Chi mi conosce sa che sono un musicista senza alcun "para-occhi" e che
svolgo la mia attività con i gruppi più lontani tra loro come proposta
stilistica tuttavia è chiara la convinzione di come un musicista possa essere a
suo agio e più apprezzato se ha a disposizione un "archivio" di conoscenza
jazzistica più completa possibile. Picasso ha creato la "Guernica" ma sapeva
disegnare anche un cavallo o un fiore!
Il Jazz tradizionale dove inizia e dove finisce, per noi
appassionati e musicisti del 2001?
Credo non ci sia più tanto spazio temporale tra Armstrong e
Charlie Parker!
Se nel '40 il Be
bop era una rivoluzione
incomprensibile adesso si ascolta Bix Beiderbecke e Gillespie
fianco a fianco senza nessuno stupore; se ascolto Coleman Hawkins e
subito dopo Michael Brecker vedo gli stessi colori, con qualche sfumatura
in più; tra Gene Krupa e Gary Novak, a parte l'evoluzione e le
contaminazioni stilistiche, il feeling jazzistico è costante ed invariato, idem
tra Earl Hines o Keith Jarret.
E allora dov'è il
Trad e il
Moderno?
Sono sempre più convinto che il Jazz è un unico linguaggio universale con regole
e codici ben definiti come è per la musica Classica e il Rock, tutto il resto
sono contaminazioni meravigliose, esperimenti esaltanti (a volte anche cag...
pazzesche!) e alchimie che "mixano" l'infinito mondo musicale di umana
conoscenza. Il mio pensiero jazzistico è costante in ambiti Dixie, Swing, Bebop
e Free dosando opportunamente, con pertinenza e conoscenza stilistica, le
variazioni ed i colori che il mio ruolo strumentale deve esprimere con coerenza
e sensibilità: è la stessa lingua con dialetti diversi.
Tra i molti colleghi ed amici che ammiro incondizionatamente metto al
primo posto Christian Meyer, mio coetaneo (un bel trentottenne!) che se
per il grande pubblico è conosciuto come colonna portante di "Elio
e le storie tese",
nell'ambiente professionale è altrettanto famoso per il carisma e l'energia con
cui suona Swing al pari di un Gene Krupa o un Buddy Rich, come se
non avesse mai suonato altra musica nella sua vita; Meyer è quindi l'esempio
vivente di come mettere a frutto un bagaglio enorme di conoscenza strumentale e
musicale che non può esulare dall'aver approfondito la storia in maniera
appassionata e spontanea (e così dovrebbe essere per tutti i pazzi che si
ammalano di Jazz).
Naturalmente non penso che un musicista debba saper suonare bene tutto,
anzi: più si ascolta, si apprende e si sperimenta, meglio si sceglie e ci si
costruisce il proprio spazio e la propria personalità ma naturalmente questa è
la mia opinione, una tra le tante.
E poi a me il Jazz fa schifo (scherzo). ;-)
Ciao, Stefano Bagnoli.
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Data pubblicazione: 05/11/2001
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