La viola non ha mai avuto la giusta attenzione da parte del pubblico.
Avvistata in pochi progetti con gli archi suoi cugini e mai studiata a fondo, snobbata
a vantaggio di violini e violoncelli e ben ancorata all'immaginario della cosiddetta
musica "colta". Uno strumento ancora da approfondire, quasi "vergine" e proprio
per questo dalle possibilità sonore intatte.
Il progetto di Bignone e Nasta ha
come obiettivo la rivalutazione di questo affascinante arco e lo ripropone inserendolo
in un contesto sicuramente atipico: un incontro tra l'avanguardia jazzistica, la
musica etnica e la tradizione rappresentata proprio dalla viola. Ammetto di essere
rimasto spiazzato alla vista di un tale esperimento, di non facile progettazione
e ancor più difficile macchinazione. Ci vuole del fegato per tentare un album a
quattro mani con una viola, un basso elettrico, drum machines e un filo conduttore.
Ma dopo un anno di prove, registrazioni e tentativi, tuttavia, "Conquests"
ha visto la luce.
L'esperimento è riuscito. L'eclettico duo, utilizzando l'intera gamma timbrica
della viola, e addirittura ampliandola tramite riverberi ed effetti di distorsione,
realizza un album suggestivo e mai scontato. Impossibile catalogare "Conquests",
a metà strada tra la world music ed il nu-jazz.
L'atmosfera che caratterizza gran parte del lavoro rimanda direttamente a
terre ancora inesplorate ma affascinanti, quali l'Australia o l'Asia centrale, come
inesplorate sono le capacità della viola. Dopo tutto, il leit-motiv di "Conquests"
sono proprio le scoperte geografiche che hanno visto l'uomo sulla cima dell'Everest
(qui musicato, con i suoi misteri e la sua storia, in maniera perfetta) o a Capo
Buona Speranza.
Maurizio Bignone
riesce sempre a collocare l'arco al punto giusto, alternando il suo ruolo da semplice
strumento d'insieme nelle tracce più ricche a vero protagonista di brani interi
(Magellan's Voyage). Non va comunque sottovalutato
il suo lavoro alle percussioni, che accentuano il carattere "esotico" dell'album.
Definizione assurda, ma a mio parere capace di identificare le idee dei due artisti
palermitani. Da parte sua, Cristiano Nasta ci mette i sintetizzatori ed il
ritmo. Molta libertà concessa alla sua futuristica strumentazione, che su Ritual
Reprise rimanda alla musica elettronica.
Il disco è dedicato alle conquiste dell'uomo in campo geografico. Certamente
Vespucci e Colombo saranno fieri di aver ispirato un disco che rappresenta una sorta
di conquista in campo musicale.
Giuseppe Andrea Liberti per JazzItalia
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Data pubblicazione: 02/11/2008
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