Fra le sorprese della stagione discografica,
Feggàri mou del pianista,
compositore e band-leader
Ivo Antognini,
dalla Svizzera, ha incontrato il favore del circuito radiofonico statunitense, e
non c'è da stupirsi: è un disco eclettico ma non frammentario, orecchiabile ma non
stucchevole, ben suonato ma non dedito al virtuosismo.
Un modello forte è quello dell'ultimo, "enciclopedico" Patitucci, per quanto
ovviamente qui la formazione sia meno bass-oriented; e proprio allo stile di Edward
Simon ci fa pensare talvolta il pianismo di
Antognini,
fra l'altro eccellente nell'esecuzione oltre che in una scrittura tematica sempre
interessante; non meno encomiabili le orchestrazioni, specie quelle della preziosa
introduzione a "Change",
in cui si fondono con sapienza flicorno, sax tenore e soprano.
La title-track ("Luna mia",
ed ecco che spunta un altro riferimento importante, quello al Blanchard di Wandering
Moon), costruita su un motivo latinoamericano, è marcata da interventi vocali
di grande suggestione (di Oskar Boldre), oltre che dal solismo sbrigliato di
Antognini.
Una rimeditazione bop come "Take
the happy train" si giova soprattutto di un drumming appropriatamente
"anacronistico", alla Art Blakey (dell'ottimo Silvano Borzacchiello). Di
questa collezione, però, il brano più meritevole è senza alcun dubbio "Didé",
piccola suite che mostra tutto il background di
Antognini,
molto attivo nell'ambito della musica cinematografica.
Molto curata l'edizione, con note di copertina dello stesso autore e due
tracce video.
Luca Bandirali per Jazzitalia